giovedì 27 giugno 2013

pota gnaro capito mi hai?

Dovevo parlare con un medico per mia madre e ho scoperto che era ferrarese. All'università e anche dopo ho avuto molti amici ferraresi. Ferrara è bellissima e non dico i ferraresi , ma almeno i miei amici, teste calde calienti. Mi piace la loro cadenza dialettale. Da sempre amo i dialetti, niente a che fare con i regionalismi, mi piacciono , sono lingua viva, sono il popolo che li parla. Faccio fatica a parlare il romagnolo, il bergamasco neanche pensarci, ma li comprendo benissimo. Non so parlare nessun dialetto, ma ne capisco tanti, compresi diversi dialetti della Sardegna. Ritorno al medico Ferrarese, mi sono trovato subito bene e mi sono venute in mente diversi frasi o imprecazioni nei vari dialetti. Maial ferrarese che di solito è *** maial. Non amo le bestemmie, non mi interessano, ma questa ha una sonorità particolare che mi fa impazzire. Non è porco o boia ***, ma maial. Non sono mai riuscita a dirla, non riuscirei a ripetere la stessa dolce sonorità. I miei amici ferraresi quando mi volevano far ridere dicevano questa bestemmia. Che chiaro, la bestemmia non sta nel maial , ma nei tre asterischi che lo precedono. Che se uno mi guuarda negli occhi e mi dice “*** maial”, potrebbe ottenere da me tutto quello che vuole. Poi ritornando in macchina, dato che ormai passo metà della mia vita in macchina, parlo rido e me le racconto da solo. Del dialetto romagnolo ci sono due frasi e due parole che uso frequentemente. Le due frasi sono , le traduco in italiano, “ fai di meglio se puoi” , l'altra “ dare di matto o fare il matto” . Le due parole strettamente collegate fra di loro, che in romagna non risultano assolutamente volgari, ma fanno parte dell'uso quotidiano sono “ pugnetta e sborone” . La cosa bella non è la parola in sé , ma le innumerevoli varianti in cui vengono utilizzate. C'è anche il termine “patacca”, ma questo lo utilizzo raramente. L'imprecazione in Romagna non è mai una parola, ma un insieme complicato di parole che compongono una frase che dopo non sai se arrabbiarti o metterti a ridere. E più è grande l'incazzatura , più è lunga la frase. Anni fa, l'ho sempre ripetuto, in ospedale vicino a mia madre c'era una signora di S. Piero in Bagno , che per i cesenati S. Piero, è proprio la montagna. Gnucchi come direbbero qua a Bergamo. Il figlio di questa signora dopo un pomeriggio in cui lei lo “aveva tirato matto” è sbottato ( traduzione sempre in italiano) : “ ma se da piccola ti avessero mangiato le scrofe, ora non staremmo tutti meglio?” lui era arrabbiatissimo, ma ci siamo messi tutti a ridere. I bergamaschi, amano meno perdersi nelle parole e se si arrabbiano, un porco di qui, un porco di la secchissimo , non glielo toglie nessuno. Oltre il loro “ostia” che poi mi hanno detto, “guarda che è una bestemmia” , si ma la stai dicendo tu, mica io. Poi c'è il pota che comprende in sé un certa rassegnazione. Pota : è così, cosa ci vuoi fare. Io uso il pota con i miei amici della valle di Cembra (Trentino) e appena ci vediamo sembriamo dei rugbisti australiani : pota pota pota . Del bresciano mi piace il termine “gnaro” che ha molte più possibilità di utilizzo e di interpretazioni rispetto al corrispettivo scèc ( come si scrive?) bergamasco. I primi anni che abitavo su , Marco mi insegnava a come riconoscere, non solo un bergamasco da un bresciano o da un cremonese, ma addirittura come riconoscere gli abitanti di un paese piuttosto che un altro : e la parola chiave è “ incùlet”. Parola usatissima qua. Da come viene pronunciata puoi capire da dove proviene qualcuno. Dietro queste sciocchezze e ne avremmo tutti a iosa, ci sta un mio reale interesse per i dialetti, mi piacciono le diverse sfumatura. Quando sono a Cesena mi dicono che ho l'accento bergamasco e io rispondo “ ma cosa stai dicendoooo” oppure “ coha dighet po a tè” . Qua invece rispondo in Romagnolo. In val di Cembra – Trentino molte persone iniziano a parlare in italiano, poi continuano in dialetto ( qua nella bergamasca parlano subito in dialetto) e molte volte neanche me ne accorgo. Ho lavorato moltissimo sulla voce, mai sulla dizione. Mi sono sempre rifiutato di fare dizione e mi fanno ridere quelli che magari ti fanno uno spettacolo da oratorio e vanno a controllare su di un libricino , a come dire una vocale o un accento. Conosco due giovanotti attori nel tempo libero, uno è un mio attore, lo era. Sarà che entrambi sono dei pesci, sarà che sono belli, sarà non so cosa, hanno una presenza magnetica in scena, proprio bravi. Però non bisogna farli parlare perchè anche se non amo la dizione, però porca miseria il loro accento bergamasco è così forte che ti viene da nasconderti sotto una sedia. E nella vita non hanno quell'accento tanto forte, ma appena li vedi in scena …. la voce e gli accenti raccontano molto di una persona. E' uno studio affascinante che sto continuando. Me lo aveva insegnato Marisa Fabbri, scomparsa da anni e storica attrice di Ronconi. Una intera giornata a ragionare sulla esse. Le sonorità, le variazioni e i significati che può avere una semplice consonante, magari accompagnata da una vocale o da un'altra consonante. E mi sono accorto che anche nei dialetti la esse ha sempre connotazioni particolari. Sono ritornato ieri da Cesena e sono un pochino allo stremo e ho bisogno di liberarmi la mente. Qua davanti a me Marco al suo computer, qui di fianco quello strano coso che è il mio cane sta dormendo e mi fa una tenerezza boia e io ho voglia di ridere porca miseria e allora vai con i pota, gnaro, sborone, che ci azzecco io, capito mi hai e soprattutto *** maial. Ma che fine avranno fatto i miei amici ferraresi?

Nessun commento:

Posta un commento