Dovevo
parlare con un medico per mia madre e ho scoperto che era ferrarese.
All'università e anche dopo ho avuto molti amici ferraresi. Ferrara
è bellissima e non dico i ferraresi , ma almeno i miei amici, teste
calde calienti. Mi piace la loro cadenza dialettale. Da sempre amo i
dialetti, niente a che fare con i regionalismi, mi piacciono , sono
lingua viva, sono il popolo che li parla. Faccio fatica a parlare il
romagnolo, il bergamasco neanche pensarci, ma li comprendo benissimo.
Non so parlare nessun dialetto, ma ne capisco tanti, compresi diversi
dialetti della Sardegna. Ritorno al medico Ferrarese, mi sono trovato
subito bene e mi sono venute in mente diversi frasi o imprecazioni
nei vari dialetti. Maial ferrarese che di solito è *** maial. Non
amo le bestemmie, non mi interessano, ma questa ha una sonorità
particolare che mi fa impazzire. Non è porco o boia ***, ma maial.
Non sono mai riuscita a dirla, non riuscirei a ripetere la stessa
dolce sonorità. I miei amici ferraresi quando mi volevano far ridere
dicevano questa bestemmia. Che chiaro, la bestemmia non sta nel maial
, ma nei tre asterischi che lo precedono. Che se uno mi guuarda negli
occhi e mi dice “*** maial”, potrebbe ottenere da me tutto quello
che vuole. Poi ritornando in macchina, dato che ormai passo metà
della mia vita in macchina, parlo rido e me le racconto da solo. Del
dialetto romagnolo ci sono due frasi e due parole che uso
frequentemente. Le due frasi sono , le traduco in italiano, “ fai
di meglio se puoi” , l'altra “ dare di matto o fare il matto” .
Le due parole strettamente collegate fra di loro, che in romagna non
risultano assolutamente volgari, ma fanno parte dell'uso quotidiano
sono “ pugnetta e sborone” . La cosa bella non è la parola in
sé , ma le innumerevoli varianti in cui vengono utilizzate. C'è
anche il termine “patacca”, ma questo lo utilizzo raramente.
L'imprecazione in Romagna non è mai una parola, ma un insieme
complicato di parole che compongono una frase che dopo non sai se
arrabbiarti o metterti a ridere. E più è grande l'incazzatura , più
è lunga la frase. Anni fa, l'ho sempre ripetuto, in ospedale vicino
a mia madre c'era una signora di S. Piero in Bagno , che per i
cesenati S. Piero, è proprio la montagna. Gnucchi come direbbero qua
a Bergamo. Il figlio di questa signora dopo un pomeriggio in cui lei
lo “aveva tirato matto” è sbottato ( traduzione sempre in
italiano) : “ ma se da piccola ti avessero mangiato le scrofe, ora
non staremmo tutti meglio?” lui era arrabbiatissimo, ma ci siamo
messi tutti a ridere. I bergamaschi, amano meno perdersi nelle parole
e se si arrabbiano, un porco di qui, un porco di la secchissimo , non
glielo toglie nessuno. Oltre il loro “ostia” che poi mi hanno
detto, “guarda che è una bestemmia” , si ma la stai dicendo tu,
mica io. Poi c'è il pota che comprende in sé un certa
rassegnazione. Pota : è così, cosa ci vuoi fare. Io uso il pota con
i miei amici della valle di Cembra (Trentino) e appena ci vediamo
sembriamo dei rugbisti australiani : pota pota pota . Del bresciano
mi piace il termine “gnaro” che ha molte più possibilità di
utilizzo e di interpretazioni rispetto al corrispettivo scèc ( come
si scrive?) bergamasco. I primi anni che abitavo su , Marco mi
insegnava a come riconoscere, non solo un bergamasco da un bresciano
o da un cremonese, ma addirittura come riconoscere gli abitanti di un
paese piuttosto che un altro : e la parola chiave è “ incùlet”.
Parola usatissima qua. Da come viene pronunciata puoi capire da dove
proviene qualcuno. Dietro queste sciocchezze e ne avremmo tutti a
iosa, ci sta un mio reale interesse per i dialetti, mi piacciono le
diverse sfumatura. Quando sono a Cesena mi dicono che ho l'accento
bergamasco e io rispondo “ ma cosa stai dicendoooo” oppure “
coha dighet po a tè” . Qua invece rispondo in Romagnolo. In val di
Cembra – Trentino molte persone iniziano a parlare in italiano, poi
continuano in dialetto ( qua nella bergamasca parlano subito in
dialetto) e molte volte neanche me ne accorgo. Ho lavorato moltissimo
sulla voce, mai sulla dizione. Mi sono sempre rifiutato di fare
dizione e mi fanno ridere quelli che magari ti fanno uno spettacolo
da oratorio e vanno a controllare su di un libricino , a come dire
una vocale o un accento. Conosco due giovanotti attori nel tempo
libero, uno è un mio attore, lo era. Sarà che entrambi sono dei
pesci, sarà che sono belli, sarà non so cosa, hanno una presenza
magnetica in scena, proprio bravi. Però non bisogna farli parlare
perchè anche se non amo la dizione, però porca miseria il loro
accento bergamasco è così forte che ti viene da nasconderti sotto
una sedia. E nella vita non hanno quell'accento tanto forte, ma
appena li vedi in scena …. la voce e gli accenti raccontano molto
di una persona. E' uno studio affascinante che sto continuando. Me lo
aveva insegnato Marisa Fabbri, scomparsa da anni e storica attrice di
Ronconi. Una intera giornata a ragionare sulla esse. Le sonorità, le
variazioni e i significati che può avere una semplice consonante,
magari accompagnata da una vocale o da un'altra consonante. E mi
sono accorto che anche nei dialetti la esse ha sempre connotazioni
particolari. Sono ritornato ieri da Cesena e sono un pochino allo
stremo e ho bisogno di liberarmi la mente. Qua davanti a me Marco al
suo computer, qui di fianco quello strano coso che è il mio cane sta
dormendo e mi fa una tenerezza boia e io ho voglia di ridere porca
miseria e allora vai con i pota, gnaro, sborone, che ci azzecco io,
capito mi hai e soprattutto *** maial. Ma che fine avranno fatto i
miei amici ferraresi?
Nessun commento:
Posta un commento