martedì 27 settembre 2016

No, non sono stato adottato - ultima parte



Dicevo: la mia ricostruzione , dettata non solo da ipotesi, è che mia madre che prima aveva avuto una figlia, morta ad una settimana dalla nascita, poi sia rimasta ancora incinta. Un secondo figlio nato però morto. Oppure una gravidanza andata a male dopo qualche mese. Mi raccontava mia madre nei suoi momenti di confusione come la levatrice si fosse arrabbiata con mio padre, perchè sapeva che avrebbero dovuto andare subito in ospedale. Immagino e mi fa tenerezza il dolore di questi due ragazzi, allora di 23 anni, mia madre mi ha raccontato che mio padre ha iniziato a piangere in maniera disperata, non si riusciva a trattenerlo. Poi cosa sia successo non lo so , le ipotesi sono talmente tante che mi ci perdo. Mi ci sono perso.


Allora in quei tempi, non potere avere figli era considerato un handicap per una donna, adottare un bambino poteva rappresentare un momento di vergogna per l'intera famiglia, per cui succedeva che le cose venissero fatte di nascosto. In campagna, una levatrice e un medico in un triangolo neanche troppo vasto, possono fare molto. Non c'erano controlli, era sufficente portare in comune la carta della levatrice. Solo ipotesi e la testa che va per i fatti propri.

A volte ho l'impressione, parlando con diversi figli adottati, o genitori adottivi,che in fin dei conti non si sia mai completamente figli, o completamente genitori. " gli voglio bene come fosse mio figlio" - " voglio loro bene come fossero mio padre e mia madre"- . Mio padre,con cui non ho mai avuto buoni rapporti se non in età adulta, pochi giorni prima di morire mi aveva detto tenendomi le mani :" tu non sei figlio, sei molto di più" .
 

Mia madre ha sofferto molto , oltre le malattie le erano piombati tutti i lutti della sua vita e il tanto dolore con cui ha sempre convissuto. Ormai per lei non ero più un figlio. Negli ultimi mesi ero suo padre, sua madre, i suoi fratelli, ero l'angelo che la stava accompagnando, ero la sua ragione di vita ed ero il suo appoggio per il passaggio, ma non ero figlio. Pochi giorni prima di morire mi ha detto :" ti ho sempre voluto bene più della mia vita, se non c'eri tu sarei morta da tanto tempo, ma spesso mi sono chiesta cosa ho mai fatto nella mia vita per non avere mai avuto il diritto di avere anch'io un figlio mio". Il cuore frantumato. Per un attimo, solo un attimo, perchè comunque sono stato voluto bene. Come e più di un figlio.


Il ricordo cambia con gli anni, sono stati fatti diversi esperimenti a verifica di ciò. Con gli anni il ricordo si appanna, si appesantisce delle esperienze che nel frattempo hai maturato e cambia prospettiva o dimensione. Si è verificata la stessa cosa anche mettendo dei soggetti in ipnosi. Ho cercato di ricordare qualcosa, dei gesti, delle parole, dei fatti. Si ne ho trovati, però solo dopo i cinque anni di età, ma non posso affermare che siano esattamente tali. Ho sperato nel sonno, ma anche qua nulla di tangibile se non l'eco della ninna nanna di cui avevo già parlato. 
 

C'è un episodio, da anni lo ricordo in questa maniera, estate, avrò avuto sei, sette anni. Ero dagli zii, da parte di mio padre, quelli che abitavano un pò prima di Piavola. D'estate i miei lavoravano tanto e non mi volevano lasciare solo, così passavo le estati da qualche zio. Era mattina mi pare, c'era mia zia e le altre donne sedute sull'aia e arriva un giovanotto con dei tessuti in mano. Di solito i venditori ambulanti che andavano a cercare di fare affari nelle case dei contadini, d'estate poi, erano sudati, poveri quanto i contadini cui volevano vendere qualcosa, vestiti male e le scarpe come minimo impolverate. Questo giovanotto, a me sembrava alto, era elegante con pantaloni e giacca dello stesso colore, ben pettinato, educato , ai piedi aveva dei mocassini belli. Vendeva delle stoffe, le stoffe erano belle, ma lui non era convincente come venditore, su di una aveva buttato anche della benzina per fare vedere come la stoffa fosse ignifuga, un imbroglione insomma, ma bello e allegro. Mi è rimasto impresso perchè da sempre nei miei ricordi lui ha rappresentato la mia idea di bellezza maschile, ma soprattutto perchè non sembrava interessato a vendere le stoffe, non parlava neanche il dialetto, solo italiano. E continuava a fare domande su di me , chi delle donne fosse mia madre, quanti anni avevo. Tanta attenzione su di me, me ne ero innamorato e lo guardavo ebete e sarei voluto fuggire con lui. Così come un cagnetto bastardo, gli dai un sorriso e lui ti segue. Ricordo che nessuna delle donne aveva comprato qualcosa e poi avevano commentato un pò inquiete la presenza di "ma da dove è uscito quello lì?". 
 

Figlio o non figlio, a volte succede che una persona cresca e abbia addosso una continua voglia di fuga. Succede , può succere che una persona cresca e indipendentemente dal proprio aspetto fisico non si piaccia, si trovi perennemente inadeguato. Io faccio parte di questa schiera di persone, perennemente inadeguato al mondo e perennemente in fuga. Non ho mai abitato un posto per più di dieci anni, anche gli amori, quelli importanti, quelli che ti travolgono la vita, non sono mai durati più di tanto. Ne ho talmente paura che ora li evito. Mi raccontava mia madre, ma anche qua non so se in un momento di lucidità o in uno di quei momenti in cui i fantasmi le invadevano la mente, che aveva dovuto sottoscrivere un atto in cui si impegnava a non dirmi nulla prima dei 21 anni di età. Le ho chiesto, ma i miei 21 anni sono passati da tanto tempo. In effetti da quando ho compiuto 21 anni, sono successe talmente tante cose, spesso drammatiche nella vita mia e dei miei che come ha aggiunto mia madre :"non c'è stato tempo, non c'è stata possibilità, non c'è stata voglia e sono subentrate le dimenticanze". 
 

Sessanta anni e passa di età sono una vita, sei stato bambino, adolescente, sei diventato grande , avevi delle speranze e dei desideri, qualcuno l'hai realizzato, altri no. Il tempo corre veloce e ti ritrovi grande e sai che così veloci arriveranno forse altri anni, se ti va bene, comunque non troppi e la tua vita sarà irrimediabilmente conclusa. Forse varrebbe la pena pensare , io sono quello che la mia vita è stata e magari cercare di vivere al meglio , senza troppe ansie , quel poco o tanto che rimane. Un tramonto può essere bellissimo, anche se malinconico, uno non può bruciare questa bellezza, pensando a quando arriverà la notte o a cosa sarebbe successo se il tramonto fosse stato diverso.


Non ho mai amato il liscio, quello commerciale , attuale – una volta era diverso – e non ho mai amato neanche quello che ormai è diventato l'emblama di queste terre : Romagna mia. "sento la nostalgia del passato quando la mamma mia ho lasciato. Non ti potrò scordare casetta mia e in questa notte stellata io canto per te...." Ogni tanto qualche amico, per affetto o per prendermi in giro si mette a cantare questa canzone. Io vorrei sprofondare sotto un tavolo. Sono cresciuto con il liscio sia quello di prima sia quello commerciale poi. Finita la guerra, i ragazzi di allora avevano voglia di vivere, di ricostruire, nascevano le case del popolo, le balere. 
 

Non c'era niente altro nelle campagne – il cinema era solo in città.- e si aspettava il sabato sera per andare a ballare o giorni particolari per fare "il veglione", praticamente tutta la notte. Le sorelle erano accompagnate dai fratelli o dai genitori, chi abitava in collina scendeva scalzo, poi si puliva i piedi e si infilava le scarpe pulite, l 'unico paio di scarpe buone che avevano. Mio padre era un ottimo ballerino di valzer e manzurke , meglio di lui il fratello di mia madre. Sempre con l'adrenalina in corpo. Una volta lui e un suo amico non trovavano donne che ballassero con loro, allora sono saliti su di un tavolo ed hanno iniziato a danzare loro due. Mia madre non sapeva ballare, per lei bambina la guerra era stata terribile e aveva visto troppe cose che le hanno ferito il cuore per sempre e il ballo le sembrava una sciocchezza. Mio padre era come tanti ragazzi e ragazze di allora. Problemi si, ma poi ti metti a ballare e dimentichi tutto. Cantava e fischiava in continuazione, i tanghi più patetici , i più malinconici. "laggiù nell'Arizona, terre di miti e di chimere..." e mia madre urlava "basta". 
 

I miei ricordi sono i loro ricordi, i miei ricordi sono la vita che ho vissuto in una maniera piuttosto che un'altra. Fratelli o non fratelli, anche se li trovassi, saremmo solo degli estranei, forse neanche loro hanno voglia di cercare o trovare. Forse neanche sanno. A questa età non è un fratello che si va a cercare, è una idea e l'idea quando si concretizza non è mai come la immaginavi. Però questa idea continua a tormentarmi.


Sogno tanto, quando dormo, quando sono sveglio, ho anche le visioni spesso e vedo pure qualche volta i fantasmi che io chiamo i mei fantasmi barboni. Perchè in genere hanno le sembianze di un barbone. Diverse notti, prima di andare a letto immaginavo, "vedevo", l'incontro con questi miei ipotetici fratelli. Dentro una casa, ma non sono mai riuscito a "vederla". Eravamo in cucina, una cucina grande, contadina, con una porta e tre scalini che portavano ad un'altra stanza. Vicino al tavolo c'erano tre persone che sedevano, si alzavano, parlavano. Seduti su di un muretto io e un altro che parlava una lingua straniera. Ogni tanto gli davo un calcio ed inziavamo a ridere. Oppure mi vedevo, solo con questo uomo, immersi in una grande vasca di acqua, vicini, senza parole, sempre senza parole. Ogni tanto uno dei due appoggiava il braccio sulla spalla dell'altro. Solo un attimo e con discrezione. Una grande vasca di acqua.


Ho letto un libro, non ricordo il nome o l'autore, la storia di due gemelli. Spesso in fuga per costruirsi una propria vita, ma incapaci di stare senza l'altro. Fin da piccoli avevano dormito in un unico letto matrimoniale, sempre vicini senza mai toccarsi e da vecchi, il materasso matrimoniale era praticamente affondato ai lati con una sorta di collina in mezzo. Avevo letto una bella lettera che un signore aveva dedicato al gemello appena morto. Cresciuti sempre assieme, sempre assieme nella stanza da letto, due letti separati , ma vicini. Quando erano diventati grandi avevano comprato una casa assieme, con tante stanze, ma avevano scelto di dormire nella stessa stanza, due letti separati, ma vicini. Questa era la vita che da piccolo immaginavo dovesse essere la mia, magari un pochino più separati e non così appiccicati, ma pur sempre vicini. 
 

Ritorno spesso in Romagna, è un legame che se anche occorre andare oltre non riesco e non voglio spezzare. Da Piavola , dopo un salto al cimitero per un saluto ai miei e ai loro parenti, vado verso ovest, verso la toscana. Subito dopo Piavola una zona non bella, proprio mi è è ostica e si chiama San Romano, ma poi c'é Linaro, borghetto medievale aggrappato ad una rupe , giusto quattro case e di qua inzia il paesaggio meraviglioso, chilometri di boschi e di foreste incontaminate. Per un certo periodo avevo pensato di abbandonare tutto e di trasferirmi , magari più su , più vicino alla toscana, ma la vita è quella che vivi e non puoi cancellare il tuo presente in funzione di un ricordo o di un rimpianto. 

I miei genitori avevano 23 anni, erano molto belli e la vita è stata dura con loro, poi hanno deciso, più mia madre che mio padre, che quel bambino grosso, con gli occhi a mandorla, arrivato da chissà dove, dovesse essere figlio loro e forse tutto il resto non ha importanza. Rimangono i miei sogni, i miei fantasmi, il dolore lancinante a volte, molto lancinante, ma credo di essere una persona fortunata. Rimane il profumo di quella terra incastonata fra le montagne e il mare , i tanti racconti e le tante mancanze. Rimane l'alito di vento di una presenza che non conosco e che spesso sento vicino, una sorta di legame invisibile che non si riesce a staccare.

Queste cose le avevo scritte mesi fa, le avrei volute pubblicare in agosto. Ma non era tempo. Avevo quasi accantonato, ma non mi piace accantonare. Le mie ricerche per ora sono ferme. Ho tanti altri elementi che potrei andare avanti a cercare tutta una vita. Elementi e non solo parole, che per pudore e per rispetto non potevo e non posso raccontare. Ora non ho voglia, non ho più voglia, di cercare intendo. Troppo faticoso e mentalmente pericoloso. Ci sono momenti in cui il cuore inizia a battere forte come quando stanno per arrivare gli stati di ansia e di panico, ma riesco a tenerli a bada perchè ho ben presente la fortuna della mia vita. 

Ora ho un cane, follemente innamorato di me, ho degli amici preziosi, ho un lavoro che continua ad affascinarmi, non ho rapporti affettivo sessuali di nessun genere, ma non è una mancanza, è una scelta. E come ho detto qualche pagina fa : ho me. Non so se riuscirò a mettere in scena queste pagine come avrei desiderato, chilossà, ma dovessi farne uno spettacolo come concluderei?

Con un pezzo lancinante da strapazzare il cuore tipo : lascia che io pianga? Nooo. Dovessi concludere un eventuale spettacolo teatrale mi piacerebbe un sorriso e un classico "mazurkone" romagnolo : "È la mazurka di periferia scaccia pensieri tanta allegria. Con la mazurka di periferia ti vien la voglia di fare l’amor." e mi metterei a danzare. C'era una sorella di mia madre, sordomuta, cui ero molto affezzionato, anche lei amava danzare, ma da sola. Il fatto di sentire o non sentire la musica non la riguardava. Poi quando nelle varie balere le facevano notare che la musica era terminata, lei faceva il gesto dell'ombrello e continuava a danzare. Dovessi terminare questo pezzo, a livello di scrittura o anche a livello teatrale concluderei , dopo la mazurka ballata su di un tavolo, con un grazie ai miei genitori, alla mia vita e a quel fratello gemello che non ho mai incontrato, ma cui ho voluto e voglio bene. E un grazie anche a chi ha "buttato" il proprio tempo per ascoltare questa mia piccola storia. Grazie

No, non sono stato adottato - fine

martedì 20 settembre 2016

No non sono stato adottato - terza parte


Non sono molto bravo a cucinare e con i dolci ancora peggio. C'era un dolce particolare che poteva però essere anche salato, l'avevo mangiato da piccolo, una specialità di mio padre . "É bustréng", il bustrengo. Dopo la morte dei miei mi era venuto il desiderio di preparare questo dolce. Ho cercato e trovato la ricetta, credevo di avere rispettato tutte le regole, gli ingredienti, tutto insomma. Il risultato: immangiabile. La mattina dopo, in giro con il cane, ho iniziato a canticchiare :"oh bà, ho fat é bustréng, ma é faséva schiv" ( babbo, ho fatto il bustrengo, ma faceva schifo). Improvvisamente mi è sembrato di vedere di fronte a me la faccia di mio padre che rideva divertito e diceva allegro " sei un patacca". Ho iniziato a ridere anch'io e continuavo a ripetere " a sò propri un pataca". 
 
Diversi anni fa , ancora prima del sogno in cui accompagnavo mio padre in stazione , l'avevo sognato che lui arrivava da me con un tappeto arrotolato e appoggiato a mò di sacco sulle spalle, e in mano una chiave , con targhetta numero 45. Mi sono perso mesi per interpretare questo sogno, ho anche cercato di scriverci sopra uno spettacolo, lavoro inutile e mi da ancora fastidio non essere riuscito a dare una interpretazione adeguata. Mia madre l'ho sognata poche volte dopo la sua morte, sempre seria e questo mi fa sentire in colpa per il tartassamento di domande cui l'avevo sottoposta. E anche per avere tirato fuori cose che lei non voleva si sapessero.

Da una parte c'è un figlio, subentrano dei misteri e credo il diritto di sapere. Dall'altra una madre che su questi misteri ha costruito un muro ormai sedimentato e ispessito dal tempo, una madre che sta male e che avrebbe diritto di viversi gli ultimi suoi tempi in maniera serena, aldilà delle malattie. Ma era più forte di me. Ad un certo punto mia madre ha iniziato a parlare di me come fossimo due. Io, il figlio naturale e l'altro quello adottato, poi sono arrivati racconti precisi e continui e ha iniziato a parlare di miei fratelli sempre rifutandosi di parlare della madre o del padre di questi fratelli e un nome ben preciso che continuava ad essere ripetuto. Ad un certo punto ho fatto una cosa che da un pezzetto volevo fare. Sono andato all'ufficio anagrafe del comune di Cesena per richiedere un certificato completo del mio atto di nascita. Prima volta un giovanoto gentile, freddo, non si riusciva a trovare il fascicolo. Il fascicolo dei nati nel mio anno c'era e molto grosso, poi il giovanotto ha avuto un colpo di genio ed è andato a recuperare un fascicoletto tutto sommato piccolino. 

Trovato il documento, noto con piacere niente di strano. Figlio dei miei genitori, allora ho avuto le visioni per tutta vita. Soddisfatto. In piazza del comune riguardo il documento e non riuscivo a capire bene. Nato in strada Valdinoce numero 23. Pensavo che strada Valdinoce, fosse una via di Cesena. Che strano, ma io ero nato in casa a Piavola, in quella parte che doveva essere Mercato Saraceno e invece segnato come nato a Cesena. Sempre fermo in piazza, sotto la fontana, telefono a Marco :" vammi a cercare in internet in quale zona di Cesena c'è una strada Valdinoce" . Dopo qualche minuto mi richiama : "Non esiste nessuna strada con quel nome a Cesena, l'unica strada Valdinoce è una frazione del comune di Meldola". Vacca boia.

Sono arrivato a casa, mia madre non stava bene : come mai sei stato via tanto?" – " ho incontrato degli amici e ci siamo fermati a parlare". Ho iniziato a fare le mie ricerche in internet e poi ho disegnato quel triangolo mappa di cui parlavo all'inizio. Borello, Casalbono, Case Venzi, Strada Valdinoce/ Borello, Borgo delle rose, Piavola/ Piavola, strade sterrate in mezzo ai campi, Strada Valdinoce.Veramente il triangolo andrebbe un pochino allargato, ma ci sono dei fatti e delle persone che potrebbero essere riconoscibili e non voglio creare ulteriori casini rispetto a quelli che ho già combinato. Da Piavola i percorsi per arrivare a Strada Valdinoce sono due. Tutta questa zona comunque abitata da persone vicine a mia madre, pur con diversi gradi di parentela. Una sorta di ragnatela protettiva. 

Da anni nessuno abita più questi posti. La casa dove abitavano i genitori di mia madre era in cima ad una collina, vicinissima a Piavola, ma frazione Casalbono. Una casa grande bianca, che per me è sempre stata meravigliosa. Da li si controllava tutto il paese, ora totalmente crollata. Da una parte la strada sterrata e i campi, da quell'altra ancora campi e una grossa buca per la raccolta dell'acqua piovana. Tutta attorniata da salici piangenti. Quella strada sterrata sempre in salita ripidissima , è la strada che attravrsando un borghettino di poche case, chiamato "le balze" e poi una casa detta " la casa bruciata" arriva su a Case Venzi e strada Valdinoce. Pochi chilometri tuttosommato, non distante da dove credevo di essere nato, ma altro territorio, territorio straniero. Aldilà del crinale, frazione di Meldola, zona forlivese. Che strano, i miei mi hanno sempre parlato della guerra, del dopoguerra, la ricostruzione, mi hanno raccontato i posti, ma non avevo mai sentito parlare di strada Valdinoce. 

 Mi sono studiato tutta la zona, poi ho preso la macchina ed ho iniziato a percorrere queste salite tortuose ripidissime. Ad un certo punto, finite le quattro case di Casalbono, finite le quattro case di Case Venzi, improvvisamente il vuoto. Vento forte, calanchi e burroni da paura, nessun albero. Bellezza allo stato pure, vertigine. Miniere abbandonate. Arrivato in cima, fine strada Casalbono, a sinistra, strada Valdinoce, a destra non lo so. Strada lunga, pianeggiante, stradine laterali che portavano alla diverse case contadine, cimitero abbandonato, poi il paese. Poche case diroccate, altre ricostruite come ville da lusso. Una chiesa e un castello. Piacevole il paesaggio, tranquillo, rilassante, ma io non avevo nulla a che fare con queste zone di "stranieri". Non avevo voglia di scendere dalla macchina, neanche un bar per fermarsi e fare quello che fa le domande. Al ritorno la casa tutta blindata da inferriate di cui avevo già detto e il cavalluccio a dondolo. 
 
Non c'era nessuno in giro, neanche un posto per parcheggiare, solo vento, aria pulita , stordimenti. Cosa c'entravo io con Val di Noce? Sono andato altre due volte in comune a Cesena. La seconda volta ho incontrato una impiegata molto gentile, disponibile, le spiego che non sono nei registri normali , ma in uno piccolino depositato in un altro archivio. Notiamo, mi fa notare che sotto nato a strada Valdinoce numero 23 c'era segnato un altro indirizzo (molto lungo) cancellato con un raschietto. Nè lei nè il primo impiegato che nel frattempo ci aveva raggiunti, mi vogliono spiegare del perchè del registro diverso. Vorrei vedere se nelle pagine successive c'è qualcun altro nato nello stesso posto, nella stessa via e stesso numero, ma dicono che non si può. La terza volta trovo una impiegata scorbutica con cui ci scontriamo subito, qualsiasi cosa io dica le da fastidio, riguardiamo i registro. Si, ammette c'è qualcosa di strano, si anche lei è originario delle zone di Borello e ammette che strada Valdinoce è altra cosa, altro territorio. Dice no, non sono stato adottato perchè il registro degli adottati è un altro. Le chiedo perchè non sono nel registro ufficiale. Ha un attimo di pausa e risponde : qua sono registrati quelli nati in casa. Prima anni 50, soprattutto in campagna tutti nascevano in casa. Le chiedo come mai nato in strada Valdinoce che è Meldola e io risulto Cesena? Mi guarda come per dire "cavolo vuoi da me?" Anche lei però ammette che la cancellazione del primo indirizzo è cosa strana, si vedevano dei segni , aveva fretta, neanche lei mi ha voluto fare vedere le pagine prima o le pagine dopo. E tutti mi dicevano, lascia perdere. 
 
Durante la guerra e subito dopo la guerra Valdinoce aveva più di trecento abitanti, ora saranno una ventina. C'era anche un podestà, forse anche dei presidi militari. Sono tornato diverse volte su, speravo che i fantasmi del luogo, quelli che mi invadevano la mente mi aiutassero a trovare una soluzione. Ho chiesto una volta ad un signore "Scusi dov'è il numero 23?" che non ho mai trovato. Eppure esiste nei mappali del comune di Meldola. Ma questo signore abitava li da pochi anni e non sapeva rispondermi, però era molto curioso. Ho farfugliato delle scuse, avevo mia madre ancora in ospedale, non volevo creare problemi
Gli ultimi tempi, mia madre alternava momenti di vuoto e sfasamenti a momenti di lucidità. Alcune cose ritornavano spesso nei discorsi, su alcune cose non ci sono mai state contraddizioni. Avevo analizzato tutti i racconti di donne disperate, buttate fuori casa, a volte irrequiete , a volte vedove. Avevo analizzato i racconti dei vari bambini abbandonati, ho cercato di entrare nella vita dei miei parenti, ma non sono riuscito a trovare nulla. Vorrei raccontare di queste cose, ma andrei a ferire la sensibilità di chi è rimasto, andrei ad aprire altre voragini che hanno a che fare con la vita di troppe persone. Non posso, e non devo. 
 
Alcune cose nei racconti di mia madre ritornavano in continuazione e in maniera assolutamete precisa. Quattro fratelli: tre maschi e una femmina, più grandi di me. Un nome, Giorgio, continuamente evocato e una grossa tragedia. Alcuni giorni prima di morire avevo chiesto e poi mi sono giurato che non avrei fatto più domande chi era la madre di questi mei fratelli , e mia madre mi ha risposto con grande dolore "non lo so, tutto quello che sapevo te l'ho detto, altre cose non lo so. Lei, l'ho vista solo una volta, è di Meldola, di più non so". 
 
Un amico che è stato adottato mi ha detto : " non hai diritto a chiedere, non hai diritto a cercare, qualunque cosa sia, le tue radici sono i genitori che ti hanno cresciuto". Una volta, negli ultimi periodi, mia madre mi aveva detto :"tu non hai fratelli gemelli perchè i gemelli nascono da una sola sacca, voi eravate in due sacche diverse" e ha iniziato a rimproverarsi di non averci presi tutti e due : "tuo padre non voleva, non ha mai voluto". L'altro era Giorgio?

Ho provato a chiedere ad alcuni parenti stretti, ma nessuno sapeva, anche se sì in effetti hanno cominciato ad ammettere che fisicamente non avevo nulla in comune con nessuno di loro. Ho provato a chiedere ad un cugino di mia madre che ai tempi abitava quelle zone, ma mi ha insultato trattandomi da millantatore bugiardo. Non mi ha ascoltato , è andato su tutte le furie. Ho provato a parlare con il figlio di una persona , già morta, di cui ho gli elementi necessari per ritenere che sapesse tanto, ma anche qua non mi ha voluto ricevere e al telefono mi ha trattato malissimo. 
 
Ho provato a cavalcare tante ipotesi, ma non esiste nessuna carta, non esiste nulla. Non sono stato adottato, dai fogli c'è scritto che sono figlio dei miei genitori. Ho analizzato le carte mediche accumulate negli anni: aldilà dei gruppi sanguigni ( non mi fidavo di internet e ho chiesto anche a diversi medici e tutti la stessa risposta : impossibile), c'erano anche tante altre questioni che stavano ad indicare che non avrei potuto essere figlio naturale di mia madre e di mio padre. Ma nessuno sa niente. I carabinieri di Borello, il capitano non mi ha voluto neanche ricevere, nessuno mi ha voluto ricevere, mi ha ascoltato per telefono – avevo, ho, degli elementi e delle ipotesi abbastanza fondate – mi ha risposto che non hanno più documentazione di quegli anni. 

Ho parlato prima al telefono, poi mandato una lettera alla guardia di finanza di Forlì, perchè mi risultava ci fosse di mezzo un ufficiale della guardia di Finanza. Non ho mai ricevuto risposte. Ho contattato tanti preti, ma tutti mi dicevano lascia perdere, non riuscivo neanche a trovare il mio certificato di battesimo. Dove avevo ricevuto la cresima in una chiesa di Cesena, non c'era . Ma poi ci sono riuscito e ho scoperto che oltre Enzo e Giuseppe, mi chiamavo anche Paolo: battezzato a Piavola quando invece avrei dovuto essere stato battezzato a Casalbono. Quattro giorni dopo la nascita. Giuseppe Paolo Enzo. Mi ha sempre creato problemi avere due nomi, con tre sono andato in tilt. 
 
Ci sono due signori, professionisti importanti allora, gente ricca, proprietari terrieri, due fratelli di cui ho sempre saputo, abitavano non lontano. Non so quale dei due, ma uno ogni tanto capitava da noi a Cesena finchè un giorno mia madre gli aveva detto di non farsi più vedere, lei era una donna per bene, sposata e non voleva si creassero chiacchiere su di lei. Questo signore mi era stato anche presentato. Non credo sia un ipotetico padre naturale che magari aveva approfittato di qualche ragazza contadina nelle sue proprietà. Però sono convinto che qualcosa sapesse. La mia ricostruzione dei fatti, neanche troppo campata per aria è questa: In una notte di agosto di tanti anni fa, una ragazza, bella , giovane con la vita nel corpo subiva un aborto di un bambino che lei e suo marito, altrettanto giovane, bello e pieno di vita, avevano voluto a tutti i costi dopo la morte della prima figlia. La levatrice si era arrabbiata con l'uomo perchè lo aveva avvertito "questa donna è a rischio di aborto, al primo segnale la devi portare in ospedale". Forse aveva detto loro che non potevano più avere figli. E forse gli ha detto di aspettare e di non parlare con nessuno. Forse anche l'intervento di un medico. Il signore o il fratello di quel signore che ogni tanto capitava da noi a Cesena. 
 
Forse la notte stessa, forse il giorno dopo, o forse il giorno prima, in un'altra casa , a non troppi chilometri di distanza, in un posto dove c'erano stati i fascisti e i nazisti, nasceva un altro bimbo, non voluto o non potuto tenere, forse per una tragedia familiare. So che quella notte c'è stato qualche via vai di macchine . Avevo già detto, allora la macchina era un lusso, i miei non avevano neanche una bicicletta. Forse la levatrice e il medico, hanno combinato le cose. Non posso raccontare i rapporti di alcuni parenti di mia madre con questo medico e con questa levatrice. So con sicurezza che nessuno dei parenti di mia madre o di mio padre erano presenti alla mia nascita, quando invece per qualsiasi piccola cosa c'erano sempre.

Un bambino nato morto e un'altro nato sano e pieno di vita. Il primo voluto a tutti i costi, anche della vita, il secondo non voluto. Quando avevo parlato con la terza impiegata dell'anagrafe di Cesena, quella antipatica, le avevo prospettato questa ipotesi dello scambio, poi sono dovuto stare zitto perchè lei ha iniziato a blaterare che questo era reato e andava denunciato. Denuncio dei morti? Per una ipotesi, molto verosimile , ma pur sempre ipotesi?
Da quando mia madre ha iniziato a stare seriamente male e dal momento delle mie ricerche, sono iniziate strane coincidenze. 

Un anno dopo la morte di mio padre, giorno dei Santi, eravamo al cimitero. C'era un signore, poco più alto di me, sembrava nessuno lo conoscesse. Faccia simpatica, vestito con una cura ed una eleganza quasi antiche, le mani grandi da lavoratore. Mi dava l'idea del proprietario di una azienda agricola o di un professionista che in pensione si fosse messo a lavorare nei suoi campi. Non l'ho guardato molto, lui guardava me e mia madre e stava fermo. Poi ad un certo punto ha iniziato a parlare con mia madre, lei sembrava non conoscerlo, poi ad un certo punto gli ha sorriso e gli preso le mani. L'uomo continuava a guardare me. Mia madre è sempre stata molto espansiva ed ogni persona che incontrava del proprio passato, erano, come si dice in romagna, grandi feste e sempre mi chiamava per presentarmi. Orgogliosa : "mio figlio". E ancora più orgogliosa dato che spesso dicevano che ero uguale a lei, che non era affermazione scontata. 

Io dovevo sistemare i fiori, non mi sono avvicinato per pudore, ho sorriso e siamo partiti. Questo signore rimasto sempre lì. In macchina al ritorno verso Cesena incomincio a focalizzare: non troppo alto, piacevole d'aspetto, suppergiù la mia età, un pò più chiaro di me. Diverso rispetto agli altri con una aria a me familiare e quasi da straniero e i tanti capelli esattamente uguali ai miei. Lui ben pettinato e curato, io no, non è mia abitudine pettinarmi. Ho chiesto a mia madre :"chi era quell'uomo?" . Lei di solito ad una domanda del genere mi elencava tutti i gradi di amicizia o parentela che l'avvicinavano ad una determinata persona. Mi ha risposto in maniera dura "è il figlio di una signora che conosco" e poi si è chiusa nel silenzio. Gli aveva preso le mani con affetto, con rispetto, era commossa, per un attimo aveva indicato me, l'uomo aveva sorriso lievente, ma era un sorriso da commozzione. Mai più rivisto. 

Dicevo sono iniziate una serie di strane coincidenze, che troppe volte non possono essere solo coincidenze, oppure sono pazzo. Gente che mi avvicinava , che aveva voglia di parlare, che cosa c'è di strano. Perloppiù gente giovane, ma tutti avevano caratteristiche molto simili, non altissimi, i capelli neri, la pelle un pochino abbronzata e gli occhi un pochino allungati da farli sembrare degli stranieri. Compresa una coppia di gemellini ventenni, ma con gli occhi azzurri. Ne avevo parlato con mia madre e lei con un sorriso : " ti stanno cercando anche loro, sanno che esisti, ma non sanno che sei tu". Mi pregava spesso dopo momenti di silenzi di andarli a cercare, i miei fratelli. Si sentiva in colpa perchè aveva potuto prendere solo me, ma eravamo molto poveri , non avrebbe potuto. Specialmente si sentiva in colpa verso quel Giorgio, di un anno più grande di me o addirittura mio gemello ( da sacche diverse) , mi diceva che era biondino di capelli e che era bello. Ridendo avevo chiesto a mia madre: " ti hanno dato quello brutto e si sono tenuti quello bello?" lei si era arrabbiata: "no li hanno messi tutti quanti in collegio". Ho cercato in internet tutti i possibili orfanatrofi di Forlì e Cesena e dintorni negli anni 50, ma non ci ho capito nulla.
 
Per due anni ho girato in lungo e in largo quel pezzetto di Romagna senza riuscire a trovare nulla. Un giorno, ero a Cesena con il cane, sapevo che mia madre non avrebbe avuto ancora molto da campare, allora ho deciso di portare il cane nelle zone bergamsche dove abito io, di organizzarmi in modo da potere passare gli ultimi giorni con lei. Neanche due giorni mi chiamano di notte, mia madre era morta. Ho corso in autostrada, quando sono arrivato già alcuni parenti e lei ancora calda. Fuori c'era la neve, ancora febbraio, esattamente tre anni dalla morte di mio padre. Ho fatto il padrone di casa, ho accolto i parenti e gli amici e anche se non avevo voglia, ascoltavo le loro chiacchiere. E ogni tanto qualche cugino buttava fuori una frase un pochino strana, ma avevo la testa altrove per chiedere delucidazioni. I miei mi hanno sempre insegnato che non si può piangere in pubblico, ci deve essere dignità anche nel momento della morte. Volevo che i fiori ricordassero un giorno di primavera e quando siamo arrivati in collina , la in cima dove c'era la chiesa e il cimitero, è spuntato un pochino di sole. Vicino al prete, il giovanotto che suonava la chitarra era un mio amico e questo mi ha dato un pò di sicurezza. 

 Ho voluto io ricordare mia madre. Avrei desiderato e forse lo avrebbe desiderato anche lei, raccontare pubblicamente le cose che avevo scoperto, ma non ho avuto coraggio. Erano presenti sua sorella e l'ultima sorella di mio padre e anche un'altra cognata, pure loro già anziane. Le avrei fatte svenire. Ho ricordato quel posto, Piavola, paese mitico per mia madre, ho raccontato della miseria e del dopoguerra. Ho detto che ad un bambino che nasce, non interessano dna o gruppi sanguigni. Un bambino che nasce ha bisogno di affetto e di essere cresciuto e di essere voluto bene. E di questo dovevo ringraziare mia madre. Avevo portato un cd con una ninna nanna dell'est europa, volevo che l'uscita dalla chiesa fosse accompagnata da questa ninna nanna, ma non ne ho avuto il coraggio. 
 
Fantasie di una persona forse impazzita, ma ho sempre avuto l'idea, l'impressione, che dal momento della mia nascita qualcuno mi abbia preso in braccio e prima di consegnarmi a mia madre, mi abbia cantato una ninna nanna. So che in quell'attimo mia madre mi ha rifiutato, non ero il figlio che voleva, me l'ha sempre raccontato chiedendomi scusa perchè si sentiva in colpa, ma poi mi ha sempre detto che io ho iniziato a piangere, mi hanno appoggiato al suo petto e lei ha detto :"si, sei tu mio figlio". 
 
Anni fa avevo portato mia madre a trovare una sua cugina, quella che ad un mese dalla mia nascita aveva esclamato : "fortuna che è già finita la guerra, altrimenti avrei detto fosse il figlio di un marrocchino". Non l'avevo mai conosciuta. Era stata data in sposa bambina ad un uomo molto più vecchio, grande invalido di guerra che lei odiava e si erano trasferiti. Appena ci ha visti , continuava a guardarmi divertita e stupita, poi aveva detto a mia madre :" ommioddio è uguale a te". E mia madre aveva risposto " per forza è mio figlio" ed hanno iniziato a ridere e ad abbracciarsi. 
 
Dopo due anni di ricerche , senza mai approdare a nulla, ad un certo punto faccio un sogno. Mi compare un uomo vestito con eleganza, la faccia oscurata e mi dice " e' inutile che continui a cercare, stai perdendo il tuo tempo. Io sono morto e sono tuo fratello". A parte il fatto che uno si sveglia di malumore, non so esattamente cosa voglia dire questo sogno. Forse ero io che mi stavo dicendo " stai perdendpo il tuo tempo". Come nelle depressioni, spesso ci si costruisce degli alibi, per girare attorno ai problemi, per evitarli, per non affrontarli, per paura della vita. 
 
Io non so cosa siano le radici o se esistano realmente, o se è solo un fatto culturale di questi ultimi anni. Allora non si capirebbero i popoli nomadi, non si capirebbero le migrazioni. Radici è dove vivi, è dove c'è gente che ti vuole bene, è dove tu ti trovi bene. Che non vuol dire necessariamente il posto dove sei nato o vissuto o le persone con cui sei cresciuto. Le radici sei tu, qualunque parte vai te le porti dietro. 
 
Cercare un fratello mai conosciuto, cercare dei genitori naturali , no io miei eventuali genitori naturali proprio non li vorrei conoscere, non è cercare delle radici. Quelle che tu avevi con loro sono già spezzate e ne sono cresciute altre. Un fratello non diventa tale perchè ha un dna simile al tuo, un fratello non diventa fratello dopo sessanta anni. Sono sempre stato invidioso di quei figli che sembrano la fotocopia dei loro genitori o dei loro parenti. A volte mi guardo allo specchio e penso , ma ci sarà pure in giro qualcuno con una faccia simile alla mia. A me sarebbe piaciuto trovare , casomai realmente esistessero , dei fratelli per vedere come sono le loro facce, i loro capelli, i loro occhi. Quello che non c'è stato non si recupera, però avrei desiderato un abbraccio e poi chiaro, ognuno per la propria strada. Mi sarebbe piaciuto trovare mio fratello, quello gemello, per vedere come le vite diverse possano avere plasmato uno o l'altro. Volevo un abbraccio.

Sono sempre stato affascinato dai gemelli, io sarei quello più chiacchierone, o quello più silenzioso che segue sempre l'altro? Ma non si può costruire una vita con quello che non c'è stato, si rischia di dimenticare quello che c'è stato, si rischia di essere ingiusti con quello che c'è stato. Nelle mie ricerche, praticamente tutti mi hanno sempre detto, lascia perdere. In effetti , dovrei andare a scavare nella vita di altri che non vogliono sapere o non sanno, non posso scombussolare la vita di altre persone. 

In mano non ho nulla, non sono stato adottato, non ci sono carte, risulto figlio dei miei, non ci sono carte, non ci sono ricordi, sembra che nessuno sappia e spesso sembra che io mi sia inventato tutto. In mano non ho nulla: delle sensazioni, dei sogni, delle parole forse in parte vere, forse in parte falsate dalla malattia. In mano ho tre gruppi sanguigni incompatibili fra loro. Ho delle cartelle cliniche che danno indicazioni ben precise. Sempre un altro medico una volta , dovendo mettere insieme i problemi fisici di mia madre mi aveva chiesto : " ma tu quando sei nato eri giallo, eri ammalato, come hai fatto a nascere?" fanculo ho pensato, sono nato, ero grosso, scuro di capelli e stavo benissimo. Ho un atto di nascita che dice come io sia nato non dove ho sempre creduto. Una via scritta sopra ad un altra cancellata con il raschietto. Niente altro.
Però ho me.......................... continua

martedì 13 settembre 2016

No non sono stato adottato - parte seconda


......Quando era morto mio padre, la neve era tantissima e le persone morte in quel periodo venivano lasciate in obitorio dato che c'era il divieto di sepoltura. Siamo stati giorni con mia madre in questo grande obitorio, io e lei le uniche persone viventi, Dopo nove giorni siamo riusciti a dargli sepoltura. Avevo raccontato questa brutta avventura e una amica mi aveva inviato via mail la foto di un omino dentro un cappotto troppo grande. Questo omino teneva in mano una corona di fiori, rose rosse e attorno a lui tanta neve. Non so dove abbia trovato questa foto, ma rappresentava esattamente me. Sempre questa amica, aveva pubblicato sul suo profilo la foto di un gruppo di uomini anziani, in apparenza mongoli, seduti in fila su di una panca. Rivestiti di coperte e tutto era gelato. La neve, le coperte, i baffi le barbe, le ciglia. Il dolore assoluto, il dolore quando il freddo ha ormai il sopravvento.
La casa dove sono nato o comunque dove sono stato portato dal mio primo giorno di nascita, una casina piccola,  è situata a Piavola. I miei erano in affitto. Nei documenti io sono nato a Cesena, La casina però è da quella parte che appartiene al comune di Mercato Saraceno. Non ho dato mai molto peso dato che i parenti di mia madre e il fratello di mio padre abitavano prima del rigagnolo, quindi zona Cesena. Mettiamo che i miei fossero lì in maniera provvisoria , come poi è avvenuto e non avevano ancora cambiato i documenti, risultavano ancora essere dall'altra parte. Dovevo essere nato a Mercato Saraceno, invece nato a Cesena, ci sta.
Mia madre ha sempre raccontato la mia nascita non come una donna che partorisce, ma come una donna che assiste un'altra donna nel momento del parto. Avrei dovuto essere battezzato, così come mia sorella, nata due anni prima di me e morta nel giro di una settimana nella chiesa di Casalbono, dove si erano sposati i miei genitori e dove erano stati battezzati , oltre mia sorella, anche i miei cugini. Quando poi ho iniziato a fare delle ricerche ho scoperto di essere stato battezzato a Piavola, il 2 di settembre. Nato il 28 o 29 di agosto, battezzato il 2 di settembre. Dicono che allora si faceva, battezzare il figlio pochi giorni dopo la nascita. Ci sta.
Dicevo che episodi strani hanno sempre accompagnato la mia vita, episodi a volte tragici , a volte bizzarri. Mi hanno sempre raccontato (io non riesco a ricordare nulla fino ai cinque anni di età) che un giorno, mia madre era andata con me a trovare i suoi, una casa in cima alla collina, una strada ripida sterrata , neanche un centinaio di metri, arrivano due signore giovani, eleganti con macchina fotografica e volevano fotografare me. Dicevano per la pubblicità di una marca di biscotti. Pochi anni dopo la guerra e la bellezza non poteva essere un bambino magro e io ero proprio grosso. Il simbolo della salute e della prosperità. Ma che due donne eleganti, con le scarpettine con i tacchi, arrivino da Forlì e fare a piedi una polverosa strada sterrata in salita per cercare un bambino per una foto di pubblicità è quantomeno bizzarro. Infatti so che mia madre si era rifiutata di farmi fotografare ed erano arrivati i suoi parenti per allontanare le due donne.Un altro episodio di cui ho sempre saputo, mio padre poco dopo la mia nascita era andato a lavorare in Belgio, più che un lavoro sembrava una fuga, ed erano entrati in casa nostra due carabinieri ( mia madre ha sempre detto che non erano carabinieri, ma due delinquenti vestiti da carabinieri), non ho mai saputo bene cosa sia successo, ma so che loro, forse chiedevano dei soldi che non c'erano, avevano minacciato mia madre di portarle via il bambino, io. Credo l'abbiano anche menata e qui sono arrivate in soccorso tutte le donne del vicinato che hanno sempre voluto un bene immenso a mia madre e sono riuscite a cacciare gli intrusi.
Quando sono nato, non era presente nessuno dei parenti dei miei, nè la madre nè la sorella di mia madre, neanche la moglie del fratello di mio padre, tutti abbastanza vicini e legatissimi fra di loro. Dopo un mese una cugina di mia madre era venuta a trovarci e io ero così scuro, tanti capelli nerissimi che lei aveva esclamato :"fortuna è finita la guerra, altrimenti avrei detto che era figlio di un marocchino". 
In effetti se riguardo le foto di quando avevo pochi mesi , più che al classico bambino romagnolo, assomigliavo ad un classico bambino cicciotto, non marrocchino, ma della mongolia. Anche adesso, d'estate, se prendo il sole, divento così abbronzato che poi la polizia mi ferma per chiedermi i documenti.
Quando tu nasci e cresci non dai importanza al colore della tua pelle, dei tuoi capelli, dei tuoi occhi. Sei tu, sei così. Neanche ti interessa l'altezza o il colori di capelli o di occhi dei tuoi genitori o dei tuoi parenti. Sono così e basta, ci cresci assieme , sei voluto bene, il resto non interessa. Solo da adulto mi sono accorto realmente come mia madre avesse la pelle chiarissima , i capelli castano chiari e gli occhi verdi. Solo da adulto mi sono accorto che mio padre, scuro di capelli, aveva gli occhi più chiari dei miei e la barba rossiccia e che era molto alto. Solo da adulto mi sono accorto, anche se mi hanno sempre detto che sono uguale uguale a mia madre, di non avere niente in comune , come tratti somatici, con nessuno dei miei parenti. E sono tantissimi.
Cambio di casa dopo cambio di casa i miei sono andati a vivere a Cesena. Non so che età avessi, forse 4 forse 5 anni. Fin da piccolo sono sempre stato blindatissimo, mai lasciato solo e di tutti questi posti delle colline ho conosciuto praticamente solo Piavola. Solo due anni fa quando ho iniziato le ricerche mi sono accorto di queste colline bellissime che profumano di terra , di mare e di montagna, solo due anni fa mi sono inerpicato lungo i borghi fino alla montagna, la dove nasce il tevere che una volta era zona toscana. E mi sono innamorato di questi posti che non avevo mai visto se non nei racconti dei miei.
I miei genitori avevano poco più di vent'anni quando si sono trasferiti a Cesena, ma non si sono mai considerati di città e per loro questi paesi in cui avevano vissuto, erano diventati ormai qualcosa di mitico, le loro radici mai abbandonate. E quando c'è la malinconia per un posto , si parla spesso di questo posto e si raccontano le vicende che hanno dato linfa a questo posto. Mi parlavano spesso della guerra, soprattutto quando erano diventati più anziani.
Se si prende la E45 da Cesena verso Roma, sulla destra i paesi di cui parlavo, sulla sinistra altre colline forse ancora più belle che si allungano verso il mare e verso le Marche. Nomi strani dei paesi: Roncofreddo, Sogliano sul Rubicone dove fra le tante cose c'è il famoso formaggio di fossa, Montecodruzzo. Mio padre era di Montecodruzzo e dato che erano tantissimi e molto poveri, i due figli più piccoli, mio padre e sua sorella, erano stati mandati a vivere, in età molto giovane, dai due fratelli più grandi. Mio padre da suo fratello Giovanni, detto Vanin, che si era sposato con una ragazza del mulino di sotto, poco prima di Piavola. Loro su a Montecodruzzo, erano i contadini del prete, diverse volte mio nonno l'ha cacciato inseguendolo con il forcale. Dei racconti di guerra a Montecodruzzo, mio padre , allora bambino, parlava sempre divertito che una volta erano arrivati i tedeschi e avevano razziato il bestiame, poi gli inglesi che si erano nascosti nella cantina dove c'erano le bottiglie di vino. La mattina questi inglesi erano così ubriachi che hanno iniziato a ridere, a spogliarsi e a girare nudi nel cortile.
Più forti , potenti e devastanti i ricordi di mia madre. Ma quello che a me affascinava maggiormente erano i racconti del dopoguerra e delle persone.
C'era un uomo, dato per disperso in Russia. Un giorno, una domenica, erano tutti a messa – la chiesa di Piavola non è in paese, ma in cima ad una collina, con il cimitero, la casa del prete e le vecchie scuole elementari – arriva di corsa qualcuno annunciando che l'uomo dato per disperso in Russia era vivo e stava arrivando da Borello verso Piavola. Tutta la chiesa improvvisamente si è svuotata e tutti con in testa la moglie dell'uomo dato per disperso, hanno iniziato a correre per arrivare alla strada che portava a Borello. Man mano loro scendavano , si passava voce, le persone uscivano dalle case e si aggiungevano a questo corteo. Da Borello nel frattempo, man mano l'uomo avanzava , si aggregavano dietro di lui tutte le persone che incontrava per strada. Ad un certo punto i due cortei si sono incrociati e c'è stato un abbraccio, un pianto e una risata collettivi.
Oppure ero affascinato dai tanti racconti , sempre dopoguerra e a cavallo degli anni 50, delle ripicche, delle vendette, degli strascici della guerra o le tante storie o storiacce di donne e di uomini. Mai raccontate con malizia o pettegolezzo, ma sempre con enorme rispetto. La donna allora era poco più che schiava e la donna che aveva un figlio fuori dal matrimonio o una storia fuori del matrimonio, veniva cacciata e trattata come una prostituta. Molto hanno fatto anche i preti. Quindi il neonato trovato in un fossato vicino a Casalbono. La donna rimasta vedova con figli piccoli e uno sul momento di nascere, così povera da non sapere come mantenere i figli, che si butta disperata da un burrone con la speranza che qualcuno potesse avere pietà per i figli. La donna che durante la guerra si era fatta un amante e quando il marito era tornato, lo ha ammazzato. Tutti racconti che non riguardano Piavola, perchè per mia madre a Piavola erano praticamente tutti perfetti, ma il triangolo geografico di cui ho parlato all'inizio. Ci pensava però mio padre a smantellare la perfezione. Oppure la ragazza un pochino irrequieta e con diverse frequentazioni, qualche aborto e una figlia già abbandonata, era rimasta ancora incinta e nel momento cruciale aveva preso la bicicletta ed era fuggita a partorire all'ospedale di Cesenatico. Sono chilometri. Dicono avesse avuto due gemelli che poi ha abbandonato all'ospedale e mai riconosciuti. Dicono anche che poi sia fuggita , subito dopo il parto, per tornare a casa e per strada, i chilometri sono tanti ed era estate, sia svenuta innumerevoli volte. Come i miei potessero sapere che lei era andata a Cesenatico, che avesse avuto due gemelli, grossi , belli e sani, questo non l'ho mai capito. Comunque era la cugina di mia madre.
Ho rivisitato, riportato alla memoria , quasi sezionato, queste e tante altre storie quando due anni fa è iniziata la mia ricerca.
No, non sono stato adottato.
In ogni caso di tutte queste storie, quelle che ho potuto verificare, non tornavano i conti , nel senso di date che potevano riguardare me. Mia madre ha sempre avuto problemi di salute, mio padre no, sempre sano come un pesce. Ma arrivati alla pensione hanno cominciato a cambiare , le malattie hanno cominciato ad essere tante e pesanti e gli ultimi dieci anni della loro vita sono stati un calvario doloroso.
Era successo circa dieci anni fa che un ricovero urgente e una operazione molto grave,mia madre sia andata in coma e avesse avuto bisogno di sangue. Il suo gruppo sanguigno raro e il sangue non si trovava. Arriva trafelato il medico da me e mi chiede che tipo di sangue avessi, poi mi chiede il tipo di sangue di mio padre, poi si blocca, mi guarda e perentorio : tu non puoi essere loro figlio. Mia madre era in coma e io ho pensato "cretino, mia madre sta morendo e tu te ne vieni fuori con queste sciocchezze?" , ma gli ho chiesto educatamente "non capisco". Lui mi ha spiegato che visti i tre gruppi sanguigni totalmente differenti e incompatibili fra di loro, era impossibile che io fossi nato da loro. Mi sono alterato " dottore ascoltami, non so niente di gruppi sanguigni , mia madre sta morendo , io sono figlio loro senza discussioni, andiamo a cercare sto sangue". Il medico che era mio amico, non mi ha più parlato e io questo episodio l'ho messo in un angolino della mente.
Valse uno di Shostakovic, l'angelo nero che danza e distrugge i vasi colmi di sabbia che incontra nel proprio percorso. Come in un rapporto amoroso, quando uno dei due tradisce , in maniera evidente eclatante che tutti se ne accorgono, tranne la parte tradita che sa , capta , vede, percepisce, ma rifiuta l'evidenza. Poi quando questa evidenza gli si spappola in faccia, cade dalle nuvole "non l'avei mai detto".
L'omino con il cappotto più grande di lui, con in mano la corona di fiori e disperso, tramortito in mezzo ad una tempesta di neve. 
Non c'è stato tempo per pensare, dovevo lavorare, non volevo abbandonare la mia vita, dovevo seguire i miei, dieci anni passati con il fiato in gola. Quando i miei stavano meglio mi facevo raccontare le loro storie di guerra, di dopoguerra, di gioventù, di miseria, di voglia di vivere per immaginare un futuro migliore. Storie sentite e risentite migliaia di volte, ma ogni volta mi sembravano nuove. I loro ricordi, la loro vita e si acquietavano. Con mio padre non ho avuto grandi rapporti , non belli, non brutti, non esistevo. Negli ultimi anni ci siamo incontrati e riappacificati.
Non sto a raccontare dei tanti episodi o imput che mi sono stati dati nel corso della vita e che non ho mai colto, lo devo per rispetto ai miei perchè come avevo detto a mia madre poche settimane prima che morisse :" comunque siano andate le cose, io sono tuo figlio e tu mia madre e basta"
 Dicevo che con mio padre ci siamo riappacificati gli ultimi anni, gli ultimi anni non cancellano una vita, ma improvvisamente per mio padre sono diventato importante e insostituibile e improvvisamente ha iniziato a darmi quegli abbracci che mai mi aveva dato.
Pochi giorni prima di morire , aveva le visioni, gli incubi, strani personaggi popolavano la casa, aveva paura e voleva gli stessi vicino e mi chiedeva di portarlo a casa. Eravamo già a casa. Pochi giorni prima di morire, ero seduto vicino a lui : " tu non sei figlio, sei molto di più, sei molto di più di tutto". La notte avevo sognato, io piccolino, lui grande con il suo cappello, il cappottone, una valigia in mano che lo accompagnavo in stazione perchè doveva prendere il treno. Era silenzioso , rassegnato e continuava a starmi vicino.
Con la morte di mio padre, i tanti giorni al freddo all'obitorio, la sepoltura camminando all'interno di muri di neve accatastata, le situazioni fisiche di mia madre sono peggiorate tantissimo e purtroppo anche diverse medicine sbagliate hanno contribuito al crollo fisico psicologico e mentale. Mia madre ha iniziato a dire in giro che lei aveva un segreto nella propria vita, ma che questo segreto l'avrebbe portato con sè nella tomba, poi tutte le volte che la portavo su al cimitero, in cima alla collina, di fianco alla chiesa di Piavola, ha iniziato a raccontare strane cose che mi inquietavano e mi ponevano interrogativi. Come il racconto di un figlio, suo e di mio padre, nato morto , dopo già una figlia vissuta solo per una settimana. Non avevo mai saputo nulla. Da allora ho iniziato a fare domande, non volevo fare un processo a mia madre, mi accorgevo che queste domande accumulavano dolore su dolore. Ne ero consapevole, ma era più forte di me.
In tutto questo un episodio divertente. Scendevo da Piavola verso Cesena, ci fermano i carabinieri. Mia madre, bionda, bianchissima, lo sguardo perso. I carabinieri guardano i miei documenti : " ma lei è italiano?" - "si sono italiano" – "e da Bergamo cosa è venuto a fare qua?"- "sono nato qua, abito in provincia di Bergamo,ho accompagnato mia madre al cimitero" – Chi è quella signora vicino a lei? - ( avevo dimenticato i suoi documenti a casa) – "E' mia madre" - " voglio sapere chi è quella signora. Signora chi è lei?" - "sono sua madre", la cosa è continuata per tanto tempo e ad un certo punto mia madre ha perso la pazienza e in dialetto gli ha detto " sono sua madre, la vuoi capire si o no"
..................... continua