Dicevo:
la
mia ricostruzione
, dettata
non solo
da
ipotesi,
è che mia madre che
prima
aveva
avuto una figlia, morta ad una settimana dalla nascita, poi
sia
rimasta ancora incinta. Un
secondo figlio
nato però
morto.
Oppure
una gravidanza andata a male dopo qualche mese. Mi
raccontava mia madre
nei suoi momenti di confusione come la levatrice si fosse arrabbiata
con mio
padre,
perchè sapeva che avrebbero
dovuto
andare
subito
in
ospedale. Immagino e mi fa tenerezza il dolore di questi due
ragazzi, allora di 23 anni, mia madre mi ha raccontato che mio padre
ha iniziato a piangere in maniera disperata, non si
riusciva a trattenerlo.
Poi cosa sia successo non lo so , le ipotesi sono talmente tante che
mi ci perdo. Mi ci sono perso.
Allora
in
quei tempi, non
potere avere figli era considerato un handicap per una donna,
adottare un bambino poteva rappresentare un momento di vergogna per
l'intera famiglia, per cui succedeva che le cose venissero fatte di
nascosto. In campagna, una levatrice e un medico in
un triangolo neanche troppo vasto,
possono fare molto. Non c'erano controlli, era sufficente portare in
comune la carta della levatrice. Solo
ipotesi e la testa che va per i fatti propri.
A
volte ho l'impressione, parlando con diversi figli adottati, o
genitori adottivi,che in fin dei conti non si sia mai completamente
figli, o completamente genitori. " gli voglio bene come fosse
mio figlio" - " voglio loro bene come fossero mio padre e
mia madre"- . Mio padre,con cui non ho mai avuto buoni rapporti
se non in età adulta, pochi giorni prima di morire mi aveva detto
tenendomi le mani :" tu non sei figlio, sei molto di più"
.
Mia
madre ha sofferto molto , oltre le malattie le erano piombati tutti i
lutti della sua vita e il tanto dolore con cui ha sempre convissuto.
Ormai per lei non ero più un figlio. Negli ultimi mesi ero suo
padre, sua madre, i suoi fratelli, ero l'angelo che la stava
accompagnando, ero la sua ragione di vita ed ero il suo appoggio per
il passaggio, ma non ero figlio. Pochi giorni prima di morire mi ha
detto :" ti ho sempre voluto bene più della mia vita, se non
c'eri tu sarei morta da tanto tempo, ma spesso mi sono chiesta cosa
ho mai fatto nella
mia vita
per non avere mai avuto il diritto di avere anch'io un figlio mio".
Il
cuore frantumato. Per
un attimo, solo
un attimo,
perchè comunque sono stato voluto bene. Come
e più di un figlio.
Il
ricordo cambia con gli anni, sono stati fatti diversi esperimenti a
verifica di ciò. Con gli anni il ricordo si appanna, si appesantisce
delle esperienze che nel frattempo hai maturato e cambia prospettiva
o dimensione. Si è verificata la stessa cosa anche mettendo dei
soggetti in ipnosi. Ho cercato di ricordare qualcosa, dei gesti,
delle parole, dei fatti. Si ne ho trovati, però solo dopo i cinque
anni di età, ma non posso affermare che siano esattamente
tali.
Ho sperato nel sonno, ma anche qua nulla di tangibile se non l'eco
della ninna nanna di cui avevo già parlato.
C'è
un episodio, da
anni
lo ricordo in questa maniera, estate, avrò avuto sei, sette anni.
Ero dagli zii, da parte di mio padre, quelli che abitavano un pò
prima di Piavola. D'estate i miei lavoravano tanto e non mi volevano
lasciare solo, così passavo le estati da qualche zio. Era mattina mi
pare, c'era mia zia e le altre donne sedute sull'aia e arriva un
giovanotto con dei tessuti in mano. Di solito i venditori ambulanti
che andavano a cercare di fare affari nelle case dei contadini,
d'estate poi, erano sudati, poveri quanto i contadini cui volevano
vendere qualcosa, vestiti male e le scarpe come minimo impolverate.
Questo giovanotto, a me sembrava alto, era elegante con pantaloni e
giacca dello stesso colore, ben pettinato, educato , ai piedi aveva
dei mocassini belli. Vendeva delle stoffe, le stoffe erano belle, ma
lui non era convincente come venditore, su di una aveva buttato anche
della benzina per fare vedere come
la stoffa fosse
ignifuga, un imbroglione
insomma, ma bello e allegro. Mi è rimasto impresso perchè da sempre
nei miei ricordi lui ha
rappresentato
la
mia idea
di bellezza maschile, ma soprattutto perchè non sembrava interessato
a vendere le stoffe, non parlava neanche
il dialetto, solo italiano. E continuava a fare domande su di me ,
chi delle donne fosse mia madre, quanti anni avevo. Tanta attenzione
su di me, me ne ero
innamorato e lo guardavo ebete e sarei voluto fuggire con lui. Così
come un cagnetto bastardo, gli dai un sorriso e lui ti segue. Ricordo
che nessuna delle donne aveva
comprato qualcosa e
poi avevano
commentato
un pò inquiete la presenza di "ma da dove è uscito quello
lì?".
Figlio
o non figlio, a volte succede che una persona cresca e abbia addosso
una continua voglia di fuga. Succede , può succere che una persona
cresca e indipendentemente dal proprio aspetto fisico non si piaccia,
si trovi perennemente inadeguato. Io faccio parte di questa schiera
di persone, perennemente inadeguato al mondo e perennemente in fuga.
Non ho mai abitato un posto per più di dieci anni, anche gli amori,
quelli importanti, quelli che ti travolgono la vita, non sono mai
durati più di tanto. Ne
ho talmente paura che ora li evito. Mi
raccontava mia madre, ma anche qua non so se in un momento di
lucidità o in uno di quei momenti in cui i fantasmi le invadevano la
mente, che aveva dovuto sottoscrivere un atto in cui si impegnava a
non dirmi nulla prima dei 21 anni di età. Le ho chiesto, ma i miei
21 anni sono passati da tanto tempo. In effetti da quando ho compiuto
21 anni, sono successe talmente tante cose, spesso drammatiche nella
vita mia e dei miei che come ha aggiunto mia madre :"non c'è
stato tempo, non c'è stata possibilità, non c'è stata voglia e
sono subentrate le dimenticanze".
Sessanta
anni e passa di età sono una vita, sei stato bambino, adolescente,
sei diventato grande , avevi delle speranze e dei desideri, qualcuno
l'hai realizzato, altri no. Il tempo corre veloce e ti ritrovi grande
e sai che così veloci arriveranno forse altri anni, se ti va bene,
comunque non troppi e la tua vita sarà irrimediabilmente conclusa.
Forse
varrebbe la pena pensare , io sono quello che la mia vita è stata e
magari cercare di vivere al meglio , senza troppe ansie , quel poco o
tanto che rimane. Un tramonto può essere bellissimo, anche se
malinconico, uno non può bruciare questa bellezza, pensando a quando
arriverà la notte o
a cosa sarebbe successo se il tramonto fosse stato diverso.
Non
ho mai amato il liscio, quello commerciale , attuale – una volta
era diverso – e non ho mai amato neanche quello che ormai è
diventato l'emblama di queste terre : Romagna mia. "sento la
nostalgia del passato quando la mamma mia ho lasciato. Non ti potrò
scordare casetta mia e in questa notte stellata io canto per te...."
Ogni tanto qualche amico, per affetto o per prendermi in giro si
mette a cantare questa canzone. Io vorrei sprofondare sotto un
tavolo. Sono cresciuto con il liscio sia quello di prima sia quello
commerciale poi. Finita la guerra, i ragazzi di allora avevano voglia
di vivere, di ricostruire, nascevano le case del popolo, le balere.
Non
c'era niente altro nelle campagne – il cinema era solo in città.-
e si aspettava il sabato sera per andare a ballare o giorni
particolari per fare "il veglione", praticamente tutta la
notte. Le sorelle erano accompagnate dai fratelli o dai genitori, chi
abitava in collina scendeva scalzo, poi si puliva i piedi e si
infilava le scarpe pulite, l 'unico paio di scarpe buone che avevano.
Mio padre era un ottimo ballerino di valzer e manzurke , meglio di
lui il fratello di mia madre. Sempre con l'adrenalina in corpo. Una
volta lui e un suo amico non trovavano donne che ballassero con loro,
allora sono saliti su di un tavolo ed hanno iniziato a danzare loro
due. Mia madre non sapeva ballare, per lei bambina la guerra era
stata terribile e aveva visto troppe cose che le hanno ferito il
cuore per sempre e il ballo le sembrava una sciocchezza. Mio padre
era come tanti ragazzi e ragazze di allora. Problemi si, ma poi ti
metti a ballare e dimentichi tutto. Cantava e fischiava in
continuazione, i tanghi più patetici , i più malinconici. "laggiù
nell'Arizona, terre di miti e di chimere..." e mia madre urlava
"basta".
I
miei ricordi sono i loro ricordi, i miei ricordi sono la vita che ho
vissuto in una maniera piuttosto che un'altra. Fratelli o non
fratelli, anche se li trovassi, saremmo solo degli estranei, forse
neanche loro hanno voglia di cercare o trovare. Forse neanche sanno.
A questa età non è un fratello che si va a cercare, è una idea e
l'idea quando si concretizza non è mai come la immaginavi. Però
questa idea continua a tormentarmi.
Sogno
tanto, quando dormo, quando
sono
sveglio, ho
anche le visioni spesso e vedo pure qualche volta i fantasmi che io
chiamo i mei fantasmi barboni. Perchè in genere hanno le sembianze
di un barbone. Diverse notti, prima di andare a letto immaginavo,
"vedevo",
l'incontro con questi miei
ipotetici fratelli. Dentro
una casa, ma non
sono mai riuscito a "vederla".
Eravamo in cucina, una cucina grande, contadina, con una porta e tre
scalini che portavano ad un'altra stanza. Vicino al tavolo c'erano
tre persone
che
sedevano, si alzavano, parlavano. Seduti su di un muretto io e un
altro che parlava una lingua straniera. Ogni tanto gli davo un calcio
ed inziavamo a ridere. Oppure mi vedevo, solo con questo
uomo,
immersi in una grande vasca di acqua, vicini, senza parole, sempre
senza parole. Ogni tanto uno dei due appoggiava il braccio sulla spalla
dell'altro. Solo
un attimo e con discrezione. Una
grande vasca di acqua.
Ho
letto un libro, non ricordo il nome o l'autore, la storia di due
gemelli. Spesso in fuga per costruirsi una propria vita, ma incapaci
di stare senza l'altro. Fin da piccoli avevano dormito in un unico
letto matrimoniale, sempre vicini senza mai toccarsi e da vecchi, il
materasso matrimoniale era praticamente affondato ai lati con una
sorta di collina in mezzo. Avevo letto una bella lettera che un
signore aveva dedicato al gemello appena morto. Cresciuti sempre
assieme, sempre assieme nella stanza da letto, due letti separati ,
ma vicini. Quando erano diventati grandi avevano comprato una casa
assieme, con tante stanze, ma avevano scelto di dormire nella stessa
stanza, due letti separati, ma vicini. Questa era la vita che da
piccolo immaginavo dovesse essere la mia, magari un pochino più
separati e non così appiccicati, ma pur sempre vicini.
Ritorno
spesso in Romagna, è un legame che se anche occorre andare oltre
non riesco e non voglio spezzare. Da Piavola , dopo un salto al
cimitero per un saluto ai miei e ai loro parenti, vado verso ovest,
verso la toscana. Subito dopo Piavola una zona non bella, proprio
mi è è ostica e si chiama San Romano,
ma poi c'é Linaro, borghetto medievale aggrappato ad
una rupe , giusto quattro case e di qua inzia il paesaggio
meraviglioso, chilometri di boschi e di foreste incontaminate. Per un
certo periodo avevo pensato di abbandonare tutto e di trasferirmi ,
magari più su , più vicino alla toscana, ma
la
vita è quella che vivi e non puoi cancellare il tuo presente in
funzione di un ricordo o di un rimpianto.
I miei genitori avevano 23
anni, erano molto belli e la vita è stata dura con loro, poi hanno
deciso, più mia madre che mio padre, che quel bambino grosso, con
gli occhi a mandorla, arrivato da chissà dove, dovesse essere
figlio loro
e
forse tutto il resto non ha importanza. Rimangono i miei sogni, i
miei fantasmi, il dolore lancinante a volte, molto
lancinante, ma
credo di essere una persona fortunata. Rimane il profumo di quella
terra incastonata fra le montagne e il mare , i tanti racconti e le
tante mancanze. Rimane
l'alito di vento di una presenza che non conosco e che spesso sento
vicino, una
sorta di legame invisibile che non si riesce a staccare.
Queste cose
le avevo scritte mesi fa, le avrei volute pubblicare in agosto. Ma
non era tempo. Avevo quasi accantonato, ma non mi piace accantonare.
Le mie ricerche per ora sono ferme. Ho tanti altri elementi che
potrei andare avanti a cercare tutta una vita. Elementi e non solo
parole, che per pudore e per rispetto non potevo e non posso
raccontare. Ora non ho voglia, non ho più voglia, di cercare
intendo. Troppo faticoso e mentalmente pericoloso. Ci
sono momenti in cui il cuore inizia a battere forte come quando
stanno per arrivare gli stati di ansia e di panico, ma riesco a
tenerli a bada perchè ho ben presente la fortuna della mia vita.
Ora
ho un cane, follemente innamorato di me, ho degli amici preziosi, ho
un lavoro che continua ad affascinarmi, non ho rapporti affettivo
sessuali di nessun genere, ma non è una mancanza, è una scelta. E
come ho detto qualche pagina fa : ho me. Non so se riuscirò a
mettere in scena queste pagine come avrei desiderato, chilossà, ma
dovessi farne uno spettacolo come concluderei?
Con un pezzo
lancinante da strapazzare il cuore tipo : lascia che io pianga? Nooo.
Dovessi concludere un eventuale spettacolo teatrale mi piacerebbe un
sorriso e un classico "mazurkone" romagnolo : "È
la mazurka di periferia scaccia pensieri tanta allegria. Con la
mazurka di periferia ti vien la voglia di fare l’amor." e mi
metterei a danzare. C'era una sorella di mia madre, sordomuta, cui
ero molto affezzionato, anche lei amava danzare, ma da sola. Il fatto
di sentire o non sentire la musica non la riguardava. Poi quando
nelle varie balere le facevano notare che la musica era terminata,
lei faceva il gesto dell'ombrello e continuava a danzare. Dovessi
terminare questo pezzo, a livello di scrittura o anche a livello
teatrale concluderei , dopo la mazurka ballata su di un tavolo, con
un grazie ai miei genitori, alla mia vita e a quel fratello gemello
che non ho mai incontrato, ma cui ho voluto e voglio bene. E un
grazie anche a chi ha "buttato" il proprio tempo per
ascoltare questa mia piccola storia. Grazie
No, non sono stato adottato - fine
No, non sono stato adottato - fine