martedì 27 settembre 2016

No, non sono stato adottato - ultima parte



Dicevo: la mia ricostruzione , dettata non solo da ipotesi, è che mia madre che prima aveva avuto una figlia, morta ad una settimana dalla nascita, poi sia rimasta ancora incinta. Un secondo figlio nato però morto. Oppure una gravidanza andata a male dopo qualche mese. Mi raccontava mia madre nei suoi momenti di confusione come la levatrice si fosse arrabbiata con mio padre, perchè sapeva che avrebbero dovuto andare subito in ospedale. Immagino e mi fa tenerezza il dolore di questi due ragazzi, allora di 23 anni, mia madre mi ha raccontato che mio padre ha iniziato a piangere in maniera disperata, non si riusciva a trattenerlo. Poi cosa sia successo non lo so , le ipotesi sono talmente tante che mi ci perdo. Mi ci sono perso.


Allora in quei tempi, non potere avere figli era considerato un handicap per una donna, adottare un bambino poteva rappresentare un momento di vergogna per l'intera famiglia, per cui succedeva che le cose venissero fatte di nascosto. In campagna, una levatrice e un medico in un triangolo neanche troppo vasto, possono fare molto. Non c'erano controlli, era sufficente portare in comune la carta della levatrice. Solo ipotesi e la testa che va per i fatti propri.

A volte ho l'impressione, parlando con diversi figli adottati, o genitori adottivi,che in fin dei conti non si sia mai completamente figli, o completamente genitori. " gli voglio bene come fosse mio figlio" - " voglio loro bene come fossero mio padre e mia madre"- . Mio padre,con cui non ho mai avuto buoni rapporti se non in età adulta, pochi giorni prima di morire mi aveva detto tenendomi le mani :" tu non sei figlio, sei molto di più" .
 

Mia madre ha sofferto molto , oltre le malattie le erano piombati tutti i lutti della sua vita e il tanto dolore con cui ha sempre convissuto. Ormai per lei non ero più un figlio. Negli ultimi mesi ero suo padre, sua madre, i suoi fratelli, ero l'angelo che la stava accompagnando, ero la sua ragione di vita ed ero il suo appoggio per il passaggio, ma non ero figlio. Pochi giorni prima di morire mi ha detto :" ti ho sempre voluto bene più della mia vita, se non c'eri tu sarei morta da tanto tempo, ma spesso mi sono chiesta cosa ho mai fatto nella mia vita per non avere mai avuto il diritto di avere anch'io un figlio mio". Il cuore frantumato. Per un attimo, solo un attimo, perchè comunque sono stato voluto bene. Come e più di un figlio.


Il ricordo cambia con gli anni, sono stati fatti diversi esperimenti a verifica di ciò. Con gli anni il ricordo si appanna, si appesantisce delle esperienze che nel frattempo hai maturato e cambia prospettiva o dimensione. Si è verificata la stessa cosa anche mettendo dei soggetti in ipnosi. Ho cercato di ricordare qualcosa, dei gesti, delle parole, dei fatti. Si ne ho trovati, però solo dopo i cinque anni di età, ma non posso affermare che siano esattamente tali. Ho sperato nel sonno, ma anche qua nulla di tangibile se non l'eco della ninna nanna di cui avevo già parlato. 
 

C'è un episodio, da anni lo ricordo in questa maniera, estate, avrò avuto sei, sette anni. Ero dagli zii, da parte di mio padre, quelli che abitavano un pò prima di Piavola. D'estate i miei lavoravano tanto e non mi volevano lasciare solo, così passavo le estati da qualche zio. Era mattina mi pare, c'era mia zia e le altre donne sedute sull'aia e arriva un giovanotto con dei tessuti in mano. Di solito i venditori ambulanti che andavano a cercare di fare affari nelle case dei contadini, d'estate poi, erano sudati, poveri quanto i contadini cui volevano vendere qualcosa, vestiti male e le scarpe come minimo impolverate. Questo giovanotto, a me sembrava alto, era elegante con pantaloni e giacca dello stesso colore, ben pettinato, educato , ai piedi aveva dei mocassini belli. Vendeva delle stoffe, le stoffe erano belle, ma lui non era convincente come venditore, su di una aveva buttato anche della benzina per fare vedere come la stoffa fosse ignifuga, un imbroglione insomma, ma bello e allegro. Mi è rimasto impresso perchè da sempre nei miei ricordi lui ha rappresentato la mia idea di bellezza maschile, ma soprattutto perchè non sembrava interessato a vendere le stoffe, non parlava neanche il dialetto, solo italiano. E continuava a fare domande su di me , chi delle donne fosse mia madre, quanti anni avevo. Tanta attenzione su di me, me ne ero innamorato e lo guardavo ebete e sarei voluto fuggire con lui. Così come un cagnetto bastardo, gli dai un sorriso e lui ti segue. Ricordo che nessuna delle donne aveva comprato qualcosa e poi avevano commentato un pò inquiete la presenza di "ma da dove è uscito quello lì?". 
 

Figlio o non figlio, a volte succede che una persona cresca e abbia addosso una continua voglia di fuga. Succede , può succere che una persona cresca e indipendentemente dal proprio aspetto fisico non si piaccia, si trovi perennemente inadeguato. Io faccio parte di questa schiera di persone, perennemente inadeguato al mondo e perennemente in fuga. Non ho mai abitato un posto per più di dieci anni, anche gli amori, quelli importanti, quelli che ti travolgono la vita, non sono mai durati più di tanto. Ne ho talmente paura che ora li evito. Mi raccontava mia madre, ma anche qua non so se in un momento di lucidità o in uno di quei momenti in cui i fantasmi le invadevano la mente, che aveva dovuto sottoscrivere un atto in cui si impegnava a non dirmi nulla prima dei 21 anni di età. Le ho chiesto, ma i miei 21 anni sono passati da tanto tempo. In effetti da quando ho compiuto 21 anni, sono successe talmente tante cose, spesso drammatiche nella vita mia e dei miei che come ha aggiunto mia madre :"non c'è stato tempo, non c'è stata possibilità, non c'è stata voglia e sono subentrate le dimenticanze". 
 

Sessanta anni e passa di età sono una vita, sei stato bambino, adolescente, sei diventato grande , avevi delle speranze e dei desideri, qualcuno l'hai realizzato, altri no. Il tempo corre veloce e ti ritrovi grande e sai che così veloci arriveranno forse altri anni, se ti va bene, comunque non troppi e la tua vita sarà irrimediabilmente conclusa. Forse varrebbe la pena pensare , io sono quello che la mia vita è stata e magari cercare di vivere al meglio , senza troppe ansie , quel poco o tanto che rimane. Un tramonto può essere bellissimo, anche se malinconico, uno non può bruciare questa bellezza, pensando a quando arriverà la notte o a cosa sarebbe successo se il tramonto fosse stato diverso.


Non ho mai amato il liscio, quello commerciale , attuale – una volta era diverso – e non ho mai amato neanche quello che ormai è diventato l'emblama di queste terre : Romagna mia. "sento la nostalgia del passato quando la mamma mia ho lasciato. Non ti potrò scordare casetta mia e in questa notte stellata io canto per te...." Ogni tanto qualche amico, per affetto o per prendermi in giro si mette a cantare questa canzone. Io vorrei sprofondare sotto un tavolo. Sono cresciuto con il liscio sia quello di prima sia quello commerciale poi. Finita la guerra, i ragazzi di allora avevano voglia di vivere, di ricostruire, nascevano le case del popolo, le balere. 
 

Non c'era niente altro nelle campagne – il cinema era solo in città.- e si aspettava il sabato sera per andare a ballare o giorni particolari per fare "il veglione", praticamente tutta la notte. Le sorelle erano accompagnate dai fratelli o dai genitori, chi abitava in collina scendeva scalzo, poi si puliva i piedi e si infilava le scarpe pulite, l 'unico paio di scarpe buone che avevano. Mio padre era un ottimo ballerino di valzer e manzurke , meglio di lui il fratello di mia madre. Sempre con l'adrenalina in corpo. Una volta lui e un suo amico non trovavano donne che ballassero con loro, allora sono saliti su di un tavolo ed hanno iniziato a danzare loro due. Mia madre non sapeva ballare, per lei bambina la guerra era stata terribile e aveva visto troppe cose che le hanno ferito il cuore per sempre e il ballo le sembrava una sciocchezza. Mio padre era come tanti ragazzi e ragazze di allora. Problemi si, ma poi ti metti a ballare e dimentichi tutto. Cantava e fischiava in continuazione, i tanghi più patetici , i più malinconici. "laggiù nell'Arizona, terre di miti e di chimere..." e mia madre urlava "basta". 
 

I miei ricordi sono i loro ricordi, i miei ricordi sono la vita che ho vissuto in una maniera piuttosto che un'altra. Fratelli o non fratelli, anche se li trovassi, saremmo solo degli estranei, forse neanche loro hanno voglia di cercare o trovare. Forse neanche sanno. A questa età non è un fratello che si va a cercare, è una idea e l'idea quando si concretizza non è mai come la immaginavi. Però questa idea continua a tormentarmi.


Sogno tanto, quando dormo, quando sono sveglio, ho anche le visioni spesso e vedo pure qualche volta i fantasmi che io chiamo i mei fantasmi barboni. Perchè in genere hanno le sembianze di un barbone. Diverse notti, prima di andare a letto immaginavo, "vedevo", l'incontro con questi miei ipotetici fratelli. Dentro una casa, ma non sono mai riuscito a "vederla". Eravamo in cucina, una cucina grande, contadina, con una porta e tre scalini che portavano ad un'altra stanza. Vicino al tavolo c'erano tre persone che sedevano, si alzavano, parlavano. Seduti su di un muretto io e un altro che parlava una lingua straniera. Ogni tanto gli davo un calcio ed inziavamo a ridere. Oppure mi vedevo, solo con questo uomo, immersi in una grande vasca di acqua, vicini, senza parole, sempre senza parole. Ogni tanto uno dei due appoggiava il braccio sulla spalla dell'altro. Solo un attimo e con discrezione. Una grande vasca di acqua.


Ho letto un libro, non ricordo il nome o l'autore, la storia di due gemelli. Spesso in fuga per costruirsi una propria vita, ma incapaci di stare senza l'altro. Fin da piccoli avevano dormito in un unico letto matrimoniale, sempre vicini senza mai toccarsi e da vecchi, il materasso matrimoniale era praticamente affondato ai lati con una sorta di collina in mezzo. Avevo letto una bella lettera che un signore aveva dedicato al gemello appena morto. Cresciuti sempre assieme, sempre assieme nella stanza da letto, due letti separati , ma vicini. Quando erano diventati grandi avevano comprato una casa assieme, con tante stanze, ma avevano scelto di dormire nella stessa stanza, due letti separati, ma vicini. Questa era la vita che da piccolo immaginavo dovesse essere la mia, magari un pochino più separati e non così appiccicati, ma pur sempre vicini. 
 

Ritorno spesso in Romagna, è un legame che se anche occorre andare oltre non riesco e non voglio spezzare. Da Piavola , dopo un salto al cimitero per un saluto ai miei e ai loro parenti, vado verso ovest, verso la toscana. Subito dopo Piavola una zona non bella, proprio mi è è ostica e si chiama San Romano, ma poi c'é Linaro, borghetto medievale aggrappato ad una rupe , giusto quattro case e di qua inzia il paesaggio meraviglioso, chilometri di boschi e di foreste incontaminate. Per un certo periodo avevo pensato di abbandonare tutto e di trasferirmi , magari più su , più vicino alla toscana, ma la vita è quella che vivi e non puoi cancellare il tuo presente in funzione di un ricordo o di un rimpianto. 

I miei genitori avevano 23 anni, erano molto belli e la vita è stata dura con loro, poi hanno deciso, più mia madre che mio padre, che quel bambino grosso, con gli occhi a mandorla, arrivato da chissà dove, dovesse essere figlio loro e forse tutto il resto non ha importanza. Rimangono i miei sogni, i miei fantasmi, il dolore lancinante a volte, molto lancinante, ma credo di essere una persona fortunata. Rimane il profumo di quella terra incastonata fra le montagne e il mare , i tanti racconti e le tante mancanze. Rimane l'alito di vento di una presenza che non conosco e che spesso sento vicino, una sorta di legame invisibile che non si riesce a staccare.

Queste cose le avevo scritte mesi fa, le avrei volute pubblicare in agosto. Ma non era tempo. Avevo quasi accantonato, ma non mi piace accantonare. Le mie ricerche per ora sono ferme. Ho tanti altri elementi che potrei andare avanti a cercare tutta una vita. Elementi e non solo parole, che per pudore e per rispetto non potevo e non posso raccontare. Ora non ho voglia, non ho più voglia, di cercare intendo. Troppo faticoso e mentalmente pericoloso. Ci sono momenti in cui il cuore inizia a battere forte come quando stanno per arrivare gli stati di ansia e di panico, ma riesco a tenerli a bada perchè ho ben presente la fortuna della mia vita. 

Ora ho un cane, follemente innamorato di me, ho degli amici preziosi, ho un lavoro che continua ad affascinarmi, non ho rapporti affettivo sessuali di nessun genere, ma non è una mancanza, è una scelta. E come ho detto qualche pagina fa : ho me. Non so se riuscirò a mettere in scena queste pagine come avrei desiderato, chilossà, ma dovessi farne uno spettacolo come concluderei?

Con un pezzo lancinante da strapazzare il cuore tipo : lascia che io pianga? Nooo. Dovessi concludere un eventuale spettacolo teatrale mi piacerebbe un sorriso e un classico "mazurkone" romagnolo : "È la mazurka di periferia scaccia pensieri tanta allegria. Con la mazurka di periferia ti vien la voglia di fare l’amor." e mi metterei a danzare. C'era una sorella di mia madre, sordomuta, cui ero molto affezzionato, anche lei amava danzare, ma da sola. Il fatto di sentire o non sentire la musica non la riguardava. Poi quando nelle varie balere le facevano notare che la musica era terminata, lei faceva il gesto dell'ombrello e continuava a danzare. Dovessi terminare questo pezzo, a livello di scrittura o anche a livello teatrale concluderei , dopo la mazurka ballata su di un tavolo, con un grazie ai miei genitori, alla mia vita e a quel fratello gemello che non ho mai incontrato, ma cui ho voluto e voglio bene. E un grazie anche a chi ha "buttato" il proprio tempo per ascoltare questa mia piccola storia. Grazie

No, non sono stato adottato - fine

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