martedì 27 ottobre 2015

la nebbia, i melograni, gli asini e l'orgoglio

La nebbia, le foglie che cadono, i cachi, le castagne e i melograni. E' arrivato l'autunno, stamattina proprio freddino. In questi giorni io e Marco abbiamo preso delle decisioni importanti che è poi quello che io chiedevo da anni. Ora iniziamo il giro delle amministrazioni con cui siamo in contatto :” no questo inverno non organizziamo nulla”. Marco è stato bravo, ha pubblicato quello che era il nostro manifesto “politico” di quando abbiamo iniziato. Io qui, dato che parlo per me, sono meno poetico e diplomatico. Da anni non mi andava bene che il lavoro di organizzazione avesse preso il posto anche del nostro lavoro artistico. Certo rischiamo grosso, ma rischiare fa parte della nostra vita e quelle volte che abbiamo rischiato e abbandonato la via sicura, abbiamo prodotto i nostri lavori più importanti. 

Da parte mia c'è anche un'altra forte motivazione. Il teatro, la cultura spesso sono solo un prodotto di scambio o di convenienza, l'anima che tu ci metti , no. In questi anni ho conosciuto tantissimi politici, amministrazioni crollare e altre nuove . Fa parte del gioco della democrazia. Il teatro, l'organizzazione poi , ha a che fare con la politica e i politici. Ne ho conosciuti tanti in gamba, tanto di rispetto e di cappello, ma ne ho conosciuto anche altri piccoli piccoli, rinchiusi nel loro egocentrismo e nei giochini della ridistribuzione dei poteri. E non è una questione di partiti, ma di persone. E arriva il momento che hai bisogno di disintossicarti. 
Ad agosto e settembre ho girato in lungo e in largo le colline e le montagne romagnole delle mie origini, avevo voglia di vendere la casa dei miei e comprarmi una casa in quei posti. Case ne ho viste, belle, di sasso, isolate dal mondo con tanti ettari di terreno. Poi tante cose e alla fine invece ho deciso di rimandare perché ancora la mia vita è qua. I miei amici, la gente cui voglio bene, qua ci sono quelle che io chiamo le mie radici aeree. Non è ancora tempo di chiudermi al mondo per fare il contadino. Sognare è lecito e sognare sogno tanto. Una casa di sasso in cima ad una collina con da una parte la veduta sui monti e da quell'altra sul mare. Un campo di erica, uno di lavanda, un giardino incolto e selvaggio, tante piante di rose e ogni tipo di albero da frutto e chiaramente un orto. Tutto bellissimo, tutto possibile, tutto bello da sognare, ma non è ancora il tempo. Il mio tempo e il mio corpo sono ancora il teatro. Intanto stiamo smantellando la nostra sede e fortuna che riusciamo a non buttare le nostre cose, ma a regalarle ad una associazione di persone che stimiamo molto. Fine novembre, massimo dicembre saremo da qualche altra parte. Qua a Romanengo lasciamo degli amici, lasciamo dei ricordi, ma in realtà le cose immateriali non si lasciano, rimangono. Ho voglia ancora di utopie, ho voglia di lottare, ho voglia di sognare e di agire in grande. Ho voglia di follia, quella che ha sempre caratterizzato la mia vita. Un bambino buttato da una famiglia e raccolto da un'altra. Un bambino grosso, scuro, con la faccia da straniero, un bambino che si sentiva sempre in debito con il mondo e desiderava sempre fuggire. Un bambino che è cresciuto che si sente ancora in debito con tutti e che desidera ancora fuggire. Un bambino che è cresciuto, è diventato uomo e ora sta diventando vecchio, ma che continua ad avere la fortuna di tanti che gli vogliono bene. Orgoglioso della mia testa, del mio cuore, di questo mio aspetto da straniero , orgoglioso di quello che faccio e pure orgoglioso del mio viziato, adrenalinico, complicato bellissimo cane.