L'aria veloce del nord -
Non sto a seguire una logica
spazio-temporale, l'unica logica che intendo seguire è quella del
cuore e della bellezza che anche se non è tale , tale diventa nel
racconto e nei ricordi fino a trasformarsi in qualcosa di mistico
Ho conosciuto diversi reali
viaggiatori, non giornalisti che vanno, risedono in un albergo di
lusso e di lì commentano il mondo, gente che vive il viaggio come
avventura, bisogno e conoscenza e appacificazione delle proprie
inquietudini.
Un viaggio è anche la non
voglia di chiudersi in casa, anche una vacanza è comunque un
viaggio. Nei giorni di sole o di ferie o d'estate, le grandi strade
che portano al mare, ai laghi o in montagna sono piene, a volte code
mostruose. Magari cinque e passa ore di macchina per andare a
sdraiarsi o a mangiare da qualche parte e di nuvo ancora cinque ore e
passa per il ritorno. I luoghi del cuore sono quelli che tu vedi e
dici "qua potrei abitarci", sono dei paesaggi, sono le
persone che li abitano. Ma sono anche quelli visitati lo spazio di
un attimo in cui qualcosa - può essere il volo di un uccello, un
monumento, un fiore, un albero, un sorriso , una cascata- ti cattura
l'anima.
Non sto a seguire una logica
spazio-temporale, l'unica logica che intendo seguire è quella del
cuore e della bellezza che anche se non è tale , tale diventa nel
racconto e nei ricordi fino a trasformarsi in qualcosa di mistico
L'america, la beat generation,
il cinema. Il mito americano. Conosco tante persone che sono state
diverse volte in America, intendo U.S.A. , ritornano e sanno tutto.
Eppure , forse neanche gli americani la conoscono fino in fondo.
Tanti stati, tutto enorme, tante culture diverse che a volte si
incrociano a volte no. Il mito dell'america, però è indubbio che
noi, vecchio continente , ci sentiamo un pochino superiori. Io non
conosco l'America e non ho mai avuto il mito dell'america. U.S.A.
per intendenderci. Del grand Canyon, della valle della morte del
coast to coast, Miami, New York, preferisco dalle cascate del Niagara
in su o giù dopo San Francisco verso l'America Latina. Comunque mi è
capitata una occasione e dico, parto, vado a san Francisco. Il
viaggio di andata, mi sono trovato intrappolato in mezzo ad un russo
enorme che continuava a ridere, a cercare di parlare con me e a
mangiare cioccolatini. Dall'altra parte una signora altrettanto
grossa che aveva paura. Spiaccicato in mezzo a loro, senza
possibilità di movimento. Sceso dall'aereo non riuscivo a capire
dove dovevo andare per le valige neanche dove era l'uscita, fortuna
l'aereoporto è pieno di persone latino-americane , ci siamo capiti e
mi hanno dato una mano ad uscire dal labirinto. Ho alloggiato, non a
San Francisco, ma in una cittadina, molto middle class e sempre sul
golfo.
Le case belle con il prato bellino. Come nei film. Forse era
un pochino più che middle class. Per strada donne e uomini molto
belli, magri sempre eleganti, anche nella tenuta da corsa mattutina
con classico bicchierone di caffè in mano. E sempre dappertutto un
fortissimo profumo di spezie usate per i dolci. Per fortuna o
purtroppo ero ospite di amici che mi ritenevano troppo piccolino per
la grande città e dovevo essere protetto. Sono stati splendidi e
abbiamo girato tanto, però a volte mi mancava l'aria, anche perchè
per entrare in quel complesso in cui abitavano c'era una sbarra con
tanto di guardia armata, mentre dietro erano protetti da una intera
foresta di alloro dall'odore fortissimo pungente narcotizzante. E
ogni volta che mi dicevo faccio quattro passi da solo, o finivo
all'interno della foresta o andavo a sbattere contro la faccia della
guardia. Fortuna giù sotto la collinetta un ristorante messicano che
assomigliava ad una delle nostre vecchie osterie e un panettiere con
dolci dal profumo pungente. Non ho visto molto di San Francisco
perchè abitando lì, i miei ospiti davano per scontate e noioso
certe cose e preferivano mostrarmi altro. La cittadina estensione di
San Francisco era Sausalito e le due ore mattutine che i miei ospiti
dedicavano al nuoto e alla corsa, io le dedicavo a camminare
all'interno di queste strade così perfette da sembrare finte. Poi in
macchina attraverso il golden gate o gli altri ponti o anche in
battello. E' un'altra natura un altro paesaggio. Ho visto le strade
su e giù, il municipio, una biblioteca fantastica ed esagerata, il
teatro. Un giorno ero appena uscito dalla biblioteca e due poliziotti
avevano fermato un ragazzo nero. Con brutalità l'avevano sbattuto
contro la macchina, gambe larghe, perquisizione, manette. Esattamente
come nei film. Pochi secondi e tanta brutalità mi avevano scosso.
Volevo fermarmi a Castro, uno va a san Francisco , non va a bere
qualcosa in un bar di Castro? No,
i miei amici erano convinti che avrei accalappiato qualcuno e sarei
scomparso, Però ho
visto dall'esterno le ville di tanti divi cinematografici e alcune
ville di proprietà dei parenti dei miei ospiti, noleggiate spesso
come set cinematografico. Quello che vedevo , compresa un'isola
giapponese con tanto di cerimonia del thè, era una san Francisco
bella, pulita o folkloristica, comunque da film. Poi abbiamo iniziato
ad inoltrarci lungo diversi parchi nazionali. Una bella sorpresa,
paghi il biglietto, tutto perfetto, tutto pulito. Andando giù verso
la baya di Monterey
c'era un parco usato perloppiù per le camminate
o corse da americano tipico giovane e benestante. Solo che questo
parco era abitato da coyotes
e ogni tanto qualcuno rincorreva atleti solitari per addentargli le
chiappe. Sotto il golden Gate avevo già visto le foche o leoni
marini non so cosa fossero, invece i coyotes
non sono riuscito a vederli. Sempre andando giù verso la baia di
Monterey , non so esattamente dove siamo arrivati, un posto di tale
bellezza da stordirti. Anche qua, lasciata la macchina al parcheggio,
si pagava un biglietto di entrata e sono finito in una spiaggia di
sabbia e scogli sull'oceano. Era fine agosto, la temperatura era
mite, quasi fredda e mi sono ritrovato in quell'america assoluta che
desideravo conoscere – dicevo scendendo lungo la costa, ad un certo
punto ci siamo fermati ad un bar. Non avevo fame non avevo sete, non
sono entrato. C'era un'altra macchina parcheggiata e di fianco
alcuni surfisti, esattamente come quelli da stereotipo. Belli, petto
nudo, capelli incollati dalla salsedine, non pulitissimi, sorriso da
trecento denti bianchissimi. Hanno visto che fumavo, mi hanno chiesto
una sigaretta, ci siamo messi a parlare e mi sono seduto di fianco al
macchinone, con loro. In quel momento sono usciti i miei amici e mi
hanno prelevato e caricato in macchina. Un giorno dovevano andare a
Berkeley. Berkeley, quella dell'univrsità, proprio quella? si.
Strade polverose, sporcizia trascinata dal vento, delusione immensa,
però poi la grande sorpresa. Siamo entrati in un capannone, uno
studio per scenografia per video e film. C'erano i plastici e i
modellini di tante scene di film o video che avevo visto, compresi
alcuni video di Micael Jackson. Il proprietario e direttore un omone
olandese altissimo. Tutti gentilissimi, tutti a spiegarmi chi cosa.
Fuori caldo, vento e una città diversa da come l'avevo sempre
immaginata. Molte case a San Francisco non hanno la struttura in
cemento armato, ma in legno per meglio supportare i terremoti e per
essere meglio demolite quando diventano troppo vecchie. Tante volte
mi è successo di sentire diverse scosse di terremoto, qua in Italia
intendo, cosine piccole tuttosommato. Ma una vera scossa , in realtà
tante, mi hanno detto pochi minuti, per me una eternità, le ho
sentite una notte, così forti da farmi cadere dal letto. Come se un
gigante avesse alzato la casa e poi l'avesse ributtata al suo posto.
Ripetutamente. Scosse talmente forti che l'avevano detto anche nei
notiziari qua in italia. Quando c'è la paura, non sono uomo del
dubbio, fuggo. Infatti la mattina dopo, sarei dovuto rimanere ancora
tre giorni, ho salutato i miei amici che continuavano a non capire e
sono andato in aereoporto. Ho aspettato che si liberasse un posto in
un qualche aereo, ho pagato la penale per il cambio prenotazione e
dopo diverse ore un posto libero siamo riusciti a trovarlo.
Non sto a seguire una logica
spazio-temporale, l'unica logica che intendo seguire è quella del
cuore e della bellezza che anche se non è tale , tale diventa nel
racconto e nei ricordi fino a trasformarsi in qualcosa di mistico
Salonicco è una città che
non ho amato. Tante concause per cui per la prima volta, credo anche
l'unica, mi sono comportato come da stereotipo di italiano lamentoso
che non gli va bene nulla e non vede l'ora di tornare a casa. Eppure
Salonicco, vecchia Tessalonica, ha una storia importante alle spalle,
diverse culture e diversi popoli che si incrociano. Monumenti
maestosi come le basiliche ortodosse, le vecchie mura e la torre
bianca. E da italiano noioso continuavo a fare paragoni con le nostre
città. Il viaggio di andata era stato terribile, per me che un
pochino di mal d'aereo ce l'ho sempre, così come il mal di mare
quando devo prendere un traghetto. Quel giorno causa forti
perturbazioni, non riuscivo più a capire se ero su di un aereo o su
di una nave. Atterraggio decisamente brusco e da paura così come mi
era successo qualche tempo prima a Reggio Calabria. Scendo dall'aereo
di malumore , poi il taxista continuava a ripetere "italiani
stessa faccia stessa razza" , poi l'albergo un palazzone a
ridosso di vicoli stretti, maleodoranti , talmente stretti da non
fare filtrare il sole. Le sere non ancora estive, erano già calde e
tantissima gente in giro. Io cammino e mi perdo a guardare, qua no,
ognuno ha il proprio percorso e non si sposta, per cui spesso mi è
successo di essere spintonato o sgomitato da qualcuno. I miei
amici, grandi frequentatori delle isole greche mi hanno sempre
decantato meraviglie, io era la prima volta che andavo in Grecia, ero
partito pensando che mi sarebbe piaciuto ballare il sirtaki sulla
spiaggia , ma non ho
trovato Anthony Quinn.
Sono stato diverse volte in
Slovenia. Fai file interminabili nei dintorni di Venezia che c'è
sempre intasamento, arrivi a Trieste e finalmente il confine. Da
Trieste in poi hai attraversato zone belle, ma trasandate,
mercificate, cappannoni e oltre il confine, improvvisamente, tutto
diverso. Tutto più selvatico, tutto più verde, tutto più curato,
anche i fiumi con colori diversi.
Lubiana ti strappa il cuore
per la bellezza che lì sembra di casa. Non erano molti anni che la
Jugoslavia si era sciolta ed erano finite le guerre e i
bombardamenti. Non erano neanche troppi anni, ancora ai tempi di Tito
che da noi ogni tanto si prendeva "radio capodistria".
Lubiana con le case barocche o art nouveau, le strade grandi, pulite.
Il fiume e ponti che avevano bombardato: Ora non so, ma allora non
c'era ricchezza, non c'era nulla di ostentato. Tutto con grande
dignità. I camerieri al bar, il mercatino con gli oggetti più
astrusi. Le vecchiette sedute di fianco ad un ponte per vendere
improbabili mazzetti di fiori. Non c'è ostilità , non c'è
amicizia. In giro si vedeva perloppiù gente giovane, sui pattini a
rotelle, in bicicletta, a piedi, belli,sorridenti, mai rumorosi. Per
me rimane una città misteriosa, una bella donna che non riesci ad
avvicinare. Ti affascina e ti mette soggezzione. Anche i rapporti di
lavoro, cordiali rapporti di lavoro. Stop. Che tu sia italiano,
simpatico, antipatico, cordiali rapporti di lavoro, stop. Spesso
pranzavamo in un ristorantino di pesce fritto con le finestre quasi a
livello del fiume. Di Lubiana, di tutta la grande bellezza della
città e delle persone mi è rimasta nel cuore l'immagine di queste
vecchiette. Povere, ma non chiedevano la carità. Cercavano di
vendere dei mazzettini di fiori ripescati magari in un cassonetto di
qualche negozio. Due volte sono stato a Lubiana e due volte le stesse
belle impressioni. Due volte anche a Bovec, a nord ovest, quasi ai
confini con l'italia. Un paesone turistico con tanti sport diffusi
fra cui d'estate il rafting. La prima volta in un albergo anonimo, un
pò da lusso. Per turisti occidentali. Di fianco ad una strada con
ristoranti che spendevi quanto da noi due capuccini e due brioches.
La seconda volta ho alloggiato in un alberghetto per turismo interno.
Si diverso. Di fianco scorreva l'Isonzo, gelido, pulitissimo. C'erano
le persone a prendere il sole e facevano il bagno. L'acqua era
gelida, per me è stato impossibile bagnarmi oltre i piedi. Poi la
fortezza di Kluze e i vari sentieri della prima guerra mondiale. Su
in cima alla fortezza di Kluze, aria fredda e vento impetuoso, mi
sembrava di essere io quel vento e quella natura dai colori
fortissimi, quelle rapide impressionanti e per la prima volta mi sono
sentito una piccola parte del mondo. Per un attimo non pensi alle
guerre non troppo lontane, non pensi ai sentieri ora chiamati della
pace, per un attimo i tuoi pensieri sono trascinati dal vento e vedi
e senti solo la bellezza. Al ritorno mi sono sempre fermato in un
supermercato, su in montagna e abituato al nostro surplus, rimanevo
sbigotto, non c'era praticamente nulla, solo il minimo essenziale. E
la gente riusciva a vivere con questo minimo essenziale.
Quando una persona invecchia,
spesso inizia ad avere visioni di mondi lontani e spesso non sta
bene nel proprio corpo e vorrebbe tornare a casa. Forse non è una
questione di vecchiaia, forse quel bisogno di mondi lontanissimi e di
andare a casa ce l'abbiamo , fin dalla nascita, nel nostro sangue ,
nel dna. Poi, probabilmente a livello culturale , abbiamo imparato a
canalizzare le nostre inquietudini. Non volevo raccontare di viaggi,
neanche dei posti del cuore, ne avrei tanti altri già visitati e
ancora da visitare e da vivere. E poi tanti i reali viaggiatori alla
scoperta delle tante anime. Volevo raccontare di piccole sensazioni
e lo stupore verso cose o persone sconosciute. Una volta un signore
, uno che non si è mai spostato dal proprio paese e che giudica
stranieri tutti quelli che abitano fuori dal proprio cortile, mi ha
confidato che gli mancavano la mie esperienze di viaggio. Una
signora, sua amica, l'ha zittito "perchè non stai bene qua?"
dipende dai punti di vista.
Io volevo volevo raccontare
l'aria e le nuvole che scorrono veloci oltre i nostri orizzonti.
Volevo raccontare
quell'aria che a volte
disperde, a volte riunifica, a volte raccoglie i pensieri e volevo
raccontare il profumo e la solitudine degli sguardi e dei sorrisi .
L'aria del nord, quella
fresca, a volte gelida che scorre veloce e ti fa respirare il cuore
L'aria veloce del nord - fine