mercoledì 29 giugno 2016

L'aria veloce del nord - ultima parte

Dicevo tre puntate fa, qua ho riportato la riduzione teatrale di un racconto un pochino più ampio. sabato 2 luglio ad Ostiano, interprete Marco Zappalaglio, presenteremo il primo studio per uno spettacolo che realizzeremo nel prossimo inverno. Dopo questa fase a puntate, riprenderò il blog con il mio sciocchezzaio quotidiano per raccontare la vita che scorre

L'aria veloce del nord - 
 
Non sto a seguire una logica spazio-temporale, l'unica logica che intendo seguire è quella del cuore e della bellezza che anche se non è tale , tale diventa nel racconto e nei ricordi fino a trasformarsi in qualcosa di mistico

Ho conosciuto diversi reali viaggiatori, non giornalisti che vanno, risedono in un albergo di lusso e di lì commentano il mondo, gente che vive il viaggio come avventura, bisogno e conoscenza e appacificazione delle proprie inquietudini.

Un viaggio è anche la non voglia di chiudersi in casa, anche una vacanza è comunque un viaggio. Nei giorni di sole o di ferie o d'estate, le grandi strade che portano al mare, ai laghi o in montagna sono piene, a volte code mostruose. Magari cinque e passa ore di macchina per andare a sdraiarsi o a mangiare da qualche parte e di nuvo ancora cinque ore e passa per il ritorno. I luoghi del cuore sono quelli che tu vedi e dici "qua potrei abitarci", sono dei paesaggi, sono le persone che li abitano. Ma sono anche quelli visitati lo spazio di un attimo in cui qualcosa - può essere il volo di un uccello, un monumento, un fiore, un albero, un sorriso , una cascata- ti cattura l'anima.


Non sto a seguire una logica spazio-temporale, l'unica logica che intendo seguire è quella del cuore e della bellezza che anche se non è tale , tale diventa nel racconto e nei ricordi fino a trasformarsi in qualcosa di mistico

L'america, la beat generation, il cinema. Il mito americano. Conosco tante persone che sono state diverse volte in America, intendo U.S.A. , ritornano e sanno tutto. Eppure , forse neanche gli americani la conoscono fino in fondo. Tanti stati, tutto enorme, tante culture diverse che a volte si incrociano a volte no. Il mito dell'america, però è indubbio che noi, vecchio continente , ci sentiamo un pochino superiori. Io non conosco l'America e non ho mai avuto il mito dell'america. U.S.A. per intendenderci. Del grand Canyon, della valle della morte del coast to coast, Miami, New York, preferisco dalle cascate del Niagara in su o giù dopo San Francisco verso l'America Latina. Comunque mi è capitata una occasione e dico, parto, vado a san Francisco. Il viaggio di andata, mi sono trovato intrappolato in mezzo ad un russo enorme che continuava a ridere, a cercare di parlare con me e a mangiare cioccolatini. Dall'altra parte una signora altrettanto grossa che aveva paura. Spiaccicato in mezzo a loro, senza possibilità di movimento. Sceso dall'aereo non riuscivo a capire dove dovevo andare per le valige neanche dove era l'uscita, fortuna l'aereoporto è pieno di persone latino-americane , ci siamo capiti e mi hanno dato una mano ad uscire dal labirinto. Ho alloggiato, non a San Francisco, ma in una cittadina, molto middle class e sempre sul
golfo. 

Le case belle con il prato bellino. Come nei film. Forse era un pochino più che middle class. Per strada donne e uomini molto belli, magri sempre eleganti, anche nella tenuta da corsa mattutina con classico bicchierone di caffè in mano. E sempre dappertutto un fortissimo profumo di spezie usate per i dolci. Per fortuna o purtroppo ero ospite di amici che mi ritenevano troppo piccolino per la grande città e dovevo essere protetto. Sono stati splendidi e abbiamo girato tanto, però a volte mi mancava l'aria, anche perchè per entrare in quel complesso in cui abitavano c'era una sbarra con tanto di guardia armata, mentre dietro erano protetti da una intera foresta di alloro dall'odore fortissimo pungente narcotizzante. E ogni volta che mi dicevo faccio quattro passi da solo, o finivo all'interno della foresta o andavo a sbattere contro la faccia della guardia. Fortuna giù sotto la collinetta un ristorante messicano che assomigliava ad una delle nostre vecchie osterie e un panettiere con dolci dal profumo pungente. Non ho visto molto di San Francisco perchè abitando lì, i miei ospiti davano per scontate e noioso certe cose e preferivano mostrarmi altro. La cittadina estensione di San Francisco era Sausalito e le due ore mattutine che i miei ospiti dedicavano al nuoto e alla corsa, io le dedicavo a camminare all'interno di queste strade così perfette da sembrare finte. Poi in macchina attraverso il golden gate o gli altri ponti o anche in battello. E' un'altra natura un altro paesaggio. Ho visto le strade su e giù, il municipio, una biblioteca fantastica ed esagerata, il teatro. Un giorno ero appena uscito dalla biblioteca e due poliziotti avevano fermato un ragazzo nero. Con brutalità l'avevano sbattuto contro la macchina, gambe larghe, perquisizione, manette. Esattamente come nei film. Pochi secondi e tanta brutalità mi avevano scosso. Volevo fermarmi a Castro, uno va a san Francisco , non va a bere qualcosa in un bar di Castro? No, i miei amici erano convinti che avrei accalappiato qualcuno e sarei scomparso, Però ho visto dall'esterno le ville di tanti divi cinematografici e alcune ville di proprietà dei parenti dei miei ospiti, noleggiate spesso come set cinematografico. Quello che vedevo , compresa un'isola giapponese con tanto di cerimonia del thè, era una san Francisco bella, pulita o folkloristica, comunque da film. Poi abbiamo iniziato ad inoltrarci lungo diversi parchi nazionali. Una bella sorpresa, paghi il biglietto, tutto perfetto, tutto pulito. Andando giù verso la baya di Monterey
c'era un parco usato perloppiù per le camminate o corse da americano tipico giovane e benestante. Solo che questo parco era abitato da coyotes e ogni tanto qualcuno rincorreva atleti solitari per addentargli le chiappe. Sotto il golden Gate avevo già visto le foche o leoni marini non so cosa fossero, invece i coyotes non sono riuscito a vederli. Sempre andando giù verso la baia di Monterey , non so esattamente dove siamo arrivati, un posto di tale bellezza da stordirti. Anche qua, lasciata la macchina al parcheggio, si pagava un biglietto di entrata e sono finito in una spiaggia di sabbia e scogli sull'oceano. Era fine agosto, la temperatura era mite, quasi fredda e mi sono ritrovato in quell'america assoluta che desideravo conoscere – dicevo scendendo lungo la costa, ad un certo punto ci siamo fermati ad un bar. Non avevo fame non avevo sete, non sono entrato. C'era un'altra macchina parcheggiata e di fianco alcuni surfisti, esattamente come quelli da stereotipo. Belli, petto nudo, capelli incollati dalla salsedine, non pulitissimi, sorriso da trecento denti bianchissimi. Hanno visto che fumavo, mi hanno chiesto una sigaretta, ci siamo messi a parlare e mi sono seduto di fianco al macchinone, con loro. In quel momento sono usciti i miei amici e mi hanno prelevato e caricato in macchina. Un giorno dovevano andare a Berkeley. Berkeley, quella dell'univrsità, proprio quella? si. Strade polverose, sporcizia trascinata dal vento, delusione immensa, però poi la grande sorpresa. Siamo entrati in un capannone, uno studio per scenografia per video e film. C'erano i plastici e i modellini di tante scene di film o video che avevo visto, compresi alcuni video di Micael Jackson. Il proprietario e direttore un omone olandese altissimo. Tutti gentilissimi, tutti a spiegarmi chi cosa. Fuori caldo, vento e una città diversa da come l'avevo sempre immaginata. Molte case a San Francisco non hanno la struttura in cemento armato, ma in legno per meglio supportare i terremoti e per essere meglio demolite quando diventano troppo vecchie. Tante volte mi è successo di sentire diverse scosse di terremoto, qua in Italia intendo, cosine piccole tuttosommato. Ma una vera scossa , in realtà tante, mi hanno detto pochi minuti, per me una eternità, le ho sentite una notte, così forti da farmi cadere dal letto. Come se un gigante avesse alzato la casa e poi l'avesse ributtata al suo posto. Ripetutamente. Scosse talmente forti che l'avevano detto anche nei notiziari qua in italia. Quando c'è la paura, non sono uomo del dubbio, fuggo. Infatti la mattina dopo, sarei dovuto rimanere ancora tre giorni, ho salutato i miei amici che continuavano a non capire e sono andato in aereoporto. Ho aspettato che si liberasse un posto in un qualche aereo, ho pagato la penale per il cambio prenotazione e dopo diverse ore un posto libero siamo riusciti a trovarlo.

Non sto a seguire una logica spazio-temporale, l'unica logica che intendo seguire è quella del cuore e della bellezza che anche se non è tale , tale diventa nel racconto e nei ricordi fino a trasformarsi in qualcosa di mistico

Salonicco è una città che non ho amato. Tante concause per cui per la prima volta, credo anche l'unica, mi sono comportato come da stereotipo di italiano lamentoso che non gli va bene nulla e non vede l'ora di tornare a casa. Eppure Salonicco, vecchia Tessalonica, ha una storia importante alle spalle, diverse culture e diversi popoli che si incrociano. Monumenti maestosi come le basiliche ortodosse, le vecchie mura e la torre bianca. E da italiano noioso continuavo a fare paragoni con le nostre città. Il viaggio di andata era stato terribile, per me che un pochino di mal d'aereo ce l'ho sempre, così come il mal di mare quando devo prendere un traghetto. Quel giorno causa forti perturbazioni, non riuscivo più a capire se ero su di un aereo o su di una nave. Atterraggio decisamente brusco e da paura così come mi era successo qualche tempo prima a Reggio Calabria. Scendo dall'aereo di malumore , poi il taxista continuava a ripetere "italiani stessa faccia stessa razza" , poi l'albergo un palazzone a ridosso di vicoli stretti, maleodoranti , talmente stretti da non fare filtrare il sole. Le sere non ancora estive, erano già calde e tantissima gente in giro. Io cammino e mi perdo a guardare, qua no, ognuno ha il proprio percorso e non si sposta, per cui spesso mi è successo di essere spintonato o sgomitato da qualcuno. I miei amici, grandi frequentatori delle isole greche mi hanno sempre decantato meraviglie, io era la prima volta che andavo in Grecia, ero partito pensando che mi sarebbe piaciuto ballare il sirtaki sulla spiaggia , ma non ho trovato Anthony Quinn.


Sono stato diverse volte in Slovenia. Fai file interminabili nei dintorni di Venezia che c'è sempre intasamento, arrivi a Trieste e finalmente il confine. Da Trieste in poi hai attraversato zone belle, ma trasandate, mercificate, cappannoni e oltre il confine, improvvisamente, tutto diverso. Tutto più selvatico, tutto più verde, tutto più curato, anche i fiumi con colori diversi.
Lubiana ti strappa il cuore per la bellezza che lì sembra di casa. Non erano molti anni che la Jugoslavia si era sciolta ed erano finite le guerre e i bombardamenti. Non erano neanche troppi anni, ancora ai tempi di Tito che da noi ogni tanto si prendeva "radio capodistria". Lubiana con le case barocche o art nouveau, le strade grandi, pulite. Il fiume e ponti che avevano bombardato: Ora non so, ma allora non c'era ricchezza, non c'era nulla di ostentato. Tutto con grande dignità. I camerieri al bar, il mercatino con gli oggetti più astrusi. Le vecchiette sedute di fianco ad un ponte per vendere improbabili mazzetti di fiori. Non c'è ostilità , non c'è amicizia. In giro si vedeva perloppiù gente giovane, sui pattini a rotelle, in bicicletta, a piedi, belli,sorridenti, mai rumorosi. Per me rimane una città misteriosa, una bella donna che non riesci ad avvicinare. Ti affascina e ti mette soggezzione. Anche i rapporti di lavoro, cordiali rapporti di lavoro. Stop. Che tu sia italiano, simpatico, antipatico, cordiali rapporti di lavoro, stop. Spesso pranzavamo in un ristorantino di pesce fritto con le finestre quasi a livello del fiume. Di Lubiana, di tutta la grande bellezza della città e delle persone mi è rimasta nel cuore l'immagine di queste vecchiette. Povere, ma non chiedevano la carità. Cercavano di vendere dei mazzettini di fiori ripescati magari in un cassonetto di qualche negozio. Due volte sono stato a Lubiana e due volte le stesse belle impressioni. Due volte anche a Bovec, a nord ovest, quasi ai confini con l'italia. Un paesone turistico con tanti sport diffusi fra cui d'estate il rafting. La prima volta in un albergo anonimo, un pò da lusso. Per turisti occidentali. Di fianco ad una strada con ristoranti che spendevi quanto da noi due capuccini e due brioches. La seconda volta ho alloggiato in un alberghetto per turismo interno. Si diverso. Di fianco scorreva l'Isonzo, gelido, pulitissimo. C'erano le persone a prendere il sole e facevano il bagno. L'acqua era gelida, per me è stato impossibile bagnarmi oltre i piedi. Poi la fortezza di Kluze e i vari sentieri della prima guerra mondiale. Su in cima alla fortezza di Kluze, aria fredda e vento impetuoso, mi sembrava di essere io quel vento e quella natura dai colori fortissimi, quelle rapide impressionanti e per la prima volta mi sono sentito una piccola parte del mondo. Per un attimo non pensi alle guerre non troppo lontane, non pensi ai sentieri ora chiamati della pace, per un attimo i tuoi pensieri sono trascinati dal vento e vedi e senti solo la bellezza. Al ritorno mi sono sempre fermato in un supermercato, su in montagna e abituato al nostro surplus, rimanevo sbigotto, non c'era praticamente nulla, solo il minimo essenziale. E la gente riusciva a vivere con questo minimo essenziale.
Quando una persona invecchia, spesso inizia ad avere visioni di mondi lontani e spesso non sta bene nel proprio corpo e vorrebbe tornare a casa. Forse non è una questione di vecchiaia, forse quel bisogno di mondi lontanissimi e di andare a casa ce l'abbiamo , fin dalla nascita, nel nostro sangue , nel dna. Poi, probabilmente a livello culturale , abbiamo imparato a canalizzare le nostre inquietudini. Non volevo raccontare di viaggi, neanche dei posti del cuore, ne avrei tanti altri già visitati e ancora da visitare e da vivere. E poi tanti i reali viaggiatori alla scoperta delle tante anime. Volevo raccontare di piccole sensazioni e lo stupore verso cose o persone sconosciute. Una volta un signore , uno che non si è mai spostato dal proprio paese e che giudica stranieri tutti quelli che abitano fuori dal proprio cortile, mi ha confidato che gli mancavano la mie esperienze di viaggio. Una signora, sua amica, l'ha zittito "perchè non stai bene qua?" dipende dai punti di vista.
Io volevo volevo raccontare l'aria e le nuvole che scorrono veloci oltre i nostri orizzonti. Volevo raccontare quell'aria che a volte disperde, a volte riunifica, a volte raccoglie i pensieri e volevo raccontare il profumo e la solitudine degli sguardi e dei sorrisi . L'aria del nord, quella fresca, a volte gelida che scorre veloce e ti fa respirare il cuore

L'aria veloce del nord  - fine

Nessun commento:

Posta un commento