sabato 11 giugno 2016

L' aria veloce del nord - prima parte

da un pò di tempo ho ricominciato a scrivere : io li chiamo i miei piccoli romanzi. Per ora due. E ho deciso, così come nel passato in cui spesso si pubblicava a puntate, di iniziare a pubblicare qualcosa a puntate sul blog. Questo si chiama "l'aria veloce del nord". In realtà molto più lungo rispetto a quello che riporto qua. Però è la versione ridotta per uno spettacolo con interprete Marco Zappalaglio. Lo presenteremo questa estate come lettura studio, o come si dice in questi casi , lo presenteremo come "work in progres". Parla di viaggi, ma più che luoghi parla di persone e di sensazioni. Non mi interessava raccontare i palazzi, le strade le piazze, mi interessava la mia angolatura decisamente astigmatica. Dicevo per ora i miei piccoli romanzi sono due, quelli iniziati a scrivere poco tempo fa. Vorrei arrivare a dieci, poi vedrò se anche per gli altri continuerò questo giochino del pubblicare a puntate ( dai, mi fa sentire un pochino Dostojevsky ) . Ora è sabato, ma poi mi sono dato come scadenza mercoledì o giovedì. E se qualcuno ha voglia di leggere, "obrégado"

L'ARIA VELOCE DEL NORD - PRIMA PARTE

C'è profumo nei viaggi, aria di erotismo, c'è la polvere antica dei palazzi e degli insediamenti, c'è la bellezza allo stadio primordiale. Tu che arrivi dal nord con tutti i tuoi preconcetti e improvvisamente respiri.

Non sto a seguire una logica spazio-temporale, l'unica logica che intendo seguire è quella del cuore e della bellezza che anche se non è tale , tale diventa nel racconto e nei ricordi fino a trasformarsi in qualcosa di mistico. I colori e i profumi. Qua in questi posti della bassa, bergamasca, bresciana, cremonese, posti di grande bellezza non subito visibile, ma da scoprire lentamente, qua in questi posti, spesso impolverati di nebbia, non è scontato vedere un cielo azzurro pulito, non è scontato annusare profumi che ti sconvolgono la mente.

Quando ero piccolo c'erano i giornalini, da Topolino ad altri, ogni tanto si incontrava qualcuno con uno strano cappello di pelliccia in testa con tanto di coda, si vedeva ogni tanto una bandiera con una foglia , oppure scoiattoli o diversi roditori e questo era il Canada. C'era anche una canzone "volevo una casetta piccolina in canada". Come l'Australia, dove tanti italiani riuscivano ad imbarcarsi per trovare lavoro, così il Canada sembrava lontanissimo, praticamente irraggiungibile, se non dai migranti . Lontano è lontano. Ho preso l'aereo a Malpensa, scalo a Detroit. I terminali per le partenze sono spesso sfarzosi, gente che cammina , aspetta, bar ristoranti, negozi, gente che legge, che dorme, che aspetta. Volo Malpensa – Monteral scalo Detroit, presentarsi agli sportelli. I terminal degli arrivi sono squallidi. Lunghi tunnel, non sai mai dove sia la tua valigia, di solito io mi accodo agli altri. Ma se ti accodi al gruppo sbagliato, sono problemi. Tutto squallido, nessuno seduto, nessuno che legge, fretta. Un pò di lungaggini e qualche problema a Detroit e finalmente Montreal.. Io sapevo che in Canada c'era il Quebec, che non era molto lontano da uno dei poli, presumo quello nord, che c'erano le giovani marmotte, i castori, il salmone affumicato del canada, la bandiera con la foglia di acero e lo sciroppo di acero, sapevo anche che era un posto importante per la nuova danza e che la gente parlava o inglese o francese, che li vicino c'erano anche indiani ed eschimesi.E boschi immensi. Non sapevo niente altro. Aereoporto, periferia di Montreal, non bella, non brutta, enorme periferia. Spazi enormi. Un taxi per portarmi in albergo. Una brutta strada che non era brutta , ma piena di alberghi. Non amo stare nelle strade piene di alberghi con il via vai continuo degli autobus stracarichi di turisti, amo abitare, fosse anche solo per una settimana, dove abita la gente del posto. Le prime immagini che ho di Montreal mi danno l'idea di libertà. L'aria fresca, il vento continuo, le strade polverose non troppo curate, le nuvole che corrono a velocità impresssionante, niente a che vedere con l'andamento calmo delle nostre. La gente mi piace subito, non troppo curati, non troppo trasandati, i vestiti a strati, se ti fermi a controllare la cartina, subito si avvicinano e ti chiedono se hai bisogno di aiuto. C'è dignità e rispetto anche per i barboni che hanno la possibilità, sempre, di un angolo protetto. La notte li ho visti dormire dentro le sale bancomat delle banche. Vicino al mio albergo un grande parcheggio non asfaltato con alcune case cadenti e poi una lunghissima strada di cui mi sono innamorato e che è stata la mia principale frequentazione. Una mattina presto, nessuno per strada, ho incrociato un trans, alto , nero, magrissimo completamente fatto. Le unghie con lo smalto smangiucchiato. Procedeva a ritmo lento, naturalmente diva. Non si accorgeva di nessuno, non vedeva nessun. In mano un contenitore di plastica con degli spaghetti troppo unti. Con l'altra mano , lentamente e svogliatamente, ogni tanto prendeva degli spaghetti e li metteva in bocca . Avanzava ciondolando e cantava una canzone d'opera :"casta diva". Sommessamente, delicatamente, per sè. Sono stato una settimana a Montreal, poco per vedere o capire una metropoli, poco per capire o vedere il Quebec o il resto del Canada. La strada di cui mi ero innamorato, è divisa in due parti. Una parte totalmente francese. Pulita elegante, negozi, farmacie. Ho avuto bisogno della farmacia e ho incontrato la titolare, una signora piemontese. Non immaginavo quanti italiani vivessero in Canada. Ancora prima di andare un albergo , avevo visto un bar "caffè italiano" talmente italiano che il proprietario, in Canada ormai da quarant'anni, non sapeva nè il francese, nè l'inglese, neanche l'italiano. Parlava solo il suo dialetto , veneto mi pare. Ritorniamo alla nostra strada, la metà francese c'erano i mercati di cibo e i tantissimi ristorantini più o meno etnici. L'altra parte inglese, meno curata, più rumorosa, piena di tutto e il contrario di tutto. E la mia giornata era così scandita. La mattina in giro per la città sotterranea. Il pomeriggio e la sera il mio dovere di lavoratore, e di notte la strada, esclusivamente la parte inglese. In Canada l'inverno, ma anche la primavera possono essere molto freddi, praticamente impossibile uscire di casa, allora esiste una città sotterranea. Da molti garage di condomini partono strade sotterranee che vanno a congiungersi con la metropolitana e appunto anche con l'altra città. Città vera e propria che si snoda anche per quattro piani sottoterra. Ci sono anche piazze e fontane. Diversi pozzi prendono e ridanno aria e luce dal suolo sopra. Cosa c'è in una città sotterranea? Tutto, compresa l'allegria di gente sempre in movimento e con la voglia di parlare e di ridere. Montreal niente a che fare con il nord industrializzato degli Stati Uniti, c'è un tale miscuglio di colori ed etnie che sembrano coesistere in maniera ottimale. Salvo però rimanere o inglesi o francesi. Le ragazze e i ragazzi che si vedono per strada hanno spesso i tratti incrociati dalle divesre etnie e sono belli. Una bellezza, diffusa, piacevole, serena. Non troppo curata o incellofanata. Una bellezza ricoperta e vestita a strati. La notte, la parte di strada francese era noiosissima, negozi chiusi, città per bene. La strada inglese era un incrocio continuo di vitalità, erotismo e allegria. Niente a che fare con i quartieri a luci rosse per esempio di Amsterdam o Amburgo, cupi, inquietanti. Qua tutto si mescolava. Locali , bar e ritrovi di tutti i tipi. Locali per sole donne, probabilmente strep tease maschili. Fila interminabili di donne all'ingresso, da dove ogni tanto usciva per fare un giretto di propaganda un qualche giovanotto muscoloso e con tanga ridottissimo fra il tripudio e gli applausi generali. Locali con prostitute di alto bordo sulla porta. E locali in continuazione di tutti i generi e per tutti i gusti. Di fronte al locale per le ragazze, dall'altra parte della strada, una chiesa e persone, non solo barboni, che facevano la fila per avere un pasto caldo. Ad un certo punto, da una parte un locale , anche qui fila di ragazzi e ragazze, sulla strada passa lentamente una limousine, con sbracciate alcune ragazzine, giovanissime, belle ed eleganti che iniziano a prendere in giro , allegramente, le persone in fila. Per diversi minuti c'è stato un continuo botta e risposta fra le persone in fila e le ragazzine della limousine. Parlavano di sesso e di accoppiamenti, ma era un botta e risposta scandito da risate continue da entrambe le parti. L'ultima notte non avevo voglia di tornare in albergo. Non avevo voglia di dormire e fino all'alba me ne sono stato in giro per strada e locali. Il giorno dopo, il giorno della partenza - chiaramente non ho visto solo la città sotterranea e la strada metà inglese, metà francese – la malinconia della partenza per una città che mi era entrata nel cuore. Il tempo era splendido, cielo, azzurro intenso , spesso blu come gli occhi che spesso incrociavo. Chiamo un taxi e quando scendo ne trovo due. Un taxista era bianco, l'altro nero e ognuno dei due affermava che il taxi chiamato era il suo. Hanno iniziato a litigare. Uno diceva " tu ce l'hai cone me perchè sono nero" – quell'altro gli rispondeva " tu ne approfitti a fare la vittima". Rischiavamo di perdere l'aereo. Non ricordo se sono salito sul taxi dell'uomo nero o dell'uomo bianco. In uno sono salito. Improvvisamente e velocemente il cielo ha iniziato ad essere percorso da nuvole impazzite ed ha iniziato a piovere. Era aprile. Pioveva tantissimo e altrettanto improvvisamente ha iniziato a nevicare. Quando sono arrivato in aereoporto, la neve era talmente tanta che non si riusciva a partire. Poi a Detroit per il cambio aereo hanno perso le valige, le mie e quelle di una coppia di Montreal che veniva in italia per le vacanze. Abbiamo perso la coincidenza e non c'erano più aerei per l'Italia. Dopo corse affannose da un terminal all'altro, qualche persona pietosa ci ha caricati su di un aereo che faceva scalo in Svizzera e di lì un altro aereo finalmente per Malpensa dove ho dovuto aspettare ore per riuscire a recuperare i miei bagagli. In giro per aerei praticamente due giorni. E sporco, sudato, stanco, assonnato, sul trenino del ritorno, già guardavo il calendario per decidere quando sarei potuto ritornare.
 


Non sto a seguire una logica spazio-temporale, l'unica logica che intendo seguire è quella del cuore e della bellezza che anche se non è tale , tale diventa nel racconto e nei ricordi fino a trasformarsi in qualcosa di mistico



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