Non
sono molto bravo a cucinare e con i dolci ancora peggio. C'era un
dolce particolare che poteva però essere anche salato, l'avevo
mangiato da piccolo, una specialità di mio padre . "É
bustréng", il bustrengo. Dopo la morte dei miei mi era venuto
il desiderio di preparare questo dolce. Ho cercato e trovato la
ricetta, credevo di avere rispettato tutte le regole, gli
ingredienti, tutto insomma. Il risultato: immangiabile. La mattina
dopo, in giro con il cane, ho iniziato a canticchiare :"oh bà,
ho fat é bustréng, ma é faséva schiv" ( babbo, ho fatto il
bustrengo, ma faceva schifo). Improvvisamente mi è sembrato di
vedere di fronte a me la faccia di mio padre che rideva divertito e
diceva allegro " sei un patacca". Ho iniziato a ridere
anch'io e continuavo a ripetere " a sò propri un pataca".
Diversi
anni fa , ancora prima del sogno in cui accompagnavo mio padre in
stazione , l'avevo sognato che lui
arrivava
da
me con
un tappeto arrotolato e appoggiato a mò di sacco sulle spalle, e in
mano una chiave , con
targhetta numero
45. Mi sono perso mesi per interpretare questo sogno, ho anche
cercato di scriverci sopra uno spettacolo, lavoro inutile e mi da
ancora fastidio non essere riuscito a dare una interpretazione
adeguata. Mia madre l'ho sognata poche volte dopo la sua morte,
sempre seria e questo mi fa sentire in colpa per il tartassamento di
domande cui l'avevo sottoposta.
E
anche per avere tirato fuori cose che lei non voleva si sapessero.
Da
una parte c'è un figlio, subentrano dei misteri e credo il diritto
di sapere. Dall'altra una madre che su questi misteri ha costruito un
muro ormai sedimentato e ispessito dal tempo, una madre che sta male
e che avrebbe diritto di viversi gli ultimi suoi tempi in maniera
serena, aldilà delle malattie. Ma era più forte di me. Ad un certo
punto mia madre ha iniziato a parlare di me come fossimo due. Io, il
figlio naturale e l'altro quello adottato, poi
sono arrivati racconti precisi e continui e
ha iniziato a parlare di
miei
fratelli
sempre
rifutandosi di parlare della madre o del padre
di questi fratelli e un nome ben preciso che continuava ad essere
ripetuto. Ad
un certo punto ho fatto una cosa che da un pezzetto volevo fare. Sono
andato all'ufficio
anagrafe del
comune di Cesena per richiedere un certificato completo del mio atto
di nascita. Prima volta un giovanoto gentile, freddo, non si riusciva
a trovare il fascicolo. Il fascicolo dei nati nel mio anno c'era e
molto grosso, poi il giovanotto ha avuto un colpo di genio ed è
andato a recuperare un fascicoletto tutto sommato piccolino.
Trovato
il documento, noto con piacere niente di strano. Figlio dei miei
genitori, allora ho avuto le visioni per tutta vita. Soddisfatto. In
piazza
del comune riguardo il documento e non riuscivo a capire bene. Nato
in strada Valdinoce numero 23. Pensavo che strada Valdinoce, fosse
una via di Cesena. Che strano, ma io ero nato in casa a Piavola, in
quella parte che doveva essere Mercato Saraceno e invece segnato come
nato a Cesena.
Sempre
fermo in piazza, sotto la fontana, telefono a Marco :" vammi a
cercare in internet in quale zona di Cesena c'è una strada
Valdinoce" . Dopo qualche minuto mi richiama : "Non esiste
nessuna strada con quel nome a Cesena, l'unica strada Valdinoce è
una frazione del comune di Meldola".
Vacca
boia.
Sono
arrivato a casa, mia madre non stava bene : come mai sei stato
via tanto?" – " ho incontrato degli amici e ci siamo
fermati a parlare". Ho iniziato
a fare le mie ricerche in internet e poi ho disegnato quel triangolo
mappa di cui parlavo all'inizio. Borello, Casalbono, Case Venzi,
Strada Valdinoce/ Borello, Borgo delle rose, Piavola/ Piavola,
strade sterrate in mezzo ai campi, Strada Valdinoce.Veramente il
triangolo
andrebbe un pochino allargato, ma
ci sono dei fatti e delle persone che potrebbero essere riconoscibili
e non voglio creare ulteriori casini rispetto a quelli che ho già
combinato. Da Piavola i percorsi per arrivare a Strada Valdinoce sono
due. Tutta questa zona comunque abitata da persone vicine a mia
madre, pur con diversi gradi di parentela. Una sorta di ragnatela
protettiva.
Da anni nessuno abita più questi posti. La casa dove
abitavano i genitori di mia madre era in cima ad una collina,
vicinissima a Piavola, ma frazione Casalbono. Una casa grande bianca,
che per me è sempre stata meravigliosa. Da
li si controllava tutto il paese,
ora
totalmente crollata. Da
una parte la strada sterrata e i campi, da quell'altra ancora campi e
una grossa buca per la raccolta dell'acqua piovana. Tutta attorniata
da salici piangenti. Quella
strada sterrata sempre in salita ripidissima , è la strada che
attravrsando un borghettino di poche case, chiamato "le balze"
e poi una casa detta " la casa bruciata"
arriva
su a Case Venzi e strada Valdinoce. Pochi chilometri tuttosommato,
non
distante da dove credevo
di essere nato, ma altro territorio, territorio straniero. Aldilà
del crinale, frazione di Meldola, zona forlivese. Che
strano, i miei mi hanno sempre parlato della guerra, del dopoguerra,
la ricostruzione, mi hanno raccontato i
posti,
ma non avevo mai sentito parlare di strada
Valdinoce.
Mi
sono studiato tutta la zona, poi ho preso
la macchina ed ho
iniziato a percorrere
queste
salite
tortuose
ripidissime.
Ad
un certo punto, finite le quattro
case di Casalbono, finite le quattro case di Case Venzi,
improvvisamente il vuoto. Vento
forte, calanchi
e burroni da paura, nessun albero. Bellezza allo stato pure,
vertigine. Miniere
abbandonate. Arrivato
in cima, fine strada Casalbono,
a sinistra, strada Valdinoce, a
destra non lo so.
Strada
lunga, pianeggiante, stradine laterali che portavano alla diverse
case contadine, cimitero
abbandonato, poi il paese. Poche
case diroccate, altre ricostruite come ville da
lusso. Una chiesa e un castello. Piacevole il paesaggio, tranquillo,
rilassante, ma io non avevo nulla a che fare con queste zone di
"stranieri".
Non avevo
voglia di scendere dalla macchina, neanche
un bar per fermarsi e fare quello che fa le domande.
Al
ritorno la
casa tutta blindata da inferriate di
cui avevo già detto e
il cavalluccio a dondolo.
Non
c'era
nessuno in giro, neanche un posto per parcheggiare, solo vento, aria
pulita , stordimenti. Cosa
c'entravo
io con Val di Noce? Sono andato altre due volte in comune a Cesena.
La seconda volta ho
incontrato
una impiegata molto gentile, disponibile, le spiego che non sono nei
registri normali , ma in uno piccolino depositato in un altro
archivio. Notiamo, mi fa notare che sotto nato a strada Valdinoce
numero 23 c'era segnato un altro indirizzo (molto lungo) cancellato con un
raschietto. Nè lei nè il primo impiegato che nel frattempo ci aveva
raggiunti, mi vogliono spiegare del perchè del registro diverso.
Vorrei vedere se nelle pagine successive c'è qualcun altro nato
nello stesso posto, nella stessa via e stesso numero, ma dicono che
non si può. La terza volta trovo una impiegata scorbutica con cui ci
scontriamo subito, qualsiasi
cosa io dica le da
fastidio, riguardiamo
i registro. Si,
ammette c'è qualcosa di strano, si anche lei è originario delle
zone di Borello e ammette che strada Valdinoce è altra cosa, altro
territorio. Dice no, non sono stato adottato perchè il registro
degli adottati è un altro. Le chiedo perchè non sono nel registro
ufficiale. Ha un attimo di pausa e risponde : qua
sono registrati quelli nati in casa. Prima anni 50, soprattutto in
campagna tutti nascevano in casa. Le chiedo come mai nato in strada
Valdinoce che è Meldola e io risulto Cesena? Mi guarda come per dire
"cavolo vuoi da me?" Anche lei però ammette che la
cancellazione del primo indirizzo è cosa strana, si vedevano dei
segni , aveva fretta, neanche lei mi ha voluto fare vedere le pagine
prima o le pagine dopo. E tutti mi dicevano, lascia perdere.
Durante
la guerra e subito dopo la guerra Valdinoce aveva più di trecento
abitanti, ora saranno una ventina. C'era anche un podestà, forse
anche dei presidi militari. Sono tornato diverse volte su, speravo
che i fantasmi del luogo, quelli che mi invadevano la mente mi
aiutassero a trovare una soluzione. Ho chiesto una volta ad un
signore "Scusi dov'è il numero 23?" che non ho mai
trovato. Eppure esiste nei mappali del comune di Meldola. Ma questo
signore abitava li da pochi anni e non sapeva rispondermi, però
era molto curioso.
Ho farfugliato delle scuse, avevo mia madre ancora in ospedale, non
volevo creare problemi
Gli
ultimi tempi, mia madre alternava momenti di vuoto e sfasamenti a
momenti di lucidità. Alcune cose ritornavano spesso nei discorsi, su
alcune cose non ci sono mai state contraddizioni. Avevo analizzato
tutti i racconti di donne disperate, buttate fuori casa, a volte
irrequiete , a volte vedove. Avevo analizzato i racconti dei vari
bambini abbandonati, ho cercato di entrare nella vita dei miei
parenti, ma non sono
riuscito
a trovare nulla. Vorrei
raccontare di queste cose, ma andrei a ferire la sensibilità di chi
è rimasto, andrei ad aprire altre
voragini
che hanno a che fare con la vita di troppe persone. Non posso, e non
devo.
Alcune
cose nei racconti di mia madre ritornavano in continuazione e in
maniera assolutamete precisa. Quattro fratelli: tre maschi e una
femmina, più grandi di me. Un nome, Giorgio, continuamente evocato e
una grossa tragedia. Alcuni giorni prima di morire avevo chiesto e
poi mi sono giurato che non avrei fatto più domande chi era la madre
di questi mei fratelli , e mia
madre mi
ha risposto con grande dolore "non lo so, tutto quello che
sapevo te l'ho detto, altre cose non lo so. Lei, l'ho vista solo una
volta, è di Meldola, di più non so".
Un
amico che è stato adottato mi
ha detto :
" non hai diritto a chiedere, non hai diritto a cercare,
qualunque cosa sia, le tue radici sono i genitori che ti hanno
cresciuto". Una volta, negli
ultimi periodi,
mia madre mi aveva detto :"tu non hai fratelli gemelli perchè i
gemelli nascono da una sola sacca, voi eravate in due sacche
diverse"
e ha iniziato a rimproverarsi di non averci
presi tutti e due : "tuo padre non voleva, non
ha mai voluto". L'altro
era
Giorgio?
Ho
provato a chiedere ad alcuni parenti stretti, ma nessuno sapeva,
anche se sì in effetti hanno cominciato ad ammettere che fisicamente
non avevo nulla in comune con nessuno di loro. Ho provato a chiedere
ad un cugino di mia madre che ai tempi abitava quelle zone, ma mi ha
insultato trattandomi da millantatore bugiardo. Non mi ha ascoltato ,
è andato su tutte le furie. Ho
provato a parlare con il figlio di una persona , già morta, di cui
ho gli elementi necessari per ritenere che sapesse tanto, ma anche
qua non mi ha voluto ricevere e al telefono mi ha trattato malissimo.
Ho
provato a cavalcare tante
ipotesi, ma non esiste
nessuna carta, non esiste nulla. Non sono stato adottato, dai fogli
c'è scritto che sono figlio dei miei genitori.
Ho analizzato le carte mediche accumulate negli anni: aldilà dei
gruppi sanguigni ( non mi fidavo di internet e ho chiesto anche a
diversi medici e tutti la stessa risposta : impossibile),
c'erano
anche
tante
altre questioni che
stavano ad indicare che non
avrei
potuto essere
figlio naturale di mia madre e
di mio padre.
Ma nessuno sa niente. I carabinieri di Borello, il capitano non mi ha
voluto neanche ricevere, nessuno
mi ha voluto ricevere, mi
ha ascoltato per telefono – avevo, ho, degli elementi e delle
ipotesi abbastanza fondate – mi ha risposto che non hanno più
documentazione di quegli anni.
Ho parlato prima al telefono, poi
mandato una lettera alla guardia di finanza di Forlì, perchè mi
risultava ci fosse di mezzo un ufficiale della guardia di Finanza.
Non ho mai ricevuto risposte. Ho contattato
tanti
preti,
ma tutti mi dicevano
lascia perdere, non
riuscivo neanche a trovare il
mio certificato di battesimo. Dove avevo ricevuto la cresima in una
chiesa di Cesena, non c'era . Ma
poi ci sono riuscito e ho
scoperto che oltre Enzo e Giuseppe, mi chiamavo anche Paolo:
battezzato a Piavola quando invece avrei dovuto essere stato
battezzato a Casalbono. Quattro
giorni dopo la nascita. Giuseppe
Paolo Enzo. Mi ha sempre creato problemi avere due nomi, con tre
sono andato in tilt.
Ci
sono due signori, professionisti importanti
allora,
gente ricca, proprietari terrieri, due fratelli di cui ho sempre
saputo, abitavano non lontano. Non so quale dei due, ma uno ogni
tanto capitava da
noi a
Cesena finchè un giorno mia madre gli aveva detto di non farsi più
vedere, lei era una donna per bene, sposata e non voleva si creassero
chiacchiere su di lei. Questo signore mi era stato anche presentato.
Non credo sia un ipotetico padre naturale che magari aveva
approfittato di qualche ragazza contadina nelle sue proprietà. Però
sono convinto che qualcosa sapesse. La
mia ricostruzione dei fatti, neanche troppo campata per aria è
questa: In
una
notte di agosto di tanti anni fa, una
ragazza, bella , giovane con la vita nel corpo subiva un aborto di un
bambino che lei e suo marito, altrettanto giovane, bello e pieno di
vita, avevano voluto a tutti i costi dopo la morte della prima
figlia. La
levatrice si era arrabbiata con l'uomo perchè lo aveva avvertito
"questa donna è a rischio di aborto, al
primo segnale la devi portare in ospedale". Forse aveva detto
loro che non potevano più avere figli. E forse gli ha detto di
aspettare e di non parlare con nessuno. Forse anche l'intervento di
un medico. Il
signore o il fratello di quel signore che ogni tanto capitava da noi a Cesena.
Forse
la notte stessa, forse il giorno dopo, o forse il giorno prima, in
un'altra casa , a non troppi chilometri di distanza, in
un posto dove c'erano stati i fascisti e i nazisti, nasceva
un altro bimbo, non voluto o non potuto tenere, forse per una
tragedia familiare. So che quella notte c'è
stato qualche via vai di macchine . Avevo già detto, allora la
macchina era un lusso, i miei non avevano neanche una bicicletta.
Forse la levatrice e il medico, hanno combinato le cose. Non posso
raccontare i rapporti di alcuni parenti di mia madre con questo
medico e con questa levatrice. So
con sicurezza che nessuno dei parenti di mia madre o di mio padre
erano presenti alla mia nascita, quando invece per qualsiasi piccola
cosa c'erano
sempre.
Un
bambino nato morto e un'altro nato sano e pieno di vita. Il primo
voluto a tutti i costi, anche della vita, il secondo non voluto.
Quando avevo parlato con la terza impiegata dell'anagrafe di Cesena,
quella antipatica, le avevo prospettato questa ipotesi dello scambio,
poi sono dovuto stare zitto perchè lei ha iniziato a blaterare che
questo era reato e andava denunciato. Denuncio dei morti? Per una
ipotesi, molto verosimile , ma pur sempre ipotesi?
Da
quando mia madre ha iniziato a stare seriamente male e dal momento
delle mie ricerche, sono iniziate strane coincidenze.
Un anno dopo la
morte di mio padre, giorno dei Santi, eravamo al cimitero. C'era un
signore, poco più alto di me, sembrava nessuno lo conoscesse. Faccia
simpatica, vestito con una cura ed una eleganza quasi antiche, le
mani grandi da lavoratore. Mi dava l'idea del proprietario di una
azienda agricola o di un professionista che in pensione si fosse
messo a lavorare nei suoi campi. Non l'ho guardato molto, lui
guardava me e mia madre e stava fermo. Poi ad un certo punto ha
iniziato a parlare con mia madre, lei sembrava non conoscerlo, poi ad
un certo punto gli ha sorriso e gli preso le mani. L'uomo continuava
a guardare me. Mia madre è sempre stata molto espansiva ed ogni
persona che incontrava del proprio passato, erano, come si dice in
romagna, grandi feste e sempre mi chiamava per presentarmi.
Orgogliosa : "mio figlio". E ancora più orgogliosa dato
che spesso dicevano che ero uguale a lei, che non era affermazione
scontata.
Io dovevo sistemare i fiori, non mi sono avvicinato per
pudore, ho sorriso e siamo partiti. Questo signore rimasto sempre lì.
In macchina al ritorno verso Cesena incomincio a focalizzare: non
troppo alto, piacevole d'aspetto, suppergiù
la mia età, un
pò più chiaro di me.
Diverso rispetto agli altri con una aria a me familiare e quasi da
straniero e i tanti capelli esattamente
uguali ai miei. Lui ben pettinato e curato, io no, non è mia
abitudine pettinarmi. Ho chiesto a mia madre :"chi era
quell'uomo?" . Lei di solito ad una domanda del genere mi
elencava tutti i gradi di amicizia o parentela che l'avvicinavano ad
una determinata persona. Mi ha risposto in maniera dura "è il
figlio di una signora che conosco" e
poi si è chiusa nel silenzio.
Gli aveva preso le mani con affetto, con rispetto, era commossa, per
un attimo aveva indicato me, l'uomo aveva
sorriso lievente, ma era un sorriso da commozzione. Mai più rivisto.
Dicevo sono iniziate una serie di strane coincidenze, che troppe
volte non possono essere solo
coincidenze,
oppure sono pazzo. Gente che mi avvicinava , che aveva voglia di
parlare, che cosa c'è di strano. Perloppiù gente giovane, ma tutti
avevano caratteristiche molto simili, non altissimi, i capelli neri,
la pelle un pochino abbronzata e gli occhi un pochino allungati da
farli sembrare degli stranieri. Compresa una coppia di gemellini ventenni, ma con gli occhi azzurri. Ne avevo parlato con mia madre e lei
con un sorriso : " ti stanno cercando anche loro, sanno che
esisti, ma non sanno che sei tu". Mi pregava spesso dopo momenti
di silenzi di andarli a cercare, i miei fratelli. Si sentiva in colpa
perchè aveva potuto prendere solo me, ma eravamo molto poveri , non
avrebbe potuto. Specialmente si sentiva in colpa verso quel Giorgio,
di un anno più grande di me o addirittura
mio gemello ( da sacche diverse) , mi diceva che era biondino di
capelli e che era bello. Ridendo
avevo chiesto a mia madre: " ti hanno dato quello brutto e si
sono tenuti quello bello?" lei si era arrabbiata: "no li
hanno messi tutti quanti in collegio".
Ho
cercato in internet tutti i possibili orfanatrofi di Forlì e Cesena
e dintorni negli anni 50, ma non ci ho capito nulla.
Per
due anni ho girato in lungo e in largo quel pezzetto di Romagna senza
riuscire a trovare nulla. Un giorno, ero a Cesena con il cane, sapevo
che mia madre non avrebbe avuto ancora molto da campare, allora ho
deciso di portare il cane
nelle zone bergamsche dove abito io,
di organizzarmi in modo da potere passare gli ultimi giorni con lei.
Neanche due giorni mi chiamano di notte, mia madre era morta. Ho
corso in autostrada, quando sono arrivato già alcuni parenti e lei
ancora calda. Fuori c'era la neve, ancora febbraio, esattamente tre
anni dalla morte di mio padre. Ho fatto il padrone di casa, ho
accolto i parenti e gli amici e anche se non avevo voglia, ascoltavo
le loro chiacchiere. E
ogni tanto qualche cugino buttava fuori una frase un pochino strana,
ma avevo la testa altrove per chiedere delucidazioni. I
miei mi hanno
sempre
insegnato che non si può piangere in pubblico, ci deve essere
dignità anche nel momento della morte. Volevo che i fiori
ricordassero un giorno di primavera e quando siamo arrivati in
collina , la in cima dove c'era la chiesa e il cimitero, è spuntato
un pochino di sole. Vicino
al prete, il giovanotto che suonava la chitarra era un mio amico e
questo mi ha dato un pò di sicurezza.
Ho
voluto io ricordare mia madre. Avrei
desiderato e forse lo avrebbe desiderato anche lei, raccontare
pubblicamente le cose che avevo scoperto, ma non ho avuto coraggio.
Erano presenti sua sorella e l'ultima sorella di mio padre e
anche un'altra cognata,
pure loro già anziane. Le avrei fatte svenire. Ho ricordato quel
posto, Piavola, paese mitico per mia madre, ho raccontato della
miseria e del dopoguerra. Ho detto che ad un bambino che nasce, non
interessano dna o gruppi sanguigni. Un
bambino che nasce
ha bisogno di affetto e di essere cresciuto e di essere voluto bene.
E di questo dovevo ringraziare
mia madre.
Avevo
portato
un cd con una ninna nanna dell'est europa, volevo che l'uscita dalla
chiesa fosse accompagnata da questa ninna nanna,
ma non ne ho avuto il coraggio.
Fantasie
di una persona forse impazzita, ma ho sempre avuto l'idea,
l'impressione, che dal momento della mia nascita qualcuno mi abbia
preso in braccio e prima di consegnarmi a mia madre, mi abbia cantato
una ninna nanna. So che
in quell'attimo mia madre mi ha rifiutato, non ero il figlio che
voleva, me l'ha sempre raccontato chiedendomi scusa perchè si
sentiva in colpa, ma poi mi ha sempre
detto che io ho iniziato a piangere, mi hanno appoggiato al suo petto
e lei ha detto :"si, sei
tu
mio
figlio".
Anni
fa avevo portato mia madre a trovare una sua cugina, quella che ad un
mese dalla mia nascita aveva esclamato : "fortuna che è già
finita la guerra, altrimenti avrei detto fosse il figlio di un
marrocchino". Non l'avevo mai conosciuta. Era stata data in
sposa bambina ad un uomo molto più vecchio, grande invalido di
guerra che lei odiava e si erano trasferiti. Appena ci ha visti ,
continuava a guardarmi divertita e stupita, poi aveva detto a mia
madre :" ommioddio è uguale a te". E mia madre aveva
risposto " per forza è mio figlio" ed hanno iniziato a
ridere e ad abbracciarsi.
Dopo
due anni di ricerche , senza mai approdare a nulla, ad un certo punto
faccio un sogno. Mi compare un uomo vestito con eleganza, la faccia
oscurata e mi dice " e' inutile che continui a cercare, stai
perdendo il tuo tempo. Io sono morto e sono tuo fratello". A
parte il fatto che uno si sveglia di malumore, non so esattamente
cosa voglia dire questo sogno. Forse ero io che mi stavo dicendo "
stai perdendpo il tuo tempo". Come nelle depressioni, spesso ci
si costruisce degli alibi, per girare attorno ai problemi, per
evitarli, per non affrontarli, per paura della vita.
Io
non so cosa siano le radici o se esistano realmente, o se è solo un
fatto culturale di questi ultimi anni. Allora non si capirebbero i
popoli nomadi, non si capirebbero le migrazioni. Radici è dove vivi,
è dove c'è gente che ti vuole bene, è dove tu ti trovi bene. Che
non vuol dire necessariamente il posto dove sei nato o vissuto o le
persone con cui sei cresciuto. Le radici sei tu, qualunque parte vai
te le porti dietro.
Cercare
un fratello mai conosciuto, cercare dei genitori naturali , no io
miei eventuali genitori naturali proprio non li vorrei conoscere, non
è cercare delle radici. Quelle che tu avevi con loro sono già
spezzate e ne sono cresciute altre. Un fratello non diventa tale
perchè ha un dna simile al tuo, un fratello non diventa fratello
dopo sessanta anni. Sono sempre stato invidioso di quei figli che
sembrano la fotocopia dei loro genitori o dei loro parenti. A volte
mi guardo allo specchio e penso , ma ci sarà pure in giro qualcuno
con una faccia simile alla mia. A me sarebbe piaciuto trovare ,
casomai realmente esistessero , dei fratelli per vedere come sono le
loro facce, i loro capelli, i loro occhi. Quello che non c'è stato
non si recupera, però avrei desiderato un abbraccio e poi chiaro,
ognuno per la propria strada. Mi sarebbe piaciuto trovare mio
fratello, quello gemello, per vedere come le vite diverse possano
avere plasmato uno o l'altro. Volevo un abbraccio.
Sono
sempre stato affascinato dai gemelli, io sarei quello più
chiacchierone, o quello più silenzioso che segue sempre l'altro? Ma
non si può costruire una vita con quello che non c'è stato, si
rischia di dimenticare quello
che c'è stato, si rischia di essere ingiusti con quello che c'è
stato. Nelle mie ricerche, praticamente tutti mi hanno sempre detto,
lascia perdere. In effetti , dovrei andare a scavare nella vita di
altri che non vogliono sapere o non sanno, non posso scombussolare la
vita di altre persone.
In mano non ho nulla, non sono stato adottato,
non ci sono carte, risulto figlio dei miei, non ci sono carte, non ci
sono ricordi, sembra che nessuno sappia e spesso sembra che io mi sia
inventato tutto. In mano non ho nulla: delle sensazioni, dei sogni,
delle parole forse in parte vere, forse in parte falsate
dalla malattia.
In
mano ho
tre gruppi sanguigni incompatibili fra loro. Ho delle cartelle
cliniche che danno indicazioni ben precise. Sempre
un altro medico una volta , dovendo mettere insieme i problemi fisici
di mia madre mi aveva
chiesto : " ma tu quando sei nato eri giallo, eri ammalato, come
hai fatto a nascere?" fanculo ho pensato, sono nato, ero grosso,
scuro di capelli e stavo benissimo. Ho
un atto di nascita che dice come io sia nato non dove ho sempre
creduto. Una via scritta sopra ad un altra cancellata con il
raschietto. Niente
altro.
Però
ho
me.......................... continua