martedì 20 settembre 2016

No non sono stato adottato - terza parte


Non sono molto bravo a cucinare e con i dolci ancora peggio. C'era un dolce particolare che poteva però essere anche salato, l'avevo mangiato da piccolo, una specialità di mio padre . "É bustréng", il bustrengo. Dopo la morte dei miei mi era venuto il desiderio di preparare questo dolce. Ho cercato e trovato la ricetta, credevo di avere rispettato tutte le regole, gli ingredienti, tutto insomma. Il risultato: immangiabile. La mattina dopo, in giro con il cane, ho iniziato a canticchiare :"oh bà, ho fat é bustréng, ma é faséva schiv" ( babbo, ho fatto il bustrengo, ma faceva schifo). Improvvisamente mi è sembrato di vedere di fronte a me la faccia di mio padre che rideva divertito e diceva allegro " sei un patacca". Ho iniziato a ridere anch'io e continuavo a ripetere " a sò propri un pataca". 
 
Diversi anni fa , ancora prima del sogno in cui accompagnavo mio padre in stazione , l'avevo sognato che lui arrivava da me con un tappeto arrotolato e appoggiato a mò di sacco sulle spalle, e in mano una chiave , con targhetta numero 45. Mi sono perso mesi per interpretare questo sogno, ho anche cercato di scriverci sopra uno spettacolo, lavoro inutile e mi da ancora fastidio non essere riuscito a dare una interpretazione adeguata. Mia madre l'ho sognata poche volte dopo la sua morte, sempre seria e questo mi fa sentire in colpa per il tartassamento di domande cui l'avevo sottoposta. E anche per avere tirato fuori cose che lei non voleva si sapessero.

Da una parte c'è un figlio, subentrano dei misteri e credo il diritto di sapere. Dall'altra una madre che su questi misteri ha costruito un muro ormai sedimentato e ispessito dal tempo, una madre che sta male e che avrebbe diritto di viversi gli ultimi suoi tempi in maniera serena, aldilà delle malattie. Ma era più forte di me. Ad un certo punto mia madre ha iniziato a parlare di me come fossimo due. Io, il figlio naturale e l'altro quello adottato, poi sono arrivati racconti precisi e continui e ha iniziato a parlare di miei fratelli sempre rifutandosi di parlare della madre o del padre di questi fratelli e un nome ben preciso che continuava ad essere ripetuto. Ad un certo punto ho fatto una cosa che da un pezzetto volevo fare. Sono andato all'ufficio anagrafe del comune di Cesena per richiedere un certificato completo del mio atto di nascita. Prima volta un giovanoto gentile, freddo, non si riusciva a trovare il fascicolo. Il fascicolo dei nati nel mio anno c'era e molto grosso, poi il giovanotto ha avuto un colpo di genio ed è andato a recuperare un fascicoletto tutto sommato piccolino. 

Trovato il documento, noto con piacere niente di strano. Figlio dei miei genitori, allora ho avuto le visioni per tutta vita. Soddisfatto. In piazza del comune riguardo il documento e non riuscivo a capire bene. Nato in strada Valdinoce numero 23. Pensavo che strada Valdinoce, fosse una via di Cesena. Che strano, ma io ero nato in casa a Piavola, in quella parte che doveva essere Mercato Saraceno e invece segnato come nato a Cesena. Sempre fermo in piazza, sotto la fontana, telefono a Marco :" vammi a cercare in internet in quale zona di Cesena c'è una strada Valdinoce" . Dopo qualche minuto mi richiama : "Non esiste nessuna strada con quel nome a Cesena, l'unica strada Valdinoce è una frazione del comune di Meldola". Vacca boia.

Sono arrivato a casa, mia madre non stava bene : come mai sei stato via tanto?" – " ho incontrato degli amici e ci siamo fermati a parlare". Ho iniziato a fare le mie ricerche in internet e poi ho disegnato quel triangolo mappa di cui parlavo all'inizio. Borello, Casalbono, Case Venzi, Strada Valdinoce/ Borello, Borgo delle rose, Piavola/ Piavola, strade sterrate in mezzo ai campi, Strada Valdinoce.Veramente il triangolo andrebbe un pochino allargato, ma ci sono dei fatti e delle persone che potrebbero essere riconoscibili e non voglio creare ulteriori casini rispetto a quelli che ho già combinato. Da Piavola i percorsi per arrivare a Strada Valdinoce sono due. Tutta questa zona comunque abitata da persone vicine a mia madre, pur con diversi gradi di parentela. Una sorta di ragnatela protettiva. 

Da anni nessuno abita più questi posti. La casa dove abitavano i genitori di mia madre era in cima ad una collina, vicinissima a Piavola, ma frazione Casalbono. Una casa grande bianca, che per me è sempre stata meravigliosa. Da li si controllava tutto il paese, ora totalmente crollata. Da una parte la strada sterrata e i campi, da quell'altra ancora campi e una grossa buca per la raccolta dell'acqua piovana. Tutta attorniata da salici piangenti. Quella strada sterrata sempre in salita ripidissima , è la strada che attravrsando un borghettino di poche case, chiamato "le balze" e poi una casa detta " la casa bruciata" arriva su a Case Venzi e strada Valdinoce. Pochi chilometri tuttosommato, non distante da dove credevo di essere nato, ma altro territorio, territorio straniero. Aldilà del crinale, frazione di Meldola, zona forlivese. Che strano, i miei mi hanno sempre parlato della guerra, del dopoguerra, la ricostruzione, mi hanno raccontato i posti, ma non avevo mai sentito parlare di strada Valdinoce. 

 Mi sono studiato tutta la zona, poi ho preso la macchina ed ho iniziato a percorrere queste salite tortuose ripidissime. Ad un certo punto, finite le quattro case di Casalbono, finite le quattro case di Case Venzi, improvvisamente il vuoto. Vento forte, calanchi e burroni da paura, nessun albero. Bellezza allo stato pure, vertigine. Miniere abbandonate. Arrivato in cima, fine strada Casalbono, a sinistra, strada Valdinoce, a destra non lo so. Strada lunga, pianeggiante, stradine laterali che portavano alla diverse case contadine, cimitero abbandonato, poi il paese. Poche case diroccate, altre ricostruite come ville da lusso. Una chiesa e un castello. Piacevole il paesaggio, tranquillo, rilassante, ma io non avevo nulla a che fare con queste zone di "stranieri". Non avevo voglia di scendere dalla macchina, neanche un bar per fermarsi e fare quello che fa le domande. Al ritorno la casa tutta blindata da inferriate di cui avevo già detto e il cavalluccio a dondolo. 
 
Non c'era nessuno in giro, neanche un posto per parcheggiare, solo vento, aria pulita , stordimenti. Cosa c'entravo io con Val di Noce? Sono andato altre due volte in comune a Cesena. La seconda volta ho incontrato una impiegata molto gentile, disponibile, le spiego che non sono nei registri normali , ma in uno piccolino depositato in un altro archivio. Notiamo, mi fa notare che sotto nato a strada Valdinoce numero 23 c'era segnato un altro indirizzo (molto lungo) cancellato con un raschietto. Nè lei nè il primo impiegato che nel frattempo ci aveva raggiunti, mi vogliono spiegare del perchè del registro diverso. Vorrei vedere se nelle pagine successive c'è qualcun altro nato nello stesso posto, nella stessa via e stesso numero, ma dicono che non si può. La terza volta trovo una impiegata scorbutica con cui ci scontriamo subito, qualsiasi cosa io dica le da fastidio, riguardiamo i registro. Si, ammette c'è qualcosa di strano, si anche lei è originario delle zone di Borello e ammette che strada Valdinoce è altra cosa, altro territorio. Dice no, non sono stato adottato perchè il registro degli adottati è un altro. Le chiedo perchè non sono nel registro ufficiale. Ha un attimo di pausa e risponde : qua sono registrati quelli nati in casa. Prima anni 50, soprattutto in campagna tutti nascevano in casa. Le chiedo come mai nato in strada Valdinoce che è Meldola e io risulto Cesena? Mi guarda come per dire "cavolo vuoi da me?" Anche lei però ammette che la cancellazione del primo indirizzo è cosa strana, si vedevano dei segni , aveva fretta, neanche lei mi ha voluto fare vedere le pagine prima o le pagine dopo. E tutti mi dicevano, lascia perdere. 
 
Durante la guerra e subito dopo la guerra Valdinoce aveva più di trecento abitanti, ora saranno una ventina. C'era anche un podestà, forse anche dei presidi militari. Sono tornato diverse volte su, speravo che i fantasmi del luogo, quelli che mi invadevano la mente mi aiutassero a trovare una soluzione. Ho chiesto una volta ad un signore "Scusi dov'è il numero 23?" che non ho mai trovato. Eppure esiste nei mappali del comune di Meldola. Ma questo signore abitava li da pochi anni e non sapeva rispondermi, però era molto curioso. Ho farfugliato delle scuse, avevo mia madre ancora in ospedale, non volevo creare problemi
Gli ultimi tempi, mia madre alternava momenti di vuoto e sfasamenti a momenti di lucidità. Alcune cose ritornavano spesso nei discorsi, su alcune cose non ci sono mai state contraddizioni. Avevo analizzato tutti i racconti di donne disperate, buttate fuori casa, a volte irrequiete , a volte vedove. Avevo analizzato i racconti dei vari bambini abbandonati, ho cercato di entrare nella vita dei miei parenti, ma non sono riuscito a trovare nulla. Vorrei raccontare di queste cose, ma andrei a ferire la sensibilità di chi è rimasto, andrei ad aprire altre voragini che hanno a che fare con la vita di troppe persone. Non posso, e non devo. 
 
Alcune cose nei racconti di mia madre ritornavano in continuazione e in maniera assolutamete precisa. Quattro fratelli: tre maschi e una femmina, più grandi di me. Un nome, Giorgio, continuamente evocato e una grossa tragedia. Alcuni giorni prima di morire avevo chiesto e poi mi sono giurato che non avrei fatto più domande chi era la madre di questi mei fratelli , e mia madre mi ha risposto con grande dolore "non lo so, tutto quello che sapevo te l'ho detto, altre cose non lo so. Lei, l'ho vista solo una volta, è di Meldola, di più non so". 
 
Un amico che è stato adottato mi ha detto : " non hai diritto a chiedere, non hai diritto a cercare, qualunque cosa sia, le tue radici sono i genitori che ti hanno cresciuto". Una volta, negli ultimi periodi, mia madre mi aveva detto :"tu non hai fratelli gemelli perchè i gemelli nascono da una sola sacca, voi eravate in due sacche diverse" e ha iniziato a rimproverarsi di non averci presi tutti e due : "tuo padre non voleva, non ha mai voluto". L'altro era Giorgio?

Ho provato a chiedere ad alcuni parenti stretti, ma nessuno sapeva, anche se sì in effetti hanno cominciato ad ammettere che fisicamente non avevo nulla in comune con nessuno di loro. Ho provato a chiedere ad un cugino di mia madre che ai tempi abitava quelle zone, ma mi ha insultato trattandomi da millantatore bugiardo. Non mi ha ascoltato , è andato su tutte le furie. Ho provato a parlare con il figlio di una persona , già morta, di cui ho gli elementi necessari per ritenere che sapesse tanto, ma anche qua non mi ha voluto ricevere e al telefono mi ha trattato malissimo. 
 
Ho provato a cavalcare tante ipotesi, ma non esiste nessuna carta, non esiste nulla. Non sono stato adottato, dai fogli c'è scritto che sono figlio dei miei genitori. Ho analizzato le carte mediche accumulate negli anni: aldilà dei gruppi sanguigni ( non mi fidavo di internet e ho chiesto anche a diversi medici e tutti la stessa risposta : impossibile), c'erano anche tante altre questioni che stavano ad indicare che non avrei potuto essere figlio naturale di mia madre e di mio padre. Ma nessuno sa niente. I carabinieri di Borello, il capitano non mi ha voluto neanche ricevere, nessuno mi ha voluto ricevere, mi ha ascoltato per telefono – avevo, ho, degli elementi e delle ipotesi abbastanza fondate – mi ha risposto che non hanno più documentazione di quegli anni. 

Ho parlato prima al telefono, poi mandato una lettera alla guardia di finanza di Forlì, perchè mi risultava ci fosse di mezzo un ufficiale della guardia di Finanza. Non ho mai ricevuto risposte. Ho contattato tanti preti, ma tutti mi dicevano lascia perdere, non riuscivo neanche a trovare il mio certificato di battesimo. Dove avevo ricevuto la cresima in una chiesa di Cesena, non c'era . Ma poi ci sono riuscito e ho scoperto che oltre Enzo e Giuseppe, mi chiamavo anche Paolo: battezzato a Piavola quando invece avrei dovuto essere stato battezzato a Casalbono. Quattro giorni dopo la nascita. Giuseppe Paolo Enzo. Mi ha sempre creato problemi avere due nomi, con tre sono andato in tilt. 
 
Ci sono due signori, professionisti importanti allora, gente ricca, proprietari terrieri, due fratelli di cui ho sempre saputo, abitavano non lontano. Non so quale dei due, ma uno ogni tanto capitava da noi a Cesena finchè un giorno mia madre gli aveva detto di non farsi più vedere, lei era una donna per bene, sposata e non voleva si creassero chiacchiere su di lei. Questo signore mi era stato anche presentato. Non credo sia un ipotetico padre naturale che magari aveva approfittato di qualche ragazza contadina nelle sue proprietà. Però sono convinto che qualcosa sapesse. La mia ricostruzione dei fatti, neanche troppo campata per aria è questa: In una notte di agosto di tanti anni fa, una ragazza, bella , giovane con la vita nel corpo subiva un aborto di un bambino che lei e suo marito, altrettanto giovane, bello e pieno di vita, avevano voluto a tutti i costi dopo la morte della prima figlia. La levatrice si era arrabbiata con l'uomo perchè lo aveva avvertito "questa donna è a rischio di aborto, al primo segnale la devi portare in ospedale". Forse aveva detto loro che non potevano più avere figli. E forse gli ha detto di aspettare e di non parlare con nessuno. Forse anche l'intervento di un medico. Il signore o il fratello di quel signore che ogni tanto capitava da noi a Cesena. 
 
Forse la notte stessa, forse il giorno dopo, o forse il giorno prima, in un'altra casa , a non troppi chilometri di distanza, in un posto dove c'erano stati i fascisti e i nazisti, nasceva un altro bimbo, non voluto o non potuto tenere, forse per una tragedia familiare. So che quella notte c'è stato qualche via vai di macchine . Avevo già detto, allora la macchina era un lusso, i miei non avevano neanche una bicicletta. Forse la levatrice e il medico, hanno combinato le cose. Non posso raccontare i rapporti di alcuni parenti di mia madre con questo medico e con questa levatrice. So con sicurezza che nessuno dei parenti di mia madre o di mio padre erano presenti alla mia nascita, quando invece per qualsiasi piccola cosa c'erano sempre.

Un bambino nato morto e un'altro nato sano e pieno di vita. Il primo voluto a tutti i costi, anche della vita, il secondo non voluto. Quando avevo parlato con la terza impiegata dell'anagrafe di Cesena, quella antipatica, le avevo prospettato questa ipotesi dello scambio, poi sono dovuto stare zitto perchè lei ha iniziato a blaterare che questo era reato e andava denunciato. Denuncio dei morti? Per una ipotesi, molto verosimile , ma pur sempre ipotesi?
Da quando mia madre ha iniziato a stare seriamente male e dal momento delle mie ricerche, sono iniziate strane coincidenze. 

Un anno dopo la morte di mio padre, giorno dei Santi, eravamo al cimitero. C'era un signore, poco più alto di me, sembrava nessuno lo conoscesse. Faccia simpatica, vestito con una cura ed una eleganza quasi antiche, le mani grandi da lavoratore. Mi dava l'idea del proprietario di una azienda agricola o di un professionista che in pensione si fosse messo a lavorare nei suoi campi. Non l'ho guardato molto, lui guardava me e mia madre e stava fermo. Poi ad un certo punto ha iniziato a parlare con mia madre, lei sembrava non conoscerlo, poi ad un certo punto gli ha sorriso e gli preso le mani. L'uomo continuava a guardare me. Mia madre è sempre stata molto espansiva ed ogni persona che incontrava del proprio passato, erano, come si dice in romagna, grandi feste e sempre mi chiamava per presentarmi. Orgogliosa : "mio figlio". E ancora più orgogliosa dato che spesso dicevano che ero uguale a lei, che non era affermazione scontata. 

Io dovevo sistemare i fiori, non mi sono avvicinato per pudore, ho sorriso e siamo partiti. Questo signore rimasto sempre lì. In macchina al ritorno verso Cesena incomincio a focalizzare: non troppo alto, piacevole d'aspetto, suppergiù la mia età, un pò più chiaro di me. Diverso rispetto agli altri con una aria a me familiare e quasi da straniero e i tanti capelli esattamente uguali ai miei. Lui ben pettinato e curato, io no, non è mia abitudine pettinarmi. Ho chiesto a mia madre :"chi era quell'uomo?" . Lei di solito ad una domanda del genere mi elencava tutti i gradi di amicizia o parentela che l'avvicinavano ad una determinata persona. Mi ha risposto in maniera dura "è il figlio di una signora che conosco" e poi si è chiusa nel silenzio. Gli aveva preso le mani con affetto, con rispetto, era commossa, per un attimo aveva indicato me, l'uomo aveva sorriso lievente, ma era un sorriso da commozzione. Mai più rivisto. 

Dicevo sono iniziate una serie di strane coincidenze, che troppe volte non possono essere solo coincidenze, oppure sono pazzo. Gente che mi avvicinava , che aveva voglia di parlare, che cosa c'è di strano. Perloppiù gente giovane, ma tutti avevano caratteristiche molto simili, non altissimi, i capelli neri, la pelle un pochino abbronzata e gli occhi un pochino allungati da farli sembrare degli stranieri. Compresa una coppia di gemellini ventenni, ma con gli occhi azzurri. Ne avevo parlato con mia madre e lei con un sorriso : " ti stanno cercando anche loro, sanno che esisti, ma non sanno che sei tu". Mi pregava spesso dopo momenti di silenzi di andarli a cercare, i miei fratelli. Si sentiva in colpa perchè aveva potuto prendere solo me, ma eravamo molto poveri , non avrebbe potuto. Specialmente si sentiva in colpa verso quel Giorgio, di un anno più grande di me o addirittura mio gemello ( da sacche diverse) , mi diceva che era biondino di capelli e che era bello. Ridendo avevo chiesto a mia madre: " ti hanno dato quello brutto e si sono tenuti quello bello?" lei si era arrabbiata: "no li hanno messi tutti quanti in collegio". Ho cercato in internet tutti i possibili orfanatrofi di Forlì e Cesena e dintorni negli anni 50, ma non ci ho capito nulla.
 
Per due anni ho girato in lungo e in largo quel pezzetto di Romagna senza riuscire a trovare nulla. Un giorno, ero a Cesena con il cane, sapevo che mia madre non avrebbe avuto ancora molto da campare, allora ho deciso di portare il cane nelle zone bergamsche dove abito io, di organizzarmi in modo da potere passare gli ultimi giorni con lei. Neanche due giorni mi chiamano di notte, mia madre era morta. Ho corso in autostrada, quando sono arrivato già alcuni parenti e lei ancora calda. Fuori c'era la neve, ancora febbraio, esattamente tre anni dalla morte di mio padre. Ho fatto il padrone di casa, ho accolto i parenti e gli amici e anche se non avevo voglia, ascoltavo le loro chiacchiere. E ogni tanto qualche cugino buttava fuori una frase un pochino strana, ma avevo la testa altrove per chiedere delucidazioni. I miei mi hanno sempre insegnato che non si può piangere in pubblico, ci deve essere dignità anche nel momento della morte. Volevo che i fiori ricordassero un giorno di primavera e quando siamo arrivati in collina , la in cima dove c'era la chiesa e il cimitero, è spuntato un pochino di sole. Vicino al prete, il giovanotto che suonava la chitarra era un mio amico e questo mi ha dato un pò di sicurezza. 

 Ho voluto io ricordare mia madre. Avrei desiderato e forse lo avrebbe desiderato anche lei, raccontare pubblicamente le cose che avevo scoperto, ma non ho avuto coraggio. Erano presenti sua sorella e l'ultima sorella di mio padre e anche un'altra cognata, pure loro già anziane. Le avrei fatte svenire. Ho ricordato quel posto, Piavola, paese mitico per mia madre, ho raccontato della miseria e del dopoguerra. Ho detto che ad un bambino che nasce, non interessano dna o gruppi sanguigni. Un bambino che nasce ha bisogno di affetto e di essere cresciuto e di essere voluto bene. E di questo dovevo ringraziare mia madre. Avevo portato un cd con una ninna nanna dell'est europa, volevo che l'uscita dalla chiesa fosse accompagnata da questa ninna nanna, ma non ne ho avuto il coraggio. 
 
Fantasie di una persona forse impazzita, ma ho sempre avuto l'idea, l'impressione, che dal momento della mia nascita qualcuno mi abbia preso in braccio e prima di consegnarmi a mia madre, mi abbia cantato una ninna nanna. So che in quell'attimo mia madre mi ha rifiutato, non ero il figlio che voleva, me l'ha sempre raccontato chiedendomi scusa perchè si sentiva in colpa, ma poi mi ha sempre detto che io ho iniziato a piangere, mi hanno appoggiato al suo petto e lei ha detto :"si, sei tu mio figlio". 
 
Anni fa avevo portato mia madre a trovare una sua cugina, quella che ad un mese dalla mia nascita aveva esclamato : "fortuna che è già finita la guerra, altrimenti avrei detto fosse il figlio di un marrocchino". Non l'avevo mai conosciuta. Era stata data in sposa bambina ad un uomo molto più vecchio, grande invalido di guerra che lei odiava e si erano trasferiti. Appena ci ha visti , continuava a guardarmi divertita e stupita, poi aveva detto a mia madre :" ommioddio è uguale a te". E mia madre aveva risposto " per forza è mio figlio" ed hanno iniziato a ridere e ad abbracciarsi. 
 
Dopo due anni di ricerche , senza mai approdare a nulla, ad un certo punto faccio un sogno. Mi compare un uomo vestito con eleganza, la faccia oscurata e mi dice " e' inutile che continui a cercare, stai perdendo il tuo tempo. Io sono morto e sono tuo fratello". A parte il fatto che uno si sveglia di malumore, non so esattamente cosa voglia dire questo sogno. Forse ero io che mi stavo dicendo " stai perdendpo il tuo tempo". Come nelle depressioni, spesso ci si costruisce degli alibi, per girare attorno ai problemi, per evitarli, per non affrontarli, per paura della vita. 
 
Io non so cosa siano le radici o se esistano realmente, o se è solo un fatto culturale di questi ultimi anni. Allora non si capirebbero i popoli nomadi, non si capirebbero le migrazioni. Radici è dove vivi, è dove c'è gente che ti vuole bene, è dove tu ti trovi bene. Che non vuol dire necessariamente il posto dove sei nato o vissuto o le persone con cui sei cresciuto. Le radici sei tu, qualunque parte vai te le porti dietro. 
 
Cercare un fratello mai conosciuto, cercare dei genitori naturali , no io miei eventuali genitori naturali proprio non li vorrei conoscere, non è cercare delle radici. Quelle che tu avevi con loro sono già spezzate e ne sono cresciute altre. Un fratello non diventa tale perchè ha un dna simile al tuo, un fratello non diventa fratello dopo sessanta anni. Sono sempre stato invidioso di quei figli che sembrano la fotocopia dei loro genitori o dei loro parenti. A volte mi guardo allo specchio e penso , ma ci sarà pure in giro qualcuno con una faccia simile alla mia. A me sarebbe piaciuto trovare , casomai realmente esistessero , dei fratelli per vedere come sono le loro facce, i loro capelli, i loro occhi. Quello che non c'è stato non si recupera, però avrei desiderato un abbraccio e poi chiaro, ognuno per la propria strada. Mi sarebbe piaciuto trovare mio fratello, quello gemello, per vedere come le vite diverse possano avere plasmato uno o l'altro. Volevo un abbraccio.

Sono sempre stato affascinato dai gemelli, io sarei quello più chiacchierone, o quello più silenzioso che segue sempre l'altro? Ma non si può costruire una vita con quello che non c'è stato, si rischia di dimenticare quello che c'è stato, si rischia di essere ingiusti con quello che c'è stato. Nelle mie ricerche, praticamente tutti mi hanno sempre detto, lascia perdere. In effetti , dovrei andare a scavare nella vita di altri che non vogliono sapere o non sanno, non posso scombussolare la vita di altre persone. 

In mano non ho nulla, non sono stato adottato, non ci sono carte, risulto figlio dei miei, non ci sono carte, non ci sono ricordi, sembra che nessuno sappia e spesso sembra che io mi sia inventato tutto. In mano non ho nulla: delle sensazioni, dei sogni, delle parole forse in parte vere, forse in parte falsate dalla malattia. In mano ho tre gruppi sanguigni incompatibili fra loro. Ho delle cartelle cliniche che danno indicazioni ben precise. Sempre un altro medico una volta , dovendo mettere insieme i problemi fisici di mia madre mi aveva chiesto : " ma tu quando sei nato eri giallo, eri ammalato, come hai fatto a nascere?" fanculo ho pensato, sono nato, ero grosso, scuro di capelli e stavo benissimo. Ho un atto di nascita che dice come io sia nato non dove ho sempre creduto. Una via scritta sopra ad un altra cancellata con il raschietto. Niente altro.
Però ho me.......................... continua

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