lunedì 8 luglio 2013

e rinascerò come fiore: storie di una vita e di un laboratorio teatrale



Fiore di magnolia, fiore di loto, rose rosse profumate intense. Sono finiti i nostri tre giorni di laboratorio praticamente non stop. Concludiamo senza malinconie ho detto, ma con la voglia di nuovi inizi. Senz'altro come dice Marco i miei laboratori stages o non so cosa ,ormai non si possono definire propriamente teatrali, ma sono altro o oltre. Cosa quest'altro non sono riuscito ancora a teorizzarlo o a capirlo bene. Parto anni fa dalla consapevolezza che esiste la tecnica, ma anche il corpo e il cuore, oltre che la mente, dell'attore che con queste tecniche deve rapportarsi. Parto anche dal fatto che non ritengo il teatro e le sue tecniche una scienza perfetta, dato che aldilà delle mode, dei momenti storici particolari, dei cambiamenti ogni tanto radicali, queste tecniche sono modificate dall'esperienza , dal pensiero dal corpo e dal cuore anche di chi in quel momento te le sta insegnando. E sono i cambiamenti , le rivoluzioni che possono mantenere vivo e affascinante un corpo, il teatro, che unicamente di tecnica potrebbe essere solo la vestale della classe media. E vai con le citazioni. Questa dal titolo di un libro del mio allora docente di sociologia, Marzio Barbagli. Lo ripeto in continuazione , da anni mi sta stretto il teatro, da anni mi sta stretta la vita che trovo meravigliosa e che vorrei avere la possibilità di vivermela un pochino di più. Poi, non è la natura che pur amo in maniera incondizionata, ma tutti i percorsi incasinati della mente che cerco di tradurre in strani percorsi fra boschi aggrovigliati, pantani e acque limpidissime. Non serve rimuginare o rimpiangere il passato, il passato è quello che siamo noi ora. Banale, si. Nasco figlio non voluto, perchè prima di me era morta un'altra figlia, una sorella che non ho mai conosciuto. E' lei che volevano. Due genitori troppo giovani, troppo belli, lui Peter Pan, lei Giovanna D'Arco, entrambi poco pensiero,ma sangue caliente e un figlio ingombrante, io, cicciotto e bruttino, da sballottare in giro parente dopo parente con la scusa del lavoro. Piccolissimo ho incontrato la follia vera. Quella di una vicina di casa, improvvisamente impazzita per una arancia che lei riteneva le fosse stata rubata da una figlia. O quella di alcune persone che si buttavano dal ponte vecchio di cesena. Ho sempre abitato poco distante da un fiume e il rumore delle acque era la mia ninna nanna.
E ogni tanto fuggivo nel cuore della notte per dimostrarmi che non avevo paura e cantavo a squarciagola perchè di paura ne avevo tantissima. Ho chiuso con il mio mondo a undici anni per andare in seminario, ostacolato da tutti , ma più mi ostacolavano più puntavo i piedi. Ero alto come adesso, ma più grosso. Non andavo per vocazione, ma per dare un taglio al mio mondo. E li mi hanno aumentato le paure . Clima cupo, disciplina, pantaloni corti e ginocchia sbucciate e tutto peccato. Lavaggio del cervello, non appartieni a te o a qualcuno,ma a dio. Calma. Mi ci sono voluti poi anni per togliermi anche se non completamente le paure di un corpo carne in decomposizione peccato che se non appartiene a dio a chi appartiene? A me porca miseria. Ho continuato con il liceo classico, odiavo tutti ed ero corteggiato anche da tanti e non ne capivo il motivo. Sono stato male e andavo malissimo a scuola, poi il mio unico amico è morto affogato dopo un tuffo nel fiume e ho mandato tutti al diavolo. Mia madre voleva che io continuassi a studiare, mio padre voleva che io , così come i suoi nipoti, iniziassi a lavorare. Ho deciso per il compromesso, avrei dato l'esame , tutto in una volta, dei 4 anni delle allora magistrali. Fossi stato promosso avrei continuato, fossi stato bocciato sarei andato a lavorare. Che per inciso sempre per fuggire dai miei, d'estate facevo il cameriere a Cesenatico per non dovere pesare su nessuno. Ho dato i quattro anni e sono stato promosso e così a neanche 18 anno mi ero già iscritto all'università. Improvvisamente , nel giro di pochi mesi sono passato dagli 80 chili che ero, ai sessanta chili. Ma non me ne sono accorto e ho continuato a vivere e a essere goffo come prima. Improvvisamente tantissimi amici e tanta gente che si innamorava di me, ma io neanche sapevo cosa fosse l'amore e quando mi facevano dei complimenti pensavo mi prendessero in giro. Poi improvvisamente mi sono accorto che non era della fidanzatina che ho avuto per due settimane ( peraltro anche lei porca miseria morta suicida tanti anni dopo , un volo da quel famigerato ponte vecchio) ma del fratello. Grandi pianti e grandi crisi. Ne ho parlato con i miei che mi hanno detto che ero pazzo ed è iniziato un periodo molto pesante. Guerra totale. A 21 anni , sei esami dalla laurea, mi sembrava di impazzire e ho mollato di nuovo tutto andando per il servizio militare. E' stata dura,la guerra con i miei senza un attimo di tregua, e tramite un maresciallo amico di mio padre ho passato quasi una settimana segregato nel carcere militare, sezione quelli fuori di testa. Passavo le mie notti in bianco accucciato nel mio angolo a sentire le urla di ragazzi realmente impazziti e sempre pronti alla autodistruzione. Mi ha salvato uno psichiatra che ha stabilito nero su bianco che ero troppo intelligente, l'avevo sempre pensato, troppo lucido e con i piedi per terra per potere essere pazzo e tanto meno omosessuale. E poi i miei amici si meravigliano per il fatto che considero gli psichiatri dei perfetti imbecilli. Ritornato a casa, ho trovato un lavoro, ho risparmiato e sono
andato a vivere a Bologna. E finalmente il mio primo rapporto d'amore e di sesso. 24 anni, e come dicono nella bergamasca: “aspetta mo un pito”. Dopo un periodo come impiegato ho deciso di andare a lavorare in fabbrica, lavori pesanti da manovale e finalmente finita la mia storia che non era bella , ma ossessiva e malata e al pensiero “mai più botte sui maroni” ho ripreso l'università, virando da pedagogia a sociologia. Sono una persona fortunata, ho incontrato gente straordinaria, il meglio che ci poteva essere in tutti i campi, Così all'università dove mi sono laureato con una tesi su desiderio e comportamenti. Bologna fine anni 70 prima anni 80, era unica in Italia, tutto quello che era novità in campo mondiale ( dalla danza, al teatro, alla musica, alla body art) li, a Bologna passava in anteprima e li a Bologna dopo tanti lavori e tanti, troppi interessi, ho deciso di riprendermi in mano la mia vita e di non avere più voglia di fuggire( non da un luogo che di luoghi ce ne sono tanti) ma da me. E ho conosciuto e sono stato allievo di maestri fondamentali per il teatro e la danza contemporanei. Tanti libri e tanti film mi hanno cambiato visione o prospettive della vita. In questo caso un libro di sociologia, del sociologo americano Eric Goffman, un libro piccolino, scritto in maniera semplice semplice. Addirittura banale nella sua semplicità : “la vita umana come rappresentazione teatrale” e ho iniziato a guardarmi in giro, le persone i loro comportamenti , le loro maschere, le loro rappresentazioni. Non guardavo solo per curiosità, ma per studio. Poi il film “la montagna sacra” di Jodorovsky” , follia, mondi paralleli, sublime e basso, avevano la possibilità di essere trasfigurati e vissuti tramite la forma artistica. Non sono un fanatico di Jodorovsky, quello dopo che a volte mi sembra anche un po' cialtrone, ma i suoi film li ho amati in maniera sconsiderata. C'è un altro elemento importante, due e riguardano la Romagna e la mia famiglia di origine. Primo elemento : a circa 18 anni e tramite una serie di concause che sarebbe troppo lungo specificare, ho scoperto che esisteva un sottobosco che non conoscevo. La romagna così laica , eppure intasata di cartomanti, fattucchieri, cialtroni vari, interpretazioni di sogni, preti esorcisti , frati considerati santi, contadini guaritori, conventi e basiliche attorniate dal mistero e riti crudeli e ancestrali. Secondo elemento: Il fatto di avere deciso di vivere la mia vita, ha creato dei grossi problemi ai miei. La prima e unica volta che mio padre ha visto un mio spettacolo , era una cosina sui trampoli, eravamo tre guerrieri, eravamo giovani, ci sentivamo belli, volevamo sfondare il mondo. Finito lo spettacolo, lui , mio padre, ha guardato mia madre e ha commentato in dialetto “ per me sono tre froci” e non è mai più venuto a vedere un mio spettacolo. Abituati a considerarmi loro proprietà, non hanno mai accettato l'idea di un figlio diverso da quello che loro avevano progettato e immaginato per loro. E si sono chiusi, iniziando a tagliare tutti i ponti con il mondo, poi andati in pensione hanno iniziato ad ammalarsi.Malattie pesanti. E qui ho deciso di essere io ad avvicinarmi. Rapporti contrastati, a volte pesanti, ma non potevo abbandonarli, anche se forse un pochino se lo sarebbero meritato. Sono un somaro da lavoro, si devono fare delle cose , si fanno, senza tante menate. E ho passato le notti e i giorni in ospedali, dato che i miei non accettavano nessun altro se non me. E li hai un bel da dire, faccio l'attore, so scrivere, spacco il mondo. Conosci la malattia, vedi la gente morire, ti devi confrontare con quelle cose che si chiamano piscio , merda, sangue e altro. Dimenticavo una cosa importante. Nel nostro periodo bolognese, abbiamo lavorato in maniera costante anche a Imola. Nel teatro dell' ex manicomio. Con ancora alcuni ricoverati. Era lavoro, era una possibilità che ci era stata data, ma appena ci inoltravamo lungo i vialetti del manicomio mi prendeva una angoscia terribile. Questi signori signore, brutti sporchi cattivi che si avvicinavano urlando, che tante, troppe cose... eppure ero affascinato da questa umanità lacerata e ne spiavo i movimenti, la ripetizione ossessiva costante di una azione che poi cercavo di tramutare in azioni teatrali. Piccolo ricordo che ora mi fa sorridere. Una volta ero andato solo, mi sono chiuso in teatro per lavorare una intera giornata. E' arrivato un uomo, si è spogliato e per tutta l'intera giornata è rimasto sdraiato davanti alla porta del teatro alternando belati a ululati . Non avevo il coraggio di uscire, infatti poi ho perso il treno per ritornarmene a casa. Non so leggere il cuore delle persone per chissà quali qualità, è il mio vissuto che mi ricorda in continuazione che si vive una volta sola, che gli egoismi narcisismi egocentrismi sono una sciocchezza che ti fa perdere il gusto delle cose e che se una persona ti guarda e ha bisogno di un sorriso, non puoi negarglielo. Non sto a dilungarmi dato che volevo parlare del laboratorio. Quello che volevo dire , è che una persona, la sua sensibilità il suo cuore, è quello che ha vissuto in precedenza. Scontato. In ogni caso e ad un certo punto mi sono accorto che ogni persona ha un proprio interessantissimo mondo alle spalle che va ascoltato e va rispettato. Ho conosciuto molti amici del teatro, tanto forti in scena, quanto tanto fragili nella vita. Come se il loro ego fuori dalla scena non avesse ragione di esistere e mi andavano in tilt. Infatti ormai amo solo quegli artisti che anche fuori scena sanno ricordarsi di essere persone. Dato che la vita di ognuno ha la stessa uguale dignità e ognuno ha lo stesso diritto di essere ascoltato. Ogni tanto qualcuno, artista o meno, dice “ se parlassi della mia vita dovrei scrivere un romanzo”. Ma tutti hanno nel cuore tanto , da scrivere non un romanzo , ma mille enciclopedie. Sono tosto, a volte anche troppo duro con me, credevo di avere risolto tutto e di essere uscito indenne dai miei anni. Ma compiuti i cinquant'anni ,tutto il mio mondo mi è crollato addosso con tanto di fortissime crisi di panico. Poi ho pensato , quante menate Enzo, questa è la vita di tutti, non sei unico e ho cercato di fare teatro in maniera diversa, un teatro in cui tutti i miei mondi potessero di nuovo non dico acquietarsi, ma convivere. Di qui le camminate, gli spettacoli sul fiume, con lo spettatore , attore come entrasse e uscisse da un film o da un sogno. Ho avuto molti che mi hanno copiato, addirittura l'ultima camminata una ragazza prendeva appunti. Mi è sembrata una cosa idiota. Le mie azioni nascono dal cuore, da un pensiero, da un ragionamento, non copiarmi, usa il tuo cuore la tua intelligenza, mettiti in discussione. Altrimenti è solo una bella pagliacciata in cui ridicolizzi il rito e i sentimenti delle persone. Perchè le persone , tante persone hanno il dolore dentro il cuore, non puoi prenderle in giro con delle belle scene copiate pari pari da me. Devi capire questo dolore, devi passarci sopra con leggerezza, devi sorriderci, devi piangerci, e poi trovare una via d'uscita. Da anni poi dicevo mi stavano stretti anche i laboratori teatrali. Lavori, dai una tecnica e ti trovi sempre qualche invasato che magari per uno spettacolo fatto bene, si crede improvvisamente dio. Come la ragazzina che fa due giorni di danza classica e cammina già con i piedi allargati. E anche qua avevo bisogno di altro, come mi mancasse il respiro. Negli ultimi anni con i miei ragazzi che ragazzi non sono più neanche loro, ho lavorato, oltre che nel teatro di Romanengo, al mulino di Torre Pallavicina. E ogni tanto ci veniva voglia di lavorare all'aperto o di tuffarci in acqua, piccole cose nate così per caso. Ho già riferito in un blog precedente come poi anni fa mi era stato commissionato un laboratorio particolare. Una analisi dei comportamenti. Ci sono andato a nozze. E poi sono arrivato in questi ultimi mesi alla elaborazione di questo particolare laboratorio che Marco definisce molto poco teatrale, o quanto meno non ortodosso. A me non interessa definirlo, interessava mettere assieme tutte quelle sensibilità che ho incontrato o con cui mi sono scontrato in questi miei 60 anni di vita. Quando qualcuno mi chiama maestro, digrigno i denti che se proprio devi darmi un appellativo almeno chiamami docente universitario. Volevo una cosa in cui teatro, sociologia, rapporti umani, ferite del cuore, percorsi tortuosi della mente, riti antichi si incastrassero per diventare una cosa unica come uniche e insostituibili sono le tante persone che quotidianamente incontriamo.
Non si ottiene nulla in maniera facile, bisogna lavorare ed essere onesti. Mentre Marco e Piccolo Parallelo andavano avanti con l'organizzazione perchè comunque è lavoro, io creavo le mie trappole. Mi sono detto “non me ne frega nulla di quante persone arrivano”, ma voglio che queste persone abbiano una motivazione fortissima. E' una caduta nel vuoto, una vertigine che ti offro, ma poi ti assicuro, ritorneremo a galla. Su 8 partecipanti due ragazze all'ultimo minuto non sono venute. Una per malattia, l'altra non si sa. Ma appena abbiamo iniziato , ho capito che in quel momento era solo con quelle sei persone con cui volevo lavorare. Ho avuto alcuni piccoli momenti di difficoltà. Mia madre in un periodo di forti scombussolamenti è entrata in uno stato di agitazione depressione, ma di quelle pesanti con tanto di visioni e paranoie varie. Che si acuiscono quando io torno a casa mia e inizio dei lavori importanti. Sabato ho avuto un piccolo momento di “porca miseria lasciami in pace non tormentarmi in continuazione”, ma poi mi sono ripreso , Ma aldilà di questo e aldilà del fatto che non sono riuscito a lavorare su alcune cose , come per esempio gli oggetti che per me non sono oggetti,ma attori di scena, si, sono riuscito a fare tutto quello che mi ero proposto. Senza nessun tipo di tensione, con il sorriso a volte, con la fatica spesso, con i piedi martoriati sempre. Mi è piaciuto tanto e vorrei raccontare di alcuni episodi che mi hanno emozionato mica da ridere. Avevo tirato una corda da un albero, volevo che si danzasse sulla corda. Una delle ragazze è artista di circo, specializzata in trapezio. Con leggerezza è salita e ha improvvisato un tango da toglierti il fiato. L'ultimo giorno , uno degli ultimi esercizi ho voluto fare la respirazione in acqua. Tre coppie, uno in piedi sorreggeva il compagno totalmente sdraiato in acqua, una mano a sorreggere la testa, e una a sorreggere la schiena. Mi piaceva come idea. Acqua corrente , forte. E improvvisamente visioni altre mi hanno invaso la testa. Erano bellissimi da vedere, era una nascita, era una morte, era una rinascita, era un rito questo si antichissimo , era fiducia totale incondizionata dell'altro. E poi a conclusione una danza sfrenata in cui piedi gambe mani braccia dovevano sollevare il più acqua possibile. Era la vita che aveva voglia di emergere e di riesplodere. Il giorno precedente dopo il mio attimino di down avevo lavorato ancora sulla respirazione, sulla voce e su quella cosa strana che si chiama diaframma , che a volte sembra una delle tante spugne in cui si depositano i problemi che ogni persona ha. Ho messo la mano sulla pancia di ognuno per fare vedere dove premere, dove sbloccare e qui la cosa strana. Ad ogni persona ricevevo come una scarica elettrica e non dico la loro vita, ma i loro incasinamenti mi sono passati dalla mano al cervello. Appunto come una scarica elettrica, mi si è caricata l'adrenalina e per un attimo mi sembrava di essere entrato in trance. La spugna va ripulita, altrimenti si infradicia e sono guai. Buttiamoli via questi problemi non lasciarli li ad inzupparsi. Solo tu puoi guarirti. Tante le emozioni dicevo, io non volevo sapere le motivazioni fortissime che percepivo di ognuno, però ho chiesto il primo giorno “ non entrate nei particolari della vostra vita, però raccontateci qualcosa di voi” Io pensavo a qualcosa di scontato forse banale. Nessuno mi ha raccontato la propria vita, ma le motivazioni che l'avevano portato da me. La voglia di chiudere qualcosa e ricominciare da capo. Le motivazioni che volevo. Quando ci siamo salutati ho detto niente malinconie, è solo una piccola tappa che si conclude, domani inizia un'altra tappa. Una ragazza mi dice, posso piangere?non è per malinconia è per felicità. Si sono abbracciati i giovanotti e le giovanotte , io ho detto vi abbraccio dopo. Soldatino tutto d'un pezzo, poi un ragazzo dice “
avevo deciso di dare fiducia a Enzo e questa fiducia è stata ben riposta” come fai a non commuoverti? A marco che mi ha appoggiato, supportato e sopportato, a loro : alla giovane signora di Udine con i capelli dal taglio strano e simpatico e gli occhi azzurrisimi e il bel sorriso timido, alla ragazza di Verona, grande volontà , casini d'amore, grande sorriso e voce splendida, alla giovane donna tedesca, capelli di seta, faccia triste, muscoli di acciaio e leggerezza di libellula colorata, alla pin up in miniatura che tutto è bello tutto è pace,la vita è dura bisogna saperne uscire , ma sempre con il sorriso. Al giovanottone occhi blu azzurro ritornato bambino felice con tanta voglia di ridere e di dimostrare la propria delicatezza, al mio ormai figlio adottivo che arrivava da Trento e che ha affrontato la tre giorni a muso durissimo e che alla fine mi ha abbracciato con la sua frase ormai di rito con me “vecchio porco mi ci voleva proprio” seguito da un mio rituale calcio nel culo. Volevo stupoire, volevo essere stupito, volevo lasdciare qualcosa, volevo ricevere qualcosa, ci siamo riusciti. Grazie. Non sono io ad essere unico e speciale, siamo tutti unici e speciali e con un sorriso e con una mano sul cuore , vi saluto e vi abbraccio.

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