lunedì 22 giugno 2020

Dive, larici caprioli e ancora val di Cembra

 Oggi mi dicevo, ma io non sono solo colline romagnole, Cesena, Bologna, Pumenengo, Romanengo, bassa Cremonese , bassa bergamasca e bresciana e Val di Cembra, però i ricordi sono partiti e allora ancora Valle di Cembra e missà che per un pò di volte.
io a quei tempi
Avevo già detto che fine anni 80, primi anni 90 avevo lavorato per cinque anni , primavera estate per le megaproduzioni di "se in Trentino d'estate un castello" e poi come nel 91 sono finito a Faver. 

Praticamente buttato e lasciato li. Nel 90 avevo un certo aspetto fisico, vent'anni dopo no. A Faver, anni 90/91 avevo fatto amicizia praticamente con tutto il paese, soprattutto con le signore che mi trattavano con simpatia e si confidavano.
se in trentino d'estate un castello, 1990.
Dei tre giovanotti dell'ufficio giovani, uno con gli occhiali,  proprio non lo ricordo, un altro era Sergio e un altro che me lo ricordo bene (dietro consulto telefonico con Sergio, abbiamo deciso di chiamarlo G.H.) poi Maria Pia, presenza fondamentale, dell'apt  con sede a Cembra, ma facente parte di Baselga-Pinè. 

Poi anche Herman e Giovanni, cugini, ma pur Cembrani, il primo ( fisico eccezzionale) appena sposato, arrivava dal Belgio (secoli prima)e continiuava  a mantenere, anche ora, la sua erre francese. 
Faver 1991- momento di pausa
Il secondo, il bello di Faver, era nato in una cittadina sul mare in Liguria e appena poteva fuggiva. Anche ora, dato che abita in Messico (credo) . Vent'anni dopo ritornato a Faver, la prima cosa che mi dice Sergio non è stato "ciao come stai, che bello rivederti", cose che ha detto a Marco. 

A me ha detto " dio come ti sei mantenuto malissimo". La prima cosa invece che ho fatto io, tra l'altro sapendo che a Sergio dava un pò fastidio, mi sono messo alla ricerca del famoso G.H. Dopo mesi, a lavori già iniziati, avevo già incontrato i ragazzi con cui dovevo lavorare, facciamo una camminata lungo la strada di Faver, eravamo Sergio, Marco, Michele e io, ad un certo punto Sergio mi dice :" è lui il tuo amico G.H."
Sergio Paolazzi
Mi avvicino ( nel frattempo ci eravamo scritti diverse mail, ci eravamo sentiti al telefono) e appena dico ciao, G.H. scappa. C'era un muro si è dovuto fermare, io testa dura mi sono avvicinato, ho parlato, l'ho salutato. Sergio, G.H. e Maria Pia sono stati fondamentali vent'anni prima, sono stati la chiave che mi aveva permesso di entrare nel cuore del paese. Non so se con Sergio o con l'altro con gli occhiali, a volte si creavano dei muri incredibili (presumo con Sergio) con G. H. invece amicizia allo stato puro. 

Lui era il paese, i ricordi ancestrali, i segreti di cui uno straniero non dovrebbe venire a conoscenza.
castello di Segonzano
Nei momenti di pausa e di nascosto dagli altri, G. H. mi caricava in macchina e mi portava a vedere l'allevamento di mucche, oppure ci si sedeva in un qualche cocuzzolo e si parlava, neanche troppo. L'ultimo giorno mi ha fatto parte di segreti cui io non avrei dovuto partecipare. Dopo la grande festa e la processione. Infatti poi qualcuno, dopo, l'ha preso a cazzotti. G.H. mi aveva detto una cosa importante anche per il futuro :" ricordati che qua in paese ti vogliamo bene, la gente ti ama. Sei entrato dentro il cuore dei ricordi e hai scoperto e capito molte cose, tu sei come uno di noi, ma non sei uno di noi". Per me fondamentale questa frase. Noi siamo italiani , loro del Trentino, anche se il Trentino, pur non grande è talmente variegato per diversità e culture , da essere tanti Trentino. Comunque gli avevo detto "dai ci vediamo, ci telefoniamo". Mi ha detto, testardo come uno della vergine (ma cos'è sono l'unico uomo della vergine casinista e simpatico?) :"no, è stato un bel incontro, ma tutto si chiude qua". E mi fa rabbia che quando l'ho rivisto, lui si era mantenuto benissimo. Poi era anche alla processione di cui ho parlato nel precedente blog, mi ha guardato, l'ho guardato e basta. 

Comunque Sergio , Marco e Michele hanno riso e mi hanno preso in giro per tanto tempo.
Herman, Michele e Fabio. Prove di Martèn
Comunque da allora avevo mantenuto rapporti sia con Herman,  sua  moglie e Giovanni. Herman è stato anche un attore sia dello spettacolo di allora, sia della nuova versione. A proposito della nuova versione. Stavo lavorando con diversi giovanotti e giovanotte e scelgo Michele per la rivisitazione del nostro spettacolo "Martèn", poi Fabio, un attore di Trento e Herman nel ruolo del fratello maggiore. Non ricordo il nome del posto, ma una frazione di Segonzano, si Sottolona,  un posto meraviglioso da cui si vedeva tutta la vallata. Abbiamo lavorato sodo e arriva il momento della prima. Sapevo che non correva buon sangue fra Michele e Fabio. 


ancora prove di Martèn

Herman no pacifico, aveva già i suoi problemi  e tutto il resto :"enzo dimmi cosa devo fare lo faccio" Ossignùr. Mancano due ore allo spettacolo, chiedo di fare una prova. Vabbè, caldo, vento, nervosismo, i due ragazzini , Michele e Fabio, iniziano ad andare in ebollizione. Io e Herman ci si guardava e si faceva finta di niente. Ad un certo punto, inamissibile durante le prove, i due ragazzini iniziano ad insultarsi con testuali parole :" sei un finocchio, no sei un finocchio te, tu sei una checca, si sono una checca e te sei un rottoinculo"Poi metti che uno è del capricorno, quell'altro del leone, è fatta. Ad un certo punto mi sono incazzato e ho urlato : " l'unica checca qua sono io e tempo due secondi la smettete". Herman in un angolino voleva ridere, ma sogghignava sperando di non farsi vedere. I due ragazzini sono rimasti senza parole e abbiamo ripreso a lavorare. Lo spettacolo andato benissimo, salvo che un lenzuolo ad un certo punto dello spettacolo ha preso fuoco e un vigile, più diva dei tre attori messi insieme, entra in scena, spegne il fuocherello in maniera plateale e prima di uscire dalla scena fa l'inchino al pubblico.  Ci mancava che lo applaudissero. Finito tutto i giovanotti dell'associazione del Mulino di Portegnac mi dicono "Enzo facciamo una resta". Io non sapevo cosa fosse, ho detto si. Mi è arrivato un bicchiere di vino rosso, un teroldego eccezzionale, adesso devi bere tutto d'un sorso. Va bene. Non potevo dire che sono astemio. Non puoi dire ad un trentino che ti offre un bicchiere di vino "non posso bere che sono astemio". Arriva un secondo bicchiere, il teroldego sembrava ancora più buono. Non capivo più niente, tutto girava e ho iniziato a ridere e ho continuato a ridere fino alla mattina dopo. Oggi volevo parlare di ciclismo in valle, del totale appoggio e aiuto da parte di Marco, dell'importanza che ha avuto Sergio come maestro del territorio, dato che mi ha insegnato tantissimo. Anche i nomi degli alberi, ma ancora adesso non so distiguere, un frassino da un pino, da un abete o un larice. Missà che dovrò scrivere tanto sulla valle.
molino di Portegnac - Faver -  capriolo
I primi due anni ero tenuto in ibernazione al mulino di Portegnac, un luogo meraviglioso, tra l'altro ristrutturato e riscostruito da Sergio che è anche architetto. Ero isolatissimo in mezzo ad un bosco di larici (può essere?) e di notte sentivo degli abbai paurosi. Infatti le prime due notti sono fuggito e sono andato a dormire in albergo. Non avevo mai visto un capriolo e tantomeno sentito il suo abbaio che assicuro fa paura. Dai prossime puntate. ciao

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