Ieri sera dopo la camminata, durante la mega cena ( si deve portare
qualcosa da mangiare e per fortuna esageriamo tutti ) mi sono
ritrovato a parlare di teatro, di politica, di madri anziane, di
viaggi, di morosi che scappano peggio dei soldi, ancora di viaggi, di
figli viaggiatori e artisti, di ulivi in mezzo alle campagne e dei
casini della mente. Che quando mi metto a parlare dei casini della
mente con il mio amico Stefano, poi ne usciamo fuori di testa tutti e
due come se già non lo fossimo un pochino di nostro. Infatti Stefano
mi chiama zio. Bella la camminata, un pochino strana e diversa dal
solito. Meno rituale, meno teatrale delle solite, ma altrettanto
fascinosa e misteriosa. Tanta la gente giovane, ero praticamente il
più vecchio. No dai , eravamo in tre ad essere i più vecchi. E
Marco, il mio socio Zappa, continuava a rimarcare che le altre
camminate erano più belle. Ma mi sono preso una bella soddisfazione.
Mi piace , con l'aiuto della notte e ieri anche di una natura
selvaggia a tratti, piena di rumori , stridii di uccelli e di echi
tumultuosi di fiume, mi piace fare perdere la cognizione di spazio e
di tempo. E ad un certo punto Marco, il mio socio Zappa, mi chiede
“non riesco ad orizzontarmi e qua non so dove siamo”. Cioè sul
fiume Oglio a Pumenengo, casa sua. Ho iniziato a volare. Mi piacciono
queste camminate, mi piace quando non si parla e si sentono le
persone, mi piace il popolo dei vaganti notturni, mi piace quando ci
si sente protetti e una serata così mi ci voleva proprio. C'erano
anche le stelle. Poi stamattina presto, solito rituale del caricare
le valigie in macchina e partire, che non sono proprio i viaggi che
desideravo per la mia vita, ma si deve fare e si fa. Sono cresciuto
iper blindato e d'estate , quando il lavoro era tanto, i miei per tre
mesi mi scaricavano su nelle colline dal fratello di mio padre che
aveva una figlia già grande e anche i vicini avevano quattro femmine
e un maschio, già grandi pure loro. I maschi non c'erano mai per cui
sono cresciuto fra le donne, ascoltavo i loro discorsi e di nascosto
spiavo i loro riti. Come le donne anziane che non tagliavano mai i
capelli, li scioglievano di notte e la mattina qualche colpo veloce,
annodati in testa, li nascondevano sotto un grande fazzolettone
scuro. Ho tanti buchi di memoria di quei periodi, stavo bene ed ero
coccolato da tutte ste donne, ma mi mancavano i miei anche se, quando
c'ero io litigavano sempre e quando non c'ero andavano d'accordo.
Avevo paura delle mucche , delle galline e di tutti quegli animali
che di solito vivono in campagna, comprese le bisce e anche i topi. E
quando le donne iniziavano il taglio e la cucitura per la
trasformazione dei galletti a capponi, io terrorizzato mi nascondevo
dietro qualche angolo e immancabilmente qualcuna mi chiamava “vieni
li tagliamo anche a te”. Loro ridevano e io scappavo urlando.
Ricordo le discese al fiume per abbeverare le vacche e per prendere
l'acqua da bere, l'unica fonte che c'era in zona. E il ritorno era
una meraviglia , con scene che spesso ho cercato di riportare nei
miei spettacoli. Le vacche in fila indiana, di fianco le donne con un
secchio per mano e uno in testa. Secchi di zinco pieni di acqua e mai
ne sia caduto uno. Io dietro aggrappato alla coda dell'ultima mucca
che come fanno le mucche, se devono cagare, cagano. Le ninna nanne
mancate e i secchi di zinco, oltre ai fiumi, rimangono la mia dolce
ossessione. Le figlie del vicino già in età di accoppiamenti e
molto vivaci, giravano sempre senza mutande sotto la gonna e ogni
tanto mi trovavo faccia a faccia con quegli strani peli. Più avanti
negli anni avevo saputo che una delle ragazze era rimasta incinta
senza fidanzato, in realtà ne aveva due e i genitori e il fratello
l'avevano cacciata di casa, poi l'hanno ospitata i miei fino al
momento del parto quando è ricomparso uno dei due fidanzati e ha
accettato di essere lui il padre. Padre si fa per dire dato che la
bimba è cresciuta e lui non l'ha mai considerata. Anche un'altra
delle figlie era rimasta incinta e li si sapeva di chi era la
“colpa”. Allora il padre e il fratello della ragazza sono andati
a recuperare il “delinquente” e a suon di botte l'hanno convinto
a sposarla. Ho ritrovato più tardi negli anni queste ragazze ormai
anziane, ma, pur con vite difficoltose, avevano mantenuto la
leggerezza delle loro risate e delle loro passere al vento. Volevo
parlare di storie e storiacce di donne che le mie ricerche attuali
fanno ritornare a galla, ma mi sono venuti in mente alcuni episodi di
quel periodo, episodi che spesso mi tornano e sempre rimangono un
pochino strani o quantomeno bizzarri. Piccolissimo , età forse due
anni, questa storia, poi diventata di “dominio pubblico”, me l'ha
sempre raccontata mia madre. Arrivano due ragazze, vestite
elegantemente, scarpe con tacco e macchina fotografica e
improvvisamente vedono me. Si ero bellino e i capelli sempre tirati a
banana, ma che due ragazze forlivesi eleganti e con scarpe coi tacchi
si aggirassero fra i sentieri polverosi delle colline romagnole con
tanto di macchina fotografica per fotografare me, con la scusa che
cercavano un bimbo per la pubblicità di una celebre marca di
biscotti, non sta in piedi. Mi hanno raccontato che mia madre ha
iniziato a litigare e ha impedito loro mi facessero le foto. Sempre
per non dimenticare, anni 50 e ancora la miseria del dopoguerra.
Qualche anno dopo, io 5, 6 anni sempre dagli zii, le ragazze non
c'erano, solo le donne anziane. E' sceso improvvisamente dal sentiero
alto un giovanotto elegante e bello, un venditore. Di solito i
venditori che giravano le campagne, almeno quelle delle colline,
arrivavano sporchi, sudati, pieni di mercanzie e puzzavano pure.
Ancora di più degli uomini che lavoravano nei campi. Le scarpe,
quando ce le avevano, erano consumate e decisamente non pulite. Io
avevo cinque o sei anni eppure questo episodio l'ho stampato come una
foto. Io continuavo a guardarlo, il giovanotto era bello, elegante,
pulito, era imbarazzato, sudato, aveva scarpe genere mocassini,
bellissime. E io sognante e innamorato continuavo a guardarlo . Non
aveva mercanzie solo dei campioni di stoffa. Stoffe pesanti per
vestiti, aveva versato della benzina per dimostrare che non
prendevano fuoco, non chiedeva anticipi, ma solo ordinazioni. Le
donne erano incantate per le stoffe, ma non si fidavano. Troppo
bello, troppo pulito , troppo elegante, troppo diverso dagli altri, le donne non si fidavano e
non hanno comprato nulla. Lui continuava a guardare me e faceva
domande genere “ma di chi è figlio questo bel bambino?” e cose
del genere. Le donne hanno rifiutato gentilmente qualsiasi tipo di
acquisto e sono corse ad accalappiarmi che già stavo inseguendo il
giovanotto. Poi delle convulsioni mie, non so esattamente il periodo
e non ricordo assolutamente nulla. Sono stato male diversi mesi, ma
non ricordo nulla. Mi hanno detto che le convulsioni erano state
causate da una indigestione . Ma tutte le volte che ho chiesto
indicazioni maggiori ho trovato muri pesantissimi. Ogni tanto, nelle
sue attuali allucinazioni, mia madre parla di due uomini violenti che
volevano “portarmi via”. A me? Ho amici e amiche che farebbero
carte false pur di essere portati via da qualcuno, due poi sarebbe il
massimo. Avevo fatto la camminata dicevo, quella di sabato in
notturna sul fiume Oglio, ero contento. Quando sono sceso, non c'era
neanche tanto traffico in autostrada e pensavo fanculo le origini, in
questo periodo non ne ho proprio voglia. Non posso continuare a
girare queste pur splendide strade spesso sterrate in mezzo ai
greppi, burroni e avvallamenti delle colline romagnole. Avrei delle
cose concrete da cui partire, ma la sto prendendo alla larga e tutto
diventa sempre più incasinato. Non posso permettermi di andare giù
di testa oltre quello che son già di mio. E questi fantomatici
fratelli, più grandi di me, oramai saranno già vecchi e ci
mancherebbe che debba badare pure loro. Arrivo tranquillo in
struttura e mi faccio i complimenti per il mio carattere cercando di
convincermi che sono una roccia. La mattina andata un po' così, il
pomeriggio con mia madre abbiamo riso tanto. Mitico Enzo.
Improvvisamente mia madre dice : “ma ti dispiace avere saputo che
hai dei fratelli?” sempre specificando che lei è mia madre e non
ha adottato me, ma ha adottato loro. Chi li ha mai visti? Ma quando
le chiedo chi erano, dove abitavano come si chiamavano questi
fratelli e i genitori di questi fratelli, lei ritorna muro. E ritorna
questo Giorgio, quello più piccolo degli altri, quello più grande
di me di qualche anno. Cerco di cambiare discorso, non ho voglia di
massacrarmi ancora il cuore e la testa, riesco a cambiare discorso e
poi prima di andare, mia madre mi dice di aspettare : “deve
arrivare Giorgio, lui è sposato è già nonno, ma vuole che tu vada
a dormire a casa loro”. Ma basta con questi fratelli che non mi
hanno mai cercato e mia madre serafica : “sbagli, è da questa
estate che ti stanno cercando, sanno che esisti, ma non sanno chi sei
e non sono ancora riusciti a trovarti”. Il posto dove sono nato,
non quello che mi hanno sempre detto, quello reale, lei lo chiama
Germania, ma le indicazioni sono talmente precise che il posto è
quello. Della madre dei ragazzi miei fratelli, diceva che era morta
durante i bombardamenti. Poi quando facevo notare che durante la
guerra io non ero ancora nato, mia madre si arrabbia. Da discorsi
successivi sembra comunque che questa donna sia morta, forse in
maniera cruenta e subito dopo il parto. Del padre, mia madre dice che
non saprebbe dove rintracciarlo, l'ha visto solo una volta e l'ha
sempre chiamato il tedesco. L'unica persona che ho incontrato in un
sopralluogo della settimana scorsa , era uno dei 18 abitanti di
questo paese che allora di abitanti ne faceva 400. Era anche di
un'altra zona, si era innamorato del posto e c'era andato ad abitare.
Mi ha detto che alla fine della guerra , c'era un insediamento di
tedeschi, che c'era anche un podestà, per il resto non sapeva dirmi
nulla. Credo risulti lampante come io non possa essere figlio di un
tedesco, ma cosa intenda per tedesco e germania mia madre, non sono
riuscito a capire. Morale della favola: stavo così bene quando
abbiamo terminato la camminata... L'ho già raccontato, l'anno scorso
al cimitero,( mi viene in mente adesso, subito dopo il crollo di mia
madre), c'era questo signore, poco più alto e poco più grande di
me, due tre anni. Minutino, magrolino, eleganza antica. Una bella
giacca di lana, quelle di qualche anno fa, tagliata su misura, ben
pettinato, pulitino , bellino, aveva qualcosa di strano, di diverso
dagli altri. Mi avevano colpito i suoi capelli, che pur pettinati
sembravano i miei, l'aria quasi da maestro o dottorino di campagna,
le mani grandi e rovinate da contadino e un sorriso dolce educato e
triste. Ho realizzato solo dopo, quando ormai eravamo lontani. La
parentela non è solo una questione di sangue o di geni, la parentela
è con chi stai, con chi vuoi bene, con chi divide la tua vita e le
tue esperienze per cui non ho bisogno di andare a cercare delle madri
, dei padri o dei fratelli. Non avrei bisogno. E' quell'omino di cui
non ricordo nulla se non i particolari che ho raccontato, è lui, che
parlava con delicatezza e gentilezza con mia madre tenendole le mani,
è lui che non mi è stato presentato, è lui che forse si chiama
Giorgio, che vado cercando.
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