lunedì 21 settembre 2015

zero più uno uguale due

Sarà il “respiro del fiume” di venerdì, serata e incontri magici, saranno alcuni sogni, sarà che il mio cane ha fatto tre anni e il pelo vicino alla bocca gli si sta già schiarendo, sarà il frescolino di questi giorni, sarà la stanchezza cui ormai non potrei più rinunciare, saranno gli ormoni che hanno voglia di svegliarsi, ma sto bene. Non mi pongo più domande, perchè o per come, non serve dare una risposta a tutto. Avevo già parlato di come nel film “la donna che canta” , sul finale, scoperta la verità, uno dei gemelli dice “uno più uno non può fare uno”. Avevo già raccontato quanto questa frase mi avesse colpito. Poi ho fatto un sogno di cui ricordo solo l'immagine finale. Una lavagna con su scritto con il gessetto : 0 + 1 = 2. Non ho saputo dare una spiegazione e mi sono anche stancato poi di pensarci.
 Dove abito io ci sono appartamenti che affittano a settimana. La gente viene, che poi uno venga a fare le vacanze a Torre Pallavicina, mi sembra quanto meno bizzarro. Prima una coppia di olandesi. Minutini educatini, sempre chiusi in casa o nascosti a leggere sotto un albero. Poi una coppia inglese con lei donnone esuberante e sorridente. Poi pausa, poi il proprietario mi dice : domani arriva una coppia da Milano per tre giorni, poi prossima settimana altri non so da dove. Arrivo, mi accorgo della presenza dei nuovi arrivati per l'abbaiare del cane. Guardo un attimo e saluto, ma qualcosa mi crea un disagio profondo. Coppia giovane sui trent'anni con bambino piccolo. Non sono mai usciti di casa, solo lui per fare la passeggiata con il bambino. Mi presento , dico di non preoccuparsi del cane che quando c'è qualcuno lo tengo al guinzaglio e le solite cose. Mi batte forte il cuore. Il giovanotto assomiglia in maniera impressionante a me, quando avevo trenta anni. Un po' più alto, un po' più chiaro, ma stessi capelli, stesso taglio, stessa pelle , naso, bocca, sorriso e gli occhi. Mi ha detto che è nato a Milano, ma l'accento era di persona straniera. Non aveva voglia di parlare, sorrideva, e io non volevo fare domande. L'ho rivisto quando sono partiti, sono sempre stati in casa, ogni tanto lui guardava da dietro le tende, mi ha sorriso e salutato con la mano, mi sembrava di svenire. Sembrava me più giovane che salutava me. Capelli lisci neri, pelle vellutata, corpo europeo ed occhi a mandorla. Non mi sono fatto più domande, la vita è fatta di incontri, sguardi, coincidenze.
 In quei giorni continuavo a fare sopralluoghi per la camminata in notturna, pubblico delle foto e il commento di August, omone italo-argentino che stimo tantissimo : “belle foto ma mi domando sempre cosa fai lì che sei arte, palcocenico, e "umano".” poi anch'io nel sopralluogo successivo mi sono chiesto cosa facessi lì, si va bene amare la natura e i cani e gli animali, ma mi sto dimenticando che esistono le persone, che esistono gli amici e che esiste un lavoro che ho sempre amato. Alla camminata un giovanotto che conosco da anni e con cui ci battibecchiamo abbastanza mi dice : “hai solo bisogno di innamorarti” - rispondo :”succedesse, ora potrei essere pronto”. Sua conclusione : “figuriamoci”. Ha ragione. Durante la camminata un bel e delicato gesto di affetto da una persona sconosciuta che tale è voluta rimanere anche quando dopo ci si è ritrovati per mangiare qualcosa assieme. Notte insonne, agitata, la mattina di sabato parto per Cesena. Alcune cose da sbrigare, fiori al cimitero, persone da salutare, computer in tilt e di nuovo notte e ancora sogni incasinati e agitati.
 Mi alzo decido di partire, un salto su in collina ancora per un saluto, ai miei e alle colline, mi fermo a fare benzina. Assonnato, incazzato do le chiavi al benzinaio “50 diesel, grazie”. Lui è un quarantenne atletico, bello, alto, magro, moro, occhi chiari verdi. Fa una battuta, rispondo per educazione. Fa un'altra battuta, lo guardo e mi viene da ridere. Gli do i soldi , mi da le chiavi della macchina e inizia a parlare. Sono stato li mezz'ora, anche di più, con i suoi colleghi che smadonnavano. Praticamente mi ha raccontato tutta la sua vita. Padre, madre, nonno, moglie fuggita, nuova compagna, fratelli, zii, incidenti. Io ogni tanto dicevo di me, ma è come sapesse già. Gli dico che andavo in collina al cimitero. Ma sembrava sapesse già. L'unica cosa che non mi ha detto con precisione, dove era nato e dove abitava. Praticamente nelle zone dove sono nato sia ufficialmente che ufficiosamente. L'accento era quello, inconfondibile. La cosa strana non è stato il bell'incontro e le tante chiacchiere, ma il fatto che diverse volte si commuoveva, mi guardava e gli veniva da piangere. Un giovanotto, alto , bello, moro, quelli sicuri di sé, quelli inavvicinabili, parla con me per raccontarmi di sé e della sua famiglia, e si commuove, quasi come con un parente mai visto e di cui ha sempre sentito parlare. Quando sono salito in macchina per partire, era già da altri clienti, ma poi mi si è piazzato in mezzo alla strada mettendosi una mano sul cuore. Aveva le lacrime. Stavo per mettermi a piangere anch'io perchè per la prima volta ho sentito, me l'ha detto il cuore, qualcuno della mia famiglia, quella mai conosciuta. Zero più uno fa due. Al cimitero guardavo le foto dei miei e li ho ringraziati. Pur con tutti i casini che ci sono in tutte le famiglie, mi hanno voluto bene e anche se nato da altre persone, sono sempre stato il loro figlio. Sono ritornato su, stanchezza e mal di testa a mille, ma con la leggerezza nel cuore. Ho preso il mio cane e l'ho portato a correre. Lui ha fatto tre anni e già il pelo vicino alla bocca si sta schiarendo. Ciao cagnone gli ho detto, stiamo invecchiando.

Nessun commento:

Posta un commento