Un po' di tempo è passato, ma si
va, si viene, ci si perde, ci si ritrova e ci si riperde di nuovo. In
questi giorni, le cose tragiche, le stupidità della politica e dei
poteri, una umanità disprezzata e buttata, ti lascia allucinati e
non ti mette voglia di scrivere le sciocchezzine di un quotidiano
non risolto neanche risolvibile. Avevo deciso di darmi un momento di
pausa per fare chiarezza o per cercare di risolvere alcune questioni
della mia vita, pause me ne sono date e me le sono sprecate a
perdermi nei pensieri e a rincorrere il bastone con il mio cane.
Avevo deciso che entro la fine di agosto avrei risolto tutto, ma
erano tante le cose da risolvere che le ho guardate e lasciate per i
fatti loro. Avevo deciso che avrei vissuto isolato, come se già non
lo fossi abbastanza, lontano dal mondo e da queste terre della bassa.
Ma per tutte le cose occorre un tempo ed evidentemente il tempo è
stato latitante. Ed è passato agosto, vabbè rimane ancora
settembre. Ho girato in lungo e in largo quella parte di Romagna,
Cesena Forlì, che dalle colline va su verso gli appennini. Terre
bellissime, ostiche, terreni franosi, a volte pascoli o terreni
seminativi abbandonati, a volte foreste senza segnali di vita umana
per chilometri e chilometri. Ho percorso le vie dei tedeschi rabbiosi
in fuga, le colline granaio dell'allora fascio, ho seguito le strade
dei racconti di guerra e dopoguerra dei miei fino a quelle montagne
che una volta erano toscana e il duce ha voluto Romagna.
Da solo o in giro con alcuni amici che pensavano
che giù
da me ci fosse solo il mare.
Ho cercato case con l'idea di trasferirmi definitivamente. Io, il mio
cane, un po' di terreno, magari anche un asino e due maialini
tibetani, un orto e tanti alberi da frutta. Ma poi una chiacchierata
con una amica mi ha tolto dalla follia. Mi dice “ qui da noi
d'estate è un caldo insopportabilmente umido, d'inverno la nebbia e
l'umidità ti entrano sotto pelle. Il paesaggio, si, può piacere, ma
niente in confronto alle
colline e alle montagne che stai cercando. Forse hai voglia di una
nuova rinascita o identità, ma qui hai la tua vita , hai i tuoi
amici. Ti sei costruito negli anni un patrimonio umano che ti stima e
ti vuole bene e non puoi buttare questo patrimonio”. Una doccia
fredda salutare. Avevo deciso anche di seguire alcuni indizi che
avevo sulla mia nascita. Ho telefonato ad un signore, un medico.
Volevo chiedere un appuntamento o mandare una mail. Alcune ipotesi
molto concrete e non sto a specificare, mi facevano pensare che il
padre e lo zio di questo signore, sapessero qualcosa a proposito dei
misteri della mia nascita. Appena sentite le mie credenziali, non ha
voluto ricevermi o che gli mandassi una mail. “ se ha qualcosa da
chiedere, me lo dica al telefono”. Ho cercato di rassicurarlo in
quanto ritengo che né il padre né lo zio c'entrino qualcosa con la
mia nascita. Ma avevo degli elementi concreti
che mi facevano pensare che
sapessero. Con educazione mi ha trattato malissimo. “mio padre è
morto diversi anni fa , non so nulla, non voglio sapere nulla e se
deve cercare qualcosa se la vada a cercare”. Massacrato. Dai vari
indizi o dai tanti racconti, a volte strampalati o sconnessi, degli
ultimi mesi di mia madre, avevo alcune ipotesi. Siccome dai tanti
discorsi emergeva in
continuazione questa idea di
fratelli, quattro, di cui forse uno gemello e di due genitori, lei
morta non so per quale motivo e subito dopo il parto. Lui un graduato
della guardia di Finanza,
ammazzato o suicidatosi poco tempo dopo. Avevo già parlato con preti
o carabinieri, ma sono stato sempre messo a tacere : “ è passato
tanto tempo, non esiste nessuna documentazione, lasci perdere”. Ho
parlato e poi mandato lettera alla guardia di finanza di Forlì
specificando che era un ipotesi , forse non vera, ma la volevo
percorrere. Sono passati due mesi e non ho mai ricevuto nessun tipo
di risposta. Ora avrei ancora alcune
carte da giocarmi. Ma ho deciso di non chiedere più nulla a nessuno,
sono stanco di girare a vuoto e di essere trattato male. Torna ogni
tanto cocente il desiderio di conoscere questi eventuali fratelli, ma
sono passati in effetti tantissimi anni e forse non ho diritto di
andare a scombussolare la vita di altri. Rimane questa ferita aperta
e il dolore profondo di mia madre che ha lottato per tutta la vita
per
difendere l'identità e l'amore di suo figlio, rimane il dolore di
mio padre che solo negli ultimi anni si è riappacificato con me “tu
non sei un figlio, sei molto di più”. Mi tornano in mente un
romanzo e un film. Il romanzo è “umiliati e offesi” di
Dostojevsky. Si conclude con “avremmo potuto essere felici”, già,
ma anche no. E il film è il canadese “la donna che canta”,
terribile inquietante angosciante. Il gemellino che dice “ uno più
uno non può fare uno” e tutte le volte , perché sto film l'ho
visto diverse volte, mi verrebbe da urlare anche a me. Adesso basta,
devo voltare pagina, definitivamente. Da qualche parte e in qualche
maniera sono nato. Forse non voluto, forse non potuto tenere, forse
chissà. Ma dal primo giorno, forse per compensare la vita di un
altro bimbo nato morto, sono diventato figlio di
un'altra donna che come tale per tutta la vita mi ha voluto bene.
Stop. Rimane la mia faccia e
il mio corpo. Per
i miei amici messicani dei “Quetzalqoatl” potrei essere un uomo
del Chapas, per alcune signore russe arrivo indubbiamente dalla
Mongolia, alcuni sudamericani mi chiedono di quale paese sono.
Yumiko,
danzatrice giapponese di butoh mi diceva che le ricordavo un coreano.
Alcuni parenti hanno iniziato
ad ammettere che forse non ho nulla in comune con loro. A volte ci si
sente soli, ma tutti, a volte, si sentono soli. Stop. Con Marco
abbiamo deciso di darci una pausa, non dal lavoro che in effetti
continuiamo a lavorare, ma dalle idee e dalle decisioni, fino alla
fine di ottobre. Ci sarà ancora una stagione teatrale? Non abbiamo
voglia ora di decidere. Ci sarà un prossimo festival Odissea? Non
abbiamo voglia di decidere ora . Ci sarà un nuovo spettacolo? Forse
che si forse che no. L'unica cosa che non sto mandando a monte sono i
laboratori. Mi diverto troppo e mi danno una notevole carica. Non
può più essere il tempo delle angosce, la vita non è lunga e
varrebbe la pena viverla. Quando avevo preso il cane, sognavo di
portarmelo in giro dappertutto, ma lui sta bene dov'è e portarlo in
giro, con il guinzaglio poi, mi si butta per terra con le gambe per
aria e non c'è verso di spostarlo. Quando lo porto a Cesena, smette
di mangiare , di bere, lo devo obbligare, gli viene la febbre, poi lo
riporto su e ritorna vivacissimo. In questo periodo, dalle sei della
mattina fino a sera, sono minimo sei le ore al giorno in cui lo
faccio correre, camminare giocare. Devo allentare perché la sera
stramazzo io a terra. Passato indenne anche il giorno del mio
compleanno, non ho mai festeggiato neanche quest'anno. Una cena
piacevole con amici cui tengo tantissimo. Un abbraccio e un sorriso a
volte danno tantissimo. Più avanti magari agli inizi dell'autunno
voglio organizzare una grande cena con tantissima gente, ognuno porta
qualcosa, e li a ritrovarsi
magari in cento, duecento sul greto del fiume Oglio. Se si devono
fare delle cose, si facciano alla grande. Stanotte ho sognato che i
miei pomodori, ne ho tanti e tutti verdi, erano maturi. Il fiume del
paese in cui sono nato , che in questo periodo è in secca, era pieno
di acqua e il cane del pastore di pecore che stazionano davanti a
casa mia, era in agguato a controllarmi. Dei tanti paesaggi che ho
visto, alcuni in particolare mi hanno colpito. Dal paese di mia
madre, su per paesini che sembravano del sud, pochi chilometri per
arrivare da 200 a 700 metri, strade tortuose strette, ripide.
Improvvisamente sono arrivato in cima. A sinistra boschi e foreste
incolti. A destra, sul crinale che andava verso il forlivese, una
strada sterrata e campi completamente vuoti e abbandonati. Il colore
del tramonto e il vento che sollevava la polvere. Per ore non ho
visto nessuno. Quei campi con pendenze fortissime avevano visto i
contadini dei grandi proprietari terrieri, hanno visto i
repubblichini, forse anche il duce, poi i tedeschi in fuga e i
partigiani. A ogni estate la nonna di mia madre si caricava un cesto
di frutta sulla testa e percorreva quelle strade per andare a trovare
la sua figlia e i suoi nipoti. Ho respirato quell'aria, mi sono fatto
prendere dall'angoscia per il troppo silenzio e la troppa bellezza e
poi di nuovo a
risalire le strade del ritorno. La follia a volte è un assoluto, ma
ancora questo assoluto non mi appartiene. Anche
la solitudine può essere un assoluto che fa paura, ma a volte ti
permette di capire la ricchezza che hai attorno. Ora non so,
continuerò con la mia vita ( che poi la vita è come un fiume,
giorno dopo giorno non è mai la stessa acqua), le ferite e la
tristezza rimangono, ma bisogna dare un taglio. Altrimenti uno
continua a pensare che si invecchia, ci si ammala e poi si muore. E
ci si dimentica che si è ancora vivi. Volevo fare dire delle messe
ai miei , ma poi ho deciso di dare quei soldi ad una associazione
umanitaria. Perchè il ricordo di chi è stato possa alimentare la
vita di chi ancora deve nascere.
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