martedì 1 settembre 2015

Avrei dovuto risolvere tutto

Un po' di tempo è passato, ma si va, si viene, ci si perde, ci si ritrova e ci si riperde di nuovo. In questi giorni, le cose tragiche, le stupidità della politica e dei poteri, una umanità disprezzata e buttata, ti lascia allucinati e non ti mette voglia di scrivere le sciocchezzine di un quotidiano non risolto neanche risolvibile. Avevo deciso di darmi un momento di pausa per fare chiarezza o per cercare di risolvere alcune questioni della mia vita, pause me ne sono date e me le sono sprecate a perdermi nei pensieri e a rincorrere il bastone con il mio cane. Avevo deciso che entro la fine di agosto avrei risolto tutto, ma erano tante le cose da risolvere che le ho guardate e lasciate per i fatti loro. Avevo deciso che avrei vissuto isolato, come se già non lo fossi abbastanza, lontano dal mondo e da queste terre della bassa. Ma per tutte le cose occorre un tempo ed evidentemente il tempo è stato latitante. Ed è passato agosto, vabbè rimane ancora settembre. Ho girato in lungo e in largo quella parte di Romagna, Cesena Forlì, che dalle colline va su verso gli appennini. Terre bellissime, ostiche, terreni franosi, a volte pascoli o terreni seminativi abbandonati, a volte foreste senza segnali di vita umana per chilometri e chilometri. Ho percorso le vie dei tedeschi rabbiosi in fuga, le colline granaio dell'allora fascio, ho seguito le strade dei racconti di guerra e dopoguerra dei miei fino a quelle montagne che una volta erano toscana e il duce ha voluto Romagna. Da solo o in giro con alcuni amici che pensavano che giù da me ci fosse solo il mare. Ho cercato case con l'idea di trasferirmi definitivamente. Io, il mio cane, un po' di terreno, magari anche un asino e due maialini tibetani, un orto e tanti alberi da frutta. Ma poi una chiacchierata con una amica mi ha tolto dalla follia. Mi dice “ qui da noi d'estate è un caldo insopportabilmente umido, d'inverno la nebbia e l'umidità ti entrano sotto pelle. Il paesaggio, si, può piacere, ma niente in confronto alle colline e alle montagne che stai cercando. Forse hai voglia di una nuova rinascita o identità, ma qui hai la tua vita , hai i tuoi amici. Ti sei costruito negli anni un patrimonio umano che ti stima e ti vuole bene e non puoi buttare questo patrimonio”. Una doccia fredda salutare. Avevo deciso anche di seguire alcuni indizi che avevo sulla mia nascita. Ho telefonato ad un signore, un medico. Volevo chiedere un appuntamento o mandare una mail. Alcune ipotesi molto concrete e non sto a specificare, mi facevano pensare che il padre e lo zio di questo signore, sapessero qualcosa a proposito dei misteri della mia nascita. Appena sentite le mie credenziali, non ha voluto ricevermi o che gli mandassi una mail. “ se ha qualcosa da chiedere, me lo dica al telefono”. Ho cercato di rassicurarlo in quanto ritengo che né il padre né lo zio c'entrino qualcosa con la mia nascita. Ma avevo degli elementi concreti che mi facevano pensare che sapessero. Con educazione mi ha trattato malissimo. “mio padre è morto diversi anni fa , non so nulla, non voglio sapere nulla e se deve cercare qualcosa se la vada a cercare”. Massacrato. Dai vari indizi o dai tanti racconti, a volte strampalati o sconnessi, degli ultimi mesi di mia madre, avevo alcune ipotesi. Siccome dai tanti discorsi emergeva in continuazione questa idea di fratelli, quattro, di cui forse uno gemello e di due genitori, lei morta non so per quale motivo e subito dopo il parto. Lui un graduato della guardia di Finanza, ammazzato o suicidatosi poco tempo dopo. Avevo già parlato con preti o carabinieri, ma sono stato sempre messo a tacere : “ è passato tanto tempo, non esiste nessuna documentazione, lasci perdere”. Ho parlato e poi mandato lettera alla guardia di finanza di Forlì specificando che era un ipotesi , forse non vera, ma la volevo percorrere. Sono passati due mesi e non ho mai ricevuto nessun tipo di risposta. Ora avrei ancora alcune carte da giocarmi. Ma ho deciso di non chiedere più nulla a nessuno, sono stanco di girare a vuoto e di essere trattato male. Torna ogni tanto cocente il desiderio di conoscere questi eventuali fratelli, ma sono passati in effetti tantissimi anni e forse non ho diritto di andare a scombussolare la vita di altri. Rimane questa ferita aperta e il dolore profondo di mia madre che ha lottato per tutta la vita per difendere l'identità e l'amore di suo figlio, rimane il dolore di mio padre che solo negli ultimi anni si è riappacificato con me “tu non sei un figlio, sei molto di più”. Mi tornano in mente un romanzo e un film. Il romanzo è “umiliati e offesi” di Dostojevsky. Si conclude con “avremmo potuto essere felici”, già, ma anche no. E il film è il canadese “la donna che canta”, terribile inquietante angosciante. Il gemellino che dice “ uno più uno non può fare uno” e tutte le volte , perché sto film l'ho visto diverse volte, mi verrebbe da urlare anche a me. Adesso basta, devo voltare pagina, definitivamente. Da qualche parte e in qualche maniera sono nato. Forse non voluto, forse non potuto tenere, forse chissà. Ma dal primo giorno, forse per compensare la vita di un altro bimbo nato morto, sono diventato figlio di un'altra donna che come tale per tutta la vita mi ha voluto bene. Stop. Rimane la mia faccia e il mio corpo. Per i miei amici messicani dei “Quetzalqoatl” potrei essere un uomo del Chapas, per alcune signore russe arrivo indubbiamente dalla Mongolia, alcuni sudamericani mi chiedono di quale paese sono. Yumiko, danzatrice giapponese di butoh mi diceva che le ricordavo un coreano. Alcuni parenti hanno iniziato ad ammettere che forse non ho nulla in comune con loro. A volte ci si sente soli, ma tutti, a volte, si sentono soli. Stop. Con Marco abbiamo deciso di darci una pausa, non dal lavoro che in effetti continuiamo a lavorare, ma dalle idee e dalle decisioni, fino alla fine di ottobre. Ci sarà ancora una stagione teatrale? Non abbiamo voglia ora di decidere. Ci sarà un prossimo festival Odissea? Non abbiamo voglia di decidere ora . Ci sarà un nuovo spettacolo? Forse che si forse che no. L'unica cosa che non sto mandando a monte sono i laboratori. Mi diverto troppo e mi danno una notevole carica. Non può più essere il tempo delle angosce, la vita non è lunga e varrebbe la pena viverla. Quando avevo preso il cane, sognavo di portarmelo in giro dappertutto, ma lui sta bene dov'è e portarlo in giro, con il guinzaglio poi, mi si butta per terra con le gambe per aria e non c'è verso di spostarlo. Quando lo porto a Cesena, smette di mangiare , di bere, lo devo obbligare, gli viene la febbre, poi lo riporto su e ritorna vivacissimo. In questo periodo, dalle sei della mattina fino a sera, sono minimo sei le ore al giorno in cui lo faccio correre, camminare giocare. Devo allentare perché la sera stramazzo io a terra. Passato indenne anche il giorno del mio compleanno, non ho mai festeggiato neanche quest'anno. Una cena piacevole con amici cui tengo tantissimo. Un abbraccio e un sorriso a volte danno tantissimo. Più avanti magari agli inizi dell'autunno voglio organizzare una grande cena con tantissima gente, ognuno porta qualcosa, e li a ritrovarsi magari in cento, duecento sul greto del fiume Oglio. Se si devono fare delle cose, si facciano alla grande. Stanotte ho sognato che i miei pomodori, ne ho tanti e tutti verdi, erano maturi. Il fiume del paese in cui sono nato , che in questo periodo è in secca, era pieno di acqua e il cane del pastore di pecore che stazionano davanti a casa mia, era in agguato a controllarmi. Dei tanti paesaggi che ho visto, alcuni in particolare mi hanno colpito. Dal paese di mia madre, su per paesini che sembravano del sud, pochi chilometri per arrivare da 200 a 700 metri, strade tortuose strette, ripide. Improvvisamente sono arrivato in cima. A sinistra boschi e foreste incolti. A destra, sul crinale che andava verso il forlivese, una strada sterrata e campi completamente vuoti e abbandonati. Il colore del tramonto e il vento che sollevava la polvere. Per ore non ho visto nessuno. Quei campi con pendenze fortissime avevano visto i contadini dei grandi proprietari terrieri, hanno visto i repubblichini, forse anche il duce, poi i tedeschi in fuga e i partigiani. A ogni estate la nonna di mia madre si caricava un cesto di frutta sulla testa e percorreva quelle strade per andare a trovare la sua figlia e i suoi nipoti. Ho respirato quell'aria, mi sono fatto prendere dall'angoscia per il troppo silenzio e la troppa bellezza e poi di nuovo a risalire le strade del ritorno. La follia a volte è un assoluto, ma ancora questo assoluto non mi appartiene. Anche la solitudine può essere un assoluto che fa paura, ma a volte ti permette di capire la ricchezza che hai attorno. Ora non so, continuerò con la mia vita ( che poi la vita è come un fiume, giorno dopo giorno non è mai la stessa acqua), le ferite e la tristezza rimangono, ma bisogna dare un taglio. Altrimenti uno continua a pensare che si invecchia, ci si ammala e poi si muore. E ci si dimentica che si è ancora vivi. Volevo fare dire delle messe ai miei , ma poi ho deciso di dare quei soldi ad una associazione umanitaria. Perchè il ricordo di chi è stato possa alimentare la vita di chi ancora deve nascere.

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